Non c’è forma più spirituale della musica e non c’è genere musicale, che più della musica popolare, racchiude figure spirituale interessanti".
Questo è per Teresa De Sio il suo modo di intendere la musica e la ricerca che sta dietro la stessa.
Di musica e di spiritualità ma anche di viaggi e di progetti futuri abbiamo parlato con la cantante napoletana in un’intervista allo Sheraton di New York prima di Amèn, il concerto che si è tenuto al Peter Norton space con musiche scritte per "Divinamente New York", la kermesse musicale che ha come tema appunto quello della spiritualità.
L’artista napoletana nonostante la stanchezza dovuta alle ore di volo e alla paura di salire su un aereo riesce a trasmettere una forte energia solare che poi è quella che troviamo nella sua musica, intensa e vigorosa.
Teresa, per questo festival hai composto Amèn, una sorta di preghiera laica. Ma qual è il tuo rapporto con la spiritualità?
«Io sono un’agnostica e per me spirituale è tutto ciò che sta al di sopra del mondo mercenario e mercantile. Riuscire ad essere anche due centimetri al di sopra di questo mondo terreno fatto di cose futili, significa arrivare a compiere una forma di spiritualità intensa.
La musica pensata per Amèn si concentra sulle figure spirituali legate alla tradizione popolare del Sud e al folk. Figure spesso dimenticate dalla cultura ufficiale ma che rientrano in quella pagana.
Non solo, in Amèn c’è anche tutto il mistero del tarantismo nel suo lato spirituale ed esoterico e la storia dell’immigrazione, quella vecchia e quella moderna. Con questo spettacolo spero anche di comunicare al pubblico americano la ricerca e l’originalità della tradizione popolare italiana».
La tua musica, con radici nel folk e nel popolare è diventata nel tempo una raffinata ricerca musicale che a volte è sconfinata nella World Music.
«I miei inizi sono direi da rockettara punk ma poi con la musica folk ho scoperto di esprimere lo stesso impatto e lo stesso vigore che esprimevo con il rock. Da lì appunto la mia passione per la pizzica, i miei lavori con Brian Eno e con vari artisti italiani che si sono concentrati sulla musica popolare. Del resto, anche la musica americana, che ha una grande tradizione soprattutto nel rock affonda le sue radici nel folk».
Teresa è una cantautrice affermata ma anche un’artista completa che nel 2008 ha dato prova di essere anche una scrittrice brava che riesce a raccontare, sebbene con un linguaggio diverso dalla musica, emozioni e storie.
«"Metti il diavolo a ballare" è il mio primo romanzo che ha riscosso un successo inaspettato e che mi ha permesso di confrontarmi con un mondo più intimo e diverso da quello musicale.
Scrivere musica per un disco significa prepararsi ad un’avventura che devi e vuoi condividere con molti. Il romanzo invece è un’avventura più solitaria che ha tempi e luoghi diversi.
L’esperienza di scrittrice è stata cosi entusiasmante che sto già lavorando al mio secondo romanzo, mentre dal mio primo romanzo è nato una specie di spettacolo teatrale, un reading dei testi con musiche dal vivo».
Ritornando alla musica popolare, in Italia, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una rinascita di questo genere. Fenomeno di moda o necessità artistica?
«La riscoperta della musica popolare, che vanta comunque una tradizione millenaria soprattutto al Sud, nasce dall’esigenza di rivalutare e di riscoprire le proprie identità. Per anni siamo stati dominati musicalmente da una forte tradizione anglosassone, cosi ad un certo punto è stata quasi spontaneo ritornare alle proprie radici e riscoprire artisti che hanno contribuito a formare il nostro patrimonio musicale.
Il risultato più bello di questa riscoperta è vedere come la musica popolare coinvolge proprio tutti e il mio pubblico non ha età».