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Il tricolore su Harlem: la lingua italiana conquista la Public School 242

È il primo programma bilingue di italiano ad approdare in una scuola di Manhattan: per il Console Francesco Genuardi, "un grande lavoro di squadra"

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
Il tricolore su Harlem: la lingua italiana conquista la Public School 242

Foto VNY.

Time: 5 mins read

Un grande lavoro di squadra. È così che il Console Generale Francesco Genuardi ha definito l’introduzione del Dual Language Program inglese/italiano nella Publich School 242 di Harlem, il primo a Manhattan, dopo quello già attivo a Brooklyn. Un lavoro di squadra che ha visto coinvolti istituzioni italiane e americane, associazioni, rappresentanti degli italiani all’estero, aziende italiane con un solo obiettivo: quello di promuovere l’insegnamento della nostra lingua tra i bambini e i ragazzi newyorkesi, introducendoli quindi ai tesori della cultura italiana che tutto il mondo ci invidia. È stata una cerimonia emozionante, quella che si è tenuta la mattina del 12 aprile nel salone della PS242, ospitata dalla preside Denise Gomez, e introdotta dagli inni nazionali italiano e americano suonati al pianoforte. Particolarmente significativo, il momento in cui il Console Generale Genuardi, insieme al Console Generale Aggiunto Silvia Limoncini e al Console Aggiunto Irene Asquini, ha issato un tricolore sul palco, proprio a riconoscimento di questa piccola grande conquista per la nostra comunità nella Grande Mela.

Sul palco, la preside Denise Gomez.

Una conquista per l’Italia, ma anche per la città di New York, e soprattutto una grande opportunità per gli studenti che avranno modo di partecipare al programma, disponibile dal Pre-K al First Grade, che partirà ufficialmente a settembre. Secondo la preside Gomez, questo percorso insegnerà ai bambini ad essere buoni cittadini, rispettosi della cultura altrui, capaci di promuovere il cambiamento in modo ancora più efficace, parlando in inglese e in italiano. Gomez ha indicato, tra i vantaggi di sapersi esprimere in una seconda lingua, non solo la capacità di comunicare con persone di nazionalità diversa dalla propria, ma anche l’opportunità di apprendere il significato profondo dei valori della tolleranza, del rispetto, della comprensione verso culture diverse.

Ed è proprio in nome del “lavoro di squadra” di cui sopra, che, introdotto sul palco da Gomez, Genuardi ha ringraziato tutti coloro che, a diversi livelli, hanno reso possibile, con il proprio contributo, il raggiungimento dell’obiettivo celebrato in “questa mattinata storica ad Harlem”: tra questi, le colleghe Silvia Limoncini e Irene Asquini, la direttrice dell’Educational Office presso il Consolato Anna Valeria Guazzieri, Cynthia Felix, direttrice del Bilingual Programs del NYC Department of Education, Ilaria Costa, Direttore Esecutivo dell’Italian American Committee on Education (IACE), Stefania Puxeddu, Benedetta Scardovi e Francesco Fadda di In Italiano, le aziende italiane partner, come Rizzoli e Illy caffè, il Comites e il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. “In un mondo globale e complesso, conoscere due lingue è un vantaggio, soprattutto quando si cresce e si deve trovare il proprio posto nella società”, ha detto il Console. E partecipare a questo programma di italiano significa anche “entrare a far parte della storia della città di New York, a cui così tanti italiani e italo-americani hanno contribuito”. “Oggi Harlem è italiana, è parte dell’Italia”, ha affermato.

Il Console Generale Francesco Genuardi, con il Console Generale Aggiunto Silvia Limoncini e il Console Aggiunto Irene Asquini, issano il tricolore sul palco.

“Quando abbiamo cominciato a lavorare per avviare il programma qui alla PS242 siamo rimasti sorpresi noi stessi per l’interesse che l’italiano come lingua ha suscitato”, ha raccontato a noi della Voce Francesco Fadda di In Italiano, associazione che ha come missione la diffusione della lingua e della cultura italiana in vari settori educativi, sia pubblici che privati. “Abbiamo fatto un grande lavoro sul territorio, abbiamo raggiunto le famiglie italiane di nuova emigrazione che non avevano ancora idea di come il sistema scolastico di New York funzionasse, e abbiamo trasmesso loro questa possibilità”. L’insegnamento dell’italiano nella PS242, poi, è particolarmente significativo, perché si tratta di una zona “di nuova immigrazione, dove arrivano famiglie da tutte le parti del mondo, compresa l’Europa”, ha spiegato. “Queste famiglie hanno bisogno di una scuola che offra loro qualcosa di più. L’italiano come parte del curriculum, indipendentemente dal fatto che le famiglie siano italiane o meno, rende certamente la scuola più internazionale”.

