Nome: Chloe
Cognome: Donnelly
Nata a: Ventura, California
Età: 25 anni
Iscritta a: corso di lingua italiana di livello Pre-Intermedio B1 presso la “Ca’ Foscari School for International Education”
L’Italia è costellata di stranieri che vengono a studiare la lingua italiana in vari programmi di studio offerti da università, associazioni, istituti privati e pubblici. Alla base della decisione di partire per l’Italia si trovano, di solito, motivazioni di natura personale, professionale e familiare o, semplicemente, l’interesse per la nostra lingua e cultura. In particolare, sono tanti i giovani americani che vengono a imparare la lingua italiana in Italia e che vivono questa fase della loro vita come un importante momento di confronto e di crescita con un mondo che hanno sempre conosciuto attraverso i film e i racconti di amici e parenti, magari di origine italiana. Un mondo che, finalmente, possono toccare con mano, conoscendone e apprezzandone pregi e difetti. L’attrazione per il nostro Paese da parte degli stranieri non è certo una novità e, tra le pagine più belle della letteratura tedesca, non possiamo dimenticare il “Viaggio in Italia” che Johann Wolfgang Goethe fece fra il 1786 e il 1788 e di cui produsse una prima edizione solo ventotto anni dopo. Tra il 1816 e il 1817 Goethe pubblicò, infatti, alcuni diari e lettere che erano destinati a una ristretta cerchia di amici. La volontà di proteggere la profondità e l’intimità della sua esperienza in Italia fu combattuta e vinta dal desiderio di non lasciare nell’oblio gli anni decisivi del suo soggiorno italiano. E, oggi, i lettori possono essergli grati per queste pagine che, più che un viaggio in Italia, rappresentano “una vita” in Italia. Così come le vite degli studenti che ancora oggi scelgono l’Italia per un viaggio di crescita personale, come ha fatto Chloe, una brillantissima studentessa americana che studia lingua italiana alla Ca’ Foscari School for International Education di Venezia e che ci ha raccontato del suo “Viaggio in Italia”.
Chloe, tu sei molto giovane, ma hai già un prezioso bagaglio di esperienze di vita e professionali. Ci puoi raccontare come e perché hai deciso di venire a studiare la lingua e la cultura italiana nel nostro Paese?
“Sì, è vero: anche se ho solo 25 anni, nella mia vita ho girato molto, sia negli Stati Uniti, sia in Europa. Fin dall’età di 22 anni, ho avvertito una voglia sempre crescente di conoscere il mondo e nuove culture che si è unita, poi, alla passione per l’insegnamento della lingua inglese. Per quanto riguarda la mia formazione, dopo la scuola superiore mi sono iscritta a un corso di laurea quadriennale chiamato “English Writing” presso la Humboldt State University (che si trova nel nord della California) e mi sono sempre interessata anche ad altre materie quali filologia, linguistica, fisiologia e, ovviamente, lo studio della lingua italiana. La mia prima volta in Italia, nel 2015 a Sanremo, è stata legata a un motivo professionale, dal momento che l’associazione ACLE – Associazione Culturale Linguistica Educational – mi aveva selezionato per insegnare inglese ai bambini (tra gli 8 e i 12 anni) nei campi estivi, per un periodo di due mesi. Sono poi tornata in Italia per un programma intensivo di studio della lingua e letteratura italiana, grazie a una borsa di studio di una scuola italiana di Recanati che si chiama “Campus l’Infinito”. Rientrata negli USA ho seguito un altro semestre di lingua italiana fino alla mia decisione di trasferirmi in Italia per studiare”.
Il percorso formativo che hai appena intrapreso in Italia ha una programmazione molto specifica, che hai costruito sulla base delle tue aspettative e dei tuoi interessi. Ci spieghi in dettaglio come hai strutturato il tuo programma di studio per i prossimi mesi e perché?
“Presso la Ca’ Foscari Schoool for International Education seguo un corso di lingua italiana di livello “Pre-Intermedio B1”, che dura un semestre e prevede 80 ore di lezioni di lingua e cultura italiana. La mia scuola è frequentata da diversi americani: per il 2017, ad esempio, tra gli iscritti ci sono 18 studenti americani, che provengono soprattutto da California, Connecticut, Georgia e Washington e la cui età varia dai 19 ai 52 anni. Studiare la lingua italiana come discente mi serve per capire meglio le tecniche per insegnare le strutture di grammatica, vocabolario, sintassi e le modalità di conversazione di una lingua straniera, oltre che l’approccio da utilizzare in classe. Poi, la conoscenza della lingua italiana mi faciliterà, senza dubbio, nella ricerca di un lavoro o di una borsa di dottorato in Italia. In questo periodo insegnerò lingua inglese in una scuola serale per adulti di Treviso e questa esperienza mi arricchirà ulteriormente. Insomma, lo studio della lingua italiana mi aiuterà a diventare un’eccellente insegnante di lingua inglese!”
Se dovessi descrivere il corso di lingua italiana che segui in tre aggettivi, quali sarebbero?
“Bella domanda! Sicuramente, il primo è “formativo”, perché il corso mi forma e mi istruisce su tematiche culturali e aspetti linguistici che non conosco. Il secondo è “emozionale”, perché il corso non solo mi fornisce contenuti, ma mi aiuta anche a esprimere le mie emozioni in un’altra lingua. Il terzo è “internazionale”, perché la mia classe è composta da una ventina di persone che provengono da diversi paesi del mondo, tra cui Germania, Belgio, Spagna, Lituania e Serbia. Ho anche un collega che è un “monk” (un monaco, ndr) thailandese! Studiare in una classe internazionale per me è importante, perché sono molto interessata alla tematica della psicologia cognitiva e mi affascina il rapporto tra lingua e psicologia, quindi le modalità attraverso cui si plasmano la concezione dell’io e dell’identità culturale nella quotidianità e i condizionamenti dell’uso del linguaggio nelle relazioni umane, soprattutto in contesti di multiculturalità”.
