“Per forza e per amore” è uno dei canti più famosi delle Contrade di Siena. Estenuante nella sua litania che riecheggia tra le mura della città toscana, il suo refrain martellante e sintattico coinvolge tutti, nessuno escluso. Gianna Nannini, cantante italiana figlia di Siena e di una famiglia famosa per la produzione di dolci ne ha realizzato persino un successo discografico. Ma non è solo questo, “Per forza e per amore” è una condizione di vita che coinvolge tutti coloro che abitano a Siena, o che si trovano nella città toscana per motivi di vacanza, studio o lavoro. Camminando per le vie di Siena, gioiello medievale della Toscana, non è possibile, infatti, non vedere i colori delle bandiere o non sentire i suoni dei tamburi, soprattutto nel periodo che precede il Palio. Si vedono “per forza”.
Poi, si può decidere se amarli o meno. Se cercare di capirli o se guardarli da fuori, con quell’intima discrezione che nasce dal rispetto per una tradizione secolare, ma anche dalla velata certezza di non essere in grado di capire fino in fondo cosa rappresenti il Palio per questa città. Perché solo chi è nato a Siena e ha vissuto la vita di Contrada può capire cosa significa vivere un’intera vita all’ombra di una bandiera e di un fazzoletto annodato sul collo, dalla nascita fino alla morte. E se a parlare di Palio e Contrade a un gruppo di studenti americani in visita a Siena per motivi di studio sono dei contradaioli, il jet lag non è quello di un viaggio lungo 14 ore, il vero jet lag è culturale. Percepito, quasi sussurrato, dalle distese di “Corn Belt” dello stato dell’Indiana, il flashback temporale si intrufola tra le pieghe del medioevo fino ad arrivare ai giorni nostri, attraversando secoli di storia con la consapevolezza che la passione per il Palio sia viscerale oggi come allora.
Pochi giorni prima del Palio dello scorso 2 luglio (ha vinto la Lupa, dopo 27 anni di astinenza!), sedici studenti americani, a Siena per un programma di “study abroad” organizzato dalla Brian Lamb School Of Communication della Purdue University, in collaborazione con l’Università di Siena, sono stati accolti da alcuni membri della Contrada Priora della Civetta – nello specifico il Vicario all’Organizzazione, il Cancelliere e l’Alfiere di Piazza -, per un visita nella Contrada e nel suo Museo. Durante la visita, che si è svolta in lingua inglese, gli studenti americani hanno avuto la possibilità di apprendere anche alcune parole italiane legate al mondo del Palio. Vocaboli oscuri anche ai nostri italici padiglioni auricolari, “fantino, alfiere, capitano, priore, cencio” sono diventati lessico comune grazie a un approccio didattico-formativo, Italian Language in the Media, che prevede l’utilizzo di tecniche giornalistiche per l’insegnamento della lingua italiana. Grazie ai contradaioli, gli studenti hanno scoperto che la “Nonna” è la Contrada che non vince da più tempo. Ma mai avrebbero potuto immaginare che, a pochi giorni dalla visita, sarebbero stati testimoni di un Palio vinto da una “Contrada Nonna”, quella appunto della Lupa, che non riportava una vittoria al Palio dal 1989.
Indossati i panni di veri e propri “inviati” al Palio di Siena, gli studenti hanno intervistato i “civettini” (così si chiamano i contradaioli della Civetta), che hanno risposto con dovizia di particolari e un grande spirito di accoglienza nei confronti dei giovani americani, in visita in Italia per la prima volta nella loro vita. “Imparare parole italiane immersi nel contesto, circondati da foto e oggetti che descrivevano le parole e guidati dalla comunità locale, è stato molto più coinvolgente che apprendere in una classe”, ha commentato una studentessa immediatamente dopo l’incontro. “Visitando la Contrada della Civetta – ha proseguito la ragazza – ho visto fotografie, bellissime bandiere e vestiti. Sono rimasta molto colpita dal Palio di Siena e dal fatto che questa antica tradizione sia ancora così viva. Ora conosco anche alcune parole del Palio. So come i contradaioli distinguono le varie tipologie di cavalli che partecipano alla carriera; conosco i colori delle bandiere; ho imparato cosa significhi essere nemico di una Contrada e come la gente incontri ed eviti allo stesso tempo le persone che appartengono ad altre Contrade”.
Durante le due ore di visita, le guide civettine hanno portato i ragazzi americani nella Chiesa della Contrada, nel Museo e anche nelle gallerie sotterranee. Con taccuino in mano e uno sguardo attento che si fermava ora sulla guida, ora su una foto, un “cencio” o una montura, gli studenti hanno fatto un viaggio con la fantasia nel Medioevo, immersi in uno scenario reale fatto di strade, vicoli e mura perfettamente conservati, ed hanno anche capito come una tradizione possa diventare parte della vita di un contradaiolo. “Pensavo che il Palio fosse una semplice festa che si svolge due volte l’anno. Dopo la visita in Civetta, ho capito che le Contrade e le tradizioni dietro la festa sono uno stile di vita. Mi piacerebbe che negli Usa esistesse una cosa simile e non vedo l’ora di partecipare al mio primo Palio. Alcune parole che ho imparato sono scosso ( il cavallo che corre senza fantino ), stamburata, Palio, Contrada, Nonna, Società e Torre del Mangia”.
Non sono mancati i confronti con la cultura e i “festival” che si svolgono negli Stati Uniti, in particolare con “Indianapolis 500”, un evento nato ben dopo il Palio di Siena (la prima corsa automobilistica risale, infatti, al 1911, mentre già a partire dal 1200 si ha testimonianza di una corsa di cavalli a Siena), e comunque associato alla corsa di Piazza del Campo per la passione, le tradizioni e i riti legati soprattutto al pre-gara e al dopo corsa. “La manifestazione del Palio mi ricorda la febbrile eccitazione dell’Indianapolis 500, che è una gara di macchine che si svolge negli Stati Uniti”, ha evidenziato appunto una studentessa. Mai paragone fu tanto apprezzato dai contradaioli che a fatica hanno frenato l’impulso di impedire alla leggiadra americana di proseguire con le sue dissennate ed improvvisate similitudini. