Incominciai a insegnare nelle scuole pubbliche di New York nel 2003 in un liceo, Newfield High School. Ricordo che avevo accettato d’insegnare l’italiano con molto entusiasmo, pur non essendo ancora abilitata.
Prima di quel liceo insegnavo all’università e non conoscevo bene le scuole pubbliche americane, in più, non ero ancora abilitata all’insegnamento e ciò mi preoccupava non poco. Comunque, non solo l’istruzione al liceo era una novità per me, ma anche le riunioni e gli aggiornamenti obbligatori per i docenti, i giorni che precedono l’inizio di scuola degli alunni. Perciò, ero motivata a imparare il più possibile e prendevo appunti su tutto quello che gli altri dicevano alle riunioni, in particolare quando parlava il preside.
Anche se adesso siano passati tredici anni dal mio primo aggiornamento da insegnante, ogni anno, prima di incontrare i miei nuovi studenti, mi ritornano in mente le parole del mio primo preside: “Ricordatevi che gli sbagli fatti a settembre si pagano a giugno, quindi, il primo giorno di scuola segna l’anno- ed è la prima impressione quella che conta, la nostra unica, vincente, opportunità per dimostrare agli altri chi siamo. Per questo, siate preparati, sicuri nel vostro lavoro, e decisi con la disciplina dei vostri alunni, e tenete presente che un genitore informato è sempre dalla parte del docente”. Mtchell Ross, Newfield High School, 2003.
Frasi che, da un anno all’altro, diventano per me sempre più rilevanti ed efficaci.
Tornando alla mia prima esperienza, dopo tre giorni di riunioni avevo finalmente conosciuto i miei nuovi studenti di primo e secondo liceo, e mi fecero notare subito la differenza tra la scuola pubblica e l’università. Io avevo fatto un’ottima impressione al preside che mi aveva assunta, e alle colleghe che mi davano appoggio, mentre le mie aspettative verso i miei alunni erano troppo alte. Ero sorpresa del loro comportamento e dalle stranezze che combinavano in classe, una realtà che non sapevo affrontare o gestire, anche se il preside e i colleghi mi dicevano di non preoccuparmene troppo. Però loro avevo anni di esperienza che io non avevo, e per essi il comportamento degli studenti non era una stranezza ma la normalità, come lo è adesso per me dopo tredici anni. In fatti, oggi mi sorprenderei se in classe non notassi alunni che cercano di disturbare altri o le dinamiche del gruppo; comportarsi ‘educatamente’ non è normale a quell’età.
Anche se io avevo preso degli appunti durante gli aggiornamenti e le riunioni, e conoscevo le teorie per gestire il comportamento degli alunni, e applicavo le diverse strategie imparate, non sapevo ancora farlo bene, mi mancava la sicurezza che si acquisisce con anni di esperienza. In un certo senso, avevo avuto uno shock culturale, un miscuglio di ansia, smarrimento, disorientamento, e/o confusione a causa del cambiamento, stile di insegnamento, e ambiente scolastico.
Poi, insegnando senza abilitazione nello Stato di New York rischiavo; se uno studente avesse combinato qualcosa di serio avrei perso l’opportunità di abilitarmi. Così, dopo tanto stress, nel mese di dicembre detti le dimissioni contro il volere del preside, che mi dava tutto il suo appoggio, e il consiglio dei colleghi che mi dicevano di non farlo. Ritornai a insegnare alla Long Island University, alla St. John’s University, e altre università del Long Island, ma senza benefici fino al 2005, fin quando superai tutti di esami del NYS per l’abilitazione. Oggi, nel New York State, non solo nessun docente può insegnare senza abilitazione, ma non è nemmeno chiamato per un colloquio di lavoro prima di essere messo a contratto.