Cosa consiglieresti agli studenti che, come te, vogliono venire a studiare la lingua italiana in Italia?
“Il mio consiglio per chi vuole venire a studiare in Italia è quello di pensare che la parte più difficile di tutto il viaggio è quella…della burocrazia! È una sorta di preselezione: se superi quella prova, tutto poi sarà in discesa! Se la parte più difficile è quella burocratica, la più facile è senz’altro quella di farsi degli amici. In Italia ho trovato tante persone con cui, da subito, ho avvertito una connessione reale. Anche se di solito sono molto stanca, la sera con i miei amici vado a bere uno spritz (d’obbligo, in Veneto!), chiacchierando di filosofia e linguistica. La mia serata ideale, direi! Se dovessi indicare pregi e virtù dell’Italia, potrei dire che amo gli italiani perché mi fanno sentire a casa e benvenuta. L’Italia ha un’anima bellissima, che si tocca con mano nel cibo e nei comportamenti delle persone. Il difetto più grande è, invece, l’insistenza degli italiani con le “montagne” di cibo, atteggiamento che mi mette a disagio, soprattutto quando sono già sazia e non riesco ad assaggiare più nulla! Certamente posso aggiungere che, con il passare dei mesi, vivendo così a distanza manca anche un po’ la famiglia, come sta accadendo a me in questo periodo. Mi mancano mio nonno, mia mamma e mio fratello e spero di poterli portare in Italia un giorno, anche solo per una vacanza!”
Prima di te, tanti stranieri sono venuti nel nostro Paese per fare il loro “Viaggio In Italia”. Uno di loro è Johann Wolfgang von Goethe, che pubblicò la sua opera in due volumi, il primo dei quali uscì nel 1816 e il secondo nel 1817. Da quelle date sono trascorsi molti anni e proprio in questi mesi ricorre il bicentenario del suo “Viaggio in Italia”, che viene celebrato con un Festival itinerante di letterature, arti e culture del viaggio. Tra le sue tappe, una delle più significative è proprio quella di Venezia. Ti riporto alcune sue riflessioni sulla città nella quale vivi in questo periodo della tua vita.
“L’angustia, la strettezza del tutto non può immaginarla chi non l’abbia veduta. Allargando le braccia si può quasi sempre misurare, tutta o in parte, la larghezza delle strade; in quelle più strette chi punta le mani sui fianchi urta già del gomito; ce ne sono bensì di più larghe, qua e là anche una piccola piazza, ma su scala generale non è altro che una strettoia”. E ancora: “Se solo tenessero più pulita la loro città, cosa altrettanto necessaria quanto facile e coll’andare dei secoli, davvero di grande conseguenza!”. In relazione al dialetto veneziano, Goethe racconta un simpatico aneddoto: “Già parecchie volte, su una riva di un canale, di fronte all’acqua, ho visto un poveraccio che narrava delle storie in dialetto veneziano a un numero più o meno grande di ascoltatori; io non capisco una parola, ma vedo che nessuno ride, e solo di rado si nota qualche sorriso nell’uditorio […]”. Per ultima, una nota di colore: “Avevo preso le disposizioni per ascoltare stasera il celebre canto dei gondolieri, che cantano il Tasso e l’Ariosto sulle loro melodie tipiche. […] A voce altissima – perché il popolo apprezza soprattutto la potenza – l’uomo, seduto in una gondola presso la riva di un’isola o di un canale, fa risonare il suo canto fino alla maggior distanza possibile; esso si diffonde sul calmo specchio acqueo”. Rispetto alle parole e alle descrizioni di Goethe, come pensi sia cambiata Venezia in questi due secoli?
“È vero, Venezia è un labirinto fatto di strade strette che si intersecano e questa caratteristica rende magica la città. In merito alla sporcizia, posso dire che oggi le strade sono pulite, mentre l’acqua è in effetti un po’ sporca e torbida. In relazione al dialetto veneziano, anche io avrei un aneddoto da raccontare! Un giorno, mentre andavo a lezione con alcune amiche, una ragazza ha proposto di fermarci a prendere un cornetto. Un’altra ragazza ha detto che non c’era tempo, ma la prima ha risposto che potevamo farlo perché eravamo a soli cinque minuti dalla scuola. La seconda ragazza ha, dunque, detto ‘oro’ e mi hanno spiegato che, in quel contesto, questa parola significa non ‘gold’ ma ‘really good’ cioè ‘ottimo’ . La cosa non mi stupisce perché, se ci pensi, l’associazione tra oro e ottimo è tangibile: se ci sono soldi, c’è anche sicurezza e quindi…è un’ottima cosa! Per concludere, il canto dei gondolieri penso di averlo sentito solo una volta, da quando sono qui. Era notte e, a un tratto, da un canale proveniva la voce di qualcuno che cantava…era come un eco e guardando bene nella notte, ho visto un gondoliere che cantava. Non credo che cantasse il Tasso e l’Ariosto…ma era una melodia fantastica, che ti cullava. Amo questa città in cui non ti puoi arrabbiare quando alzi gli occhi, vedi il sole e tutto intorno senti la musica, mentre guardi i battelli che si muovono lenti, immersi in un paesaggio unico al mondo”.