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November 26, 2017
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Nella comunicazione i messaggi silenziosi significano più delle parole

Ogni lingua è intrecciata con la propria cultura e insieme evolvono influenzandosi a vicenda

Filomena Fuduli SorrentinobyFilomena Fuduli Sorrentino
Nella comunicazione i messaggi silenziosi significano più delle parole
Time: 7 mins read

La comunicazione è lo strumento che ci permette di entrare in relazione con gli altri, eppure quando ci confrontiamo con stranieri ci rendiamo conto che sapere la lingua non è abbastanza per comunicare. Il significato della comunicazione non dipende solamente dalla scelta dei termini o dal contenuto dei messaggi, ma soprattutto da come i messaggi siano espressi e dalla relazione e intesa tra chi comunica e l’interlocutore o interlocutori. Sul problema della comunicazione sono stati condotti studi da diversi settori teorici e disciplinari come la psicologia, la sociologia, la linguistica, e la cibernetica.

Il termine “comunicazione” deriva dal latino cum “con”, e munire “legare e/o costruire” e dal latino communicatio –onis, che significa condividere con altri tramite la trasmissione di idee, pensieri, informazioni, ed emozioni. In ogni società lingua e cultura hanno una relazione importante, e ogni lingua è intrecciata con la propria cultura che insieme evolvono influenzandosi a vicenda. Tramite la comunicazione si diffondono l’insieme di conoscenze, opinioni, credenze, costume, comportamenti e pratiche acquisite che si trasmettono culturalmente nella società da una generazione all’altra. Eppure la parola cultura nel discorso comune ha significati ambigui che non la rappresentano correttamente; spesso s’ignorano le abitudini e i simboli culturali di appartenenza come i messaggi non verbali trasmessi attraverso il paralanguage o la cinesica.

Il paralanguage (o cinesica) è la scienza che studia il linguaggio del corpo, dei gesti, delle espressioni, della postura,  e di tutti gli altri elementi non verbali che modificano il significato delle parole di un discorso, come le emozioni, l’intonazione della voce e la gestualità. Conoscere questi elementi, che insieme alle parole esprimono anche pensieri e sentimenti del parlante, ci aiuta a capire il complicato processo comunicativo e interagire in modo efficace con i nostri interlocutori. Capendo il disaccordo tra messaggio verbale e quello non verbale si può comunicare in modo significativo e diventare un ottimo osservatore linguistico, che nota la discordanza tra il linguaggio del corpo e le parole pronunciate.

Uno dei primi studiosi ad interessarsi all’efficacia dei messaggi verbali e non verbali è stato Albert Mehrabian, professore di psicologia sociale all’università di Los Angeles (UCLA). Egli nel 1972 elaborò un modello e ha evidenziato il comportamento di comunicazione dividendolo in tre elementi: linguaggio del corpo, tono di voce, e parole. Secondo Mehrabian, quando due o più umani interagiscono tra loro il significato della comunicazione deriva dal linguaggio non verbale presente in tutte le interazioni umane.

Albert Mehrabian

Dagli studi di Mehrabian  si sono susseguite numerose ricerche e formulando un’incredibile teoria la quale afferma che comprendendo l’atteggiamento di chi ci parla le parole hanno solo un’importanza del 7%. Il volume, il tono e il ritmo della voce hanno invece un’influenza del 38%. Il restante 55% è composto dai movimenti del corpo e dalle espressioni facciali con cui si accompagnano le parole. Quindi, secondo questo studio, il 93% del nostro messaggio viene percepito dal nostro corpo e non dalle nostre parole. La postura che si assume quando si parla con una persona verso cui si prova interesse, i gesti che si fanno inconsciamente e le espressioni facciali, sono tutti elementi che possono “decifrare” il vero significato di un messaggio. Tuttavia egli specificò anche che la potenza del linguaggio del corpo assume quelle percentuali in determinate condizioni, cioè quando la persona comunica i suoi atteggiamenti e i suoi sentimenti.

Altri psicologi come Michael Argyle dell’Università di Oxford hanno replicato più volte gli esperimenti di Mehrabian ottenendo risultati leggermente diversi. Eppure anche le percentuali dello studio di Argyle dichiaravano che la comunicazione non verbale è molto più importante di quella verbale. Argyle nel 1988 ha scritto un libro al riguardo della sua ricerca intitolato “Bodily Communication” nel quale descrive i dati del suo esperimento. La metodologia di quest’osservazione era molto più complessa in rispetto a quella di Mehrabian, essa affermava che l’effetto della comunicazione non verbale fosse 12.5 volte più potente nel comunicare le attitudini del parlante in rispetto a quella verbale.