I dati, ad oggi, per Fadda sono confortanti: “Siamo passati da una ventina di domande di iscrizione dello scorso anno per il Kindergarten, alle 57 di quest’anno  specificamente per il programma di italiano. Questo significa che l’interesse c’è”. “Il lavoro da fare è ancora molto, bisogna impegnarsi in una promozione continuativa, ma quella bandiera italiana è un segnale che anche le istituzioni del nostro Paese appoggiano appieno questo programma. I bambini di oggi diventeranno gli studenti delle high school e delle università di domani, e i programmi di italiano continueranno a essere attivi grazie a queste nuove generazioni che si avvicinano in tenera età alla lingua”.

Foto di gruppo dei principali promotori dell’iniziativa.

Soddisfatta anche Ilaria Costa dello IACE, organizzazione non-profit fondata nel 1975 che si occupa di promuovere lo studio dell’italiano e della sua cultura nell’area di New York, New Jersey and Connecticut: “Come ha detto il Console, è stato veramente un gioco di squadra. Non è stato facile, perché ci siamo rivolti ad una comunità che non è mai stata troppo esposta all’italiano”, ha spiegato ai nostri microfoni. A maggior ragione, “un’opportunità unica per noi, per far diventare Harlem un po’ italiana”. In effetti, nessuno dei bambini presenti alla cerimonia – che di tanto in tanto sventolavano con entusiasmo tricolori in miniatura – aveva origini italiane; eppure, guidati dal loro maestro Jose Maria Fernandez, hanno intonato con accento perfetto una canzoncina nella nostra lingua, scatenando gli applausi della platea. “Lo IACE ha contribuito fin dall’inizio a questo programma, sia economicamente sia in termini umani”, ha raccontato Costa.

Secondo il direttore esecutivo di IACE, le prospettive future per quanto riguarda la diffusione dell’italiano nelle scuole sono ottime. “Riceviamo moltissime richieste di contributi, o per materiale didattico o per il salario dei docenti, e ultimamente non riusciamo a soddisfarle tutte. La richiesta, quindi, è altissima, perlomeno dalla materna fino al liceo: solo all’università – di cui però non ci occupiamo –, purtroppo si registra un calo. Per il resto, siamo molto soddisfatti dei risultati”.

Risultati raggiunti anche grazie a un’attenta strategia di promozione, perseguita negli ultimi 10 anni, dello studio di italiano nelle scuole anche grazie all’organizzazione di attività extracurriculari mirate: “Portiamo i ragazzi a visitare musei, a vedere lo showroom della Ferrari, da PepsiCo, il cui CEO è italiano, a fare lezioni di cucina da Eataly, nello showroom di Lissoni a SoHo… Insomma, facciamo loro capire come il Made in Italy sia un veicolo di ciò che è l’Italia stessa”. Non a caso, il motto della campagna è “Italian is cool”: “Lo scopo è quello di far toccare con mano il Made in Italy e la sua qualità ai ragazzi, che poi tornano nelle loro classi e incoraggiano i compagni a scegliere di studiare la lingua italiana, in mezzo alle tante opzioni disponibili”.

A giudicare dai dati, tale strategia promozionale si sta rivelando vincente. “Negli ultimi 10 anni, siamo arrivati a 55mila studenti nella tri-state area di New York, New Jersey and Connecticut, con quasi 300 scuole in cui viene insegnato l’italiano”. Un segnale di grande vitalità per la nostra lingua, rafforzato dal fatto che la favella di Dante, Petrarca e Boccaccio riscuote successo “anche in contesti non prettamente italiani, come questo di Harlem”: “Quindi, non solo tra coloro che vantano legami con l’Italia, ma anche tra chi non ha mai avuto nessun legame di sangue con il nostro Paese”.

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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