
Due pomeriggi all’anno, senza lasciare il mio ufficio alla Casa Italiana, incontro l’America del futuro ed è un’America che mi piace ogni anno di più, mi commuove, mi incuriosisce e mi dà speranza. Sono i giorni in cui, con alcuni colleghi, incontro gli studenti di terza superiore, finalisti del High School Renaissance Award organizzato dalla Palazzo Strozzi Foundation US in partnership con gli assessorati all’educazione di New York, Los Angeles e Detroit e strettamente riservato a scuole pubbliche in quartieri altamente disagiati. Il premio consiste in un mese di studio del Rinascimento a Firenze ed escursioni nelle principali città italiane e quindi nella possibilità di aggiungere al proprio curriculum un riconoscimento accademico prestigioso che potrebbe avere un peso sostanziale nell’ammissione alle migliori università.
Dieci studenti di scuole pubbliche di New York, quattro di Los Angeles e quattro di Detroit, vengono scelti sulla base di un rigoroso processo di selezione basato sui risultati scolastici, la stesura di un elaborato sul Rinascimento e un colloquio in cui discutiamo gli elaborati e conosciamo meglio le storie di questi ragazzi.

L’inventore e sostenitore di questa iniziativa è Mario Calvo Platero, Chairman della Fondazione americana, da 30 anni firma leggendaria del giornalismo economico finanziario, adesso editorialista della Stampa. Mario, che è nato a Tripoli, Libia, ha studiato a Torino e alla Columbia University ed ha svolto la maggior parte della sua carriera a New York sa bene l’importanza che un’esperienza di studio all’estero può avere nel cambiare radicalmente la prospettiva di un giovane. Ma il merito principale del premio è che le nove scuole partecipanti si impegnano ad inserire nel loro piano di studi un modulo didattico dedicato al nostro Rinascimento con letture specifiche e proposte di attività. Gli argomenti cambiano ogni anno e vanno dalla politica di Machiavelli all’architettura di Alberti, dalle poetesse petrarchesche alla rivoluzione scientifica di Galileo. Centinaia di ragazzi di 16-17 anni vengono così a contatto con la più straordinaria fioritura intellettuale e artistica nella storia dell’umanità, che viene normalmente ignorata nelle scuole americane.
Ma torniamo ai pomeriggi che passo insieme a questi ragazzi col compito ingrato di dover scegliere i vincitori e, inevitabilmente, escludere gli altri. Hanno pochi anni meno dei miei studenti della New York University, ma si vede che appartengono a un altro gruppo: arrivano elegantissimi, un po’ intimoriti, con gli occhi spalancati e curiosi. I miei universitari sono un po’ sciatti con felpe sdrucite e camicie non stirate e hanno sempre l’aria un po’ annoiata.

I finalisti del premio rappresentano l’élite delle loro scuole, si vede dall’orgoglio con cui li guarda l’insegnante che li accompagna e anche dalle loro pagelle e dai loro temi. Vengono da tutto il mondo, sono quasi tutti emigranti o figli di emigranti, sono di tutte le razze, di tutte le religioni. Quasi tutti parlano correntemente un’altra lingua oltre all’inglese. Saranno i primi della loro famiglia ad andare all’università.
Durante il colloquio, oltre a discutere del saggio che hanno presentato per il concorso, parliamo di loro, delle loro famiglie, dei loro paesi di origine, delle loro speranze e delle loro ambizioni per il futuro. Sono quasi sempre storie straordinarie di genitori che si sacrificano duramente, di figli che devono lavorare dopo la scuola o occuparsi dei fratelli più piccoli; sono ragazzi di 15 anni che sentono sulle proprie spalle uno straordinario senso di responsabilità nei confronti delle loro famiglie e della loro comunità.

Due loro risposte vi faranno capire perché conoscerli mi dà speranza per il futuro. Un ragazzo che si è autodefinito ‘agnostico’, quando Mario gli ha chiesto cosa vuol dire per lui, di origine algerina, il Rinascimento italiano ha risposto senza battere ciglio che lui viene da Ippona, la città di s. Agostino, l’africano che ha spiegato Platone agli umanisti italiani.
Una ragazza vissuta fino agli 8 anni nello Sri Lanka (sempre a piedi nudi, ci ha tenuto a precisare), quando le abbiamo chiesto per lei personalmente cos’è il Rinascimento ci ha risposto dopo un attimo di riflessione: “Nel mio paese di origine eravamo tutti dello stesso colore, parlavamo la stessa lingua e praticavamo la stessa religione, era il mio Medio Evo. A New York ogni giorno conosco persone di origini diverse, si parlano tante lingue, ognuno professa la religione che vuole. New York è il mio Rinascimento”.