È ovvio che ogni lingua ha significati e riferimenti che rappresentano la cultura di un particolare gruppo sociale; interagire con persone di lingua diversa significa farlo anche con la loro cultura altrimenti non si può comunicare effettivamente nemmeno nella lingua. Parte del linguaggio corporeo è universale, ed ogni cultura adotta la stessa mimica facciale per esprimere le emozioni principali come la rabbia, la tristezza, la paura, e la felicità, ma spesso si trovano vaste differenze tra una cultura e l’altra. In fatti, imparare l’alfabeto, il significato delle parole, le regole grammaticali e la disposizione delle parole in una frase non basta per comunicare nella nuova lingua, bisogna imparare anche la cultura, soprattutto il comportamento della società in cui la lingua è parlata e i suoi costumi culturali. Perciò, l’insegnamento delle lingue dovrebbe dare sempre riferimento esplicito alla cultura da cui viene estratta la specifica lingua.

Molte culture hanno significati attribuiti al linguaggio del corpo in base alle ideologie, alle credenze, e ai valori; significati che i membri di una data società condividono in virtù della loro socializzazione. La capacità di riconoscere e rispondere adeguatamente a queste differenze è competenza interculturale. Queste tecniche di comunicazione sono specifiche della cultura, quindi la comunicazione con persone di altre società o gruppi etnici è piena di pericoli di incomprensioni se si ignora l’ampia struttura della loro cultura. La competenza interculturale permette alle persone di diverse culture di comunicare efficacemente e in modo produttivo, un’abilità particolarmente importante nel commercio internazionale.

Il problema aumenta quando si verificano interazioni interculturali, cioè quando il produttore di messaggi e il destinatario del messaggio provengono da culture diverse. Siccome oggi il contatto tra le culture è in aumento, è imperativo imparare queste conoscenze se si desidera andare d’accordo con gli altri e capire efficacemente coloro con convinzioni e radici molto diversi dalle nostre. I proprietari di aziende che esercitano il commercio globale investono tempo e fatica per insegnare ai loro dipendenti i significati dei comportamenti legati alla comunicazione interculturale, come gli alti livelli vocali e alcuni gesti che sono accettabili in una cultura ma considerati offensivi in un’altra. Quindi, a livello internazionale è molto importante imparare come usare gesti, sguardi, variazioni di tono o voce, e altri dispositivi di comunicazione che alterano o enfatizzano ciò che si dice e si fa quando si interagisce con gli altri. Si parla una determinata lingua e si esprime una particolare comunità linguistica, cioè l’intera società intesa dal punto di vista del parlare.

I bambini imparano la loro lingua dalle loro società e durante il processo di apprendimento imparano anche la loro cultura insieme alla lingua, sviluppandone anche le loro capacità cognitive ed emotive. La lingua comunica attraverso la cultura, e la cultura comunica attraverso un contesto di credenze, sentimenti e identità socioculturali e linguistiche che influenzano il pensiero e il comportamento del parlante. Perciò, ogni cultura è un insieme sfocato di atteggiamenti, convinzioni e valori condivisi da gruppi di persone che influenzano il comportamento di ogni singolo membro della comunità interpretando i significati del comportamento di altre persone. Pertanto, parlare una lingua è assumere una cultura, e conoscere una cultura è come parlare una lingua.

Per un’efficace cooperazione internazionale, la conoscenza di altre culture sono importante quanto l’abilità nelle loro lingue, e tale conoscenza dipende dall’insegnamento delle lingue straniere. La lingua e la cultura sono realtà mentali omologhe e l’insegnamento delle lingue deve includere l’apprendimento culturale, il quale significa istruzione linguistico sociale. Solo attraverso l’apprendimento della cultura è possibile utilizzare e padroneggiare un sistema comunicativo straniero, poiché l’apprendimento di una lingua è anche la conoscenza del comportamento di una determinata società e dei suoi costumi culturali. La lingua è un prodotto del pensiero e del comportamento di una società, ed include valori e credenze. L’efficacia di un oratore di una lingua straniera è direttamente correlata alla sua comprensione della cultura di quella particolare lingua.

Per concludere, la comunicazione è un processo complesso fatta di parole, ma soprattutto di gesti, sensazioni, e un linguaggio silenzioso. Il successo dell’insegnamento di una lingua è possibile solo tramite le conoscenze culturali della comunità in cui la lingua è parlata; un complicato processo sociale-cognitivo che aiuta gli studenti a sviluppare la competenza linguistica interculturale e l’abilità di comunicare efficace con gli altri.

Per saperne di più, consiglio di leggere anche il manuale “Comunicazione non verbale” scritto da Marino Bonaiuto, professore ordinario dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, e da Fridanna Maricchiolo, ricercatrice dell’Università degli Studi “Roma Tre”, è un’ottima risorsa.

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Filomena Fuduli Sorrentino

Filomena Fuduli Sorrentino

Calabrese e appassionata per l’insegnamento delle lingue, dal 1983 vivo nel Long Island, NY. Laureata alla SUNY con un AAS e in lingue alla NYU con un BS e un MA, sono abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento K-12 in italiano, ESL e spagnolo. Insegno dal 2003 lingua e cultura italiane nelle università come adjunct professor e come docente di ruolo in una scuola media del Newburgh ECSD. Nel mio tempo libero amo scrivere, leggere, cucinare, ascoltare musica, viaggiare, visitare i centri storici (soprattuto italiani) e creare cose nuove. Tra le mie passioni ci sono la moda, il mare e la natura.

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