Oggigiorno, l’inizio dell’anno scolastico è diverso in paragone a decine di anni fa, e rappresenta nuove sfide, come stare al passo con i tempi, gli obblighi, e gli adempimenti previsti dalle normative in costante evoluzione. Eppure, secondo studi di ricercatori americani, pubblicato nel 2014 su “Society for Personality and Social Psychology” la prima impressione è ancor oggi quella che fa scattare simpatia, amore, o avversione a prima vista. Dunque, il primo giorno di scuola è la nostra principale, e a volte unica, possibilità di far capire agli alunni chi siamo; un’influenza, che spesso, dura tutto l’anno. Inoltre, se consideriamo la multiculturalità che oggi abbiamo nelle classi, con studenti da diversi gruppi etnici, assume un’importanza ancora maggiore.
Un articolo, del luglio 2006, del Psychological Science, “First Impressions” spiega che il nostro cervello impiega circa 10 secondi per valutare una persona a prima vista, e che l’opinione di persone appena conosciute si basa su una serie limitata di informazioni, come il linguaggio del corpo, la comunicazione non verbale in generale, il modo di vestire, le espressioni del viso, e il modo di presentarsi agli altri. Se riflettiamo sulle nostre esperienze personali, o di lavoro, e ricordiamo le sensazioni provate incontrando persone per la prima volta: belle, brutte, positive, negative, di avversione, di disagio, o di delusione, e se poi abbiamo continuato a percepire le stesse emozioni, possiamo affermare che gli studi sulla prima impressione siano accurati.
Dopo, superati i primi giorni, è la buona preparazione e organizzazione dei docenti che dimostra la propria passione e motivazione d’insegnare, doti che aiutano le dinamiche in classe in modo produttivo. Si sa che un’atmosfera emotiva serena, dove il docente si presenta ai suoi alunni mostrando fiducia e sicurezza nel proprio lavoro, stimola l’apprendimento degli allievi, e migliora anche il rapporto insegnante-studente-genitori . Appunto per questo, l’impegno e la confidenza del docente favoriscono la motivazione in classe, rendendo, così, un positivo impatto sul rendimento scolastico negli studenti.
Pertanto, le aspettative per l’apprendimento, e la disciplina, vanno fissate il primo giorno di scuola, e anche l’insegnamento inizia il primo giorno. Sempre usando un approccio didattico diretto, con valutazioni positive, affinché si ottengano risposte inaspettate anche da allievi che sarebbero sottovalutati. È e sempre un vantaggio per i docenti usare risorse culturali con contenuti adatti al livello , con temi che approfondiscono le esperienze e le esistenze degli studenti. Un percorso educativo, questo, che sviluppa il rapporto con ogni studente, specie se l’insegnante si dimostra disponibile a dar loro supporto quando trovano difficoltà nell’apprendimento.
E ovvio che il livello d’impegno degli insegnanti ha un impatto diretto sul rendimento scolastico dei propri alunni. Anche se le barriere che impediscono l’acquisizione di una lingua sono diverse, e spesso bisogna capire le pulsioni emotive e insensate degli studenti in classe; obiettivi non proposti dal curriculum per la lingua straniera. Però se agli studenti manca la fiducia in se stessi, nel prossimo o nel docente, non possono sentire lo stimolo dell’apprendimento.
In ogni caso, con molto lavoro, pazienza, e tolleranza per gli studenti più difficili, il successo in classe può aumentare. Gli alunni sono pronti ad affrontare le sfide quotidiane e valorizzare se stessi, imparando con desiderio, ma solo quando si accorgono dei valori che il docente porta in classe. Perciò, un docente deve essere tenace, rigido con le regole e considerevole allo stesso tempo.
In fine, “buon insegnante” non si diventa dalla sera alla mattina, ma col tempo. Essere un ottimo docente significa trasmettere diversi contenuti attingendo dalle proprie esperienze personali accumulate con gli anni. È chiaro che la ricchezza interiore di una persona, e la sua capacità di utilizzarla, permette a un docente di andare oltre la semplice modulazione didattica “insegnamento-apprendimento”. Auguro un buon inizio a tutti i colleghi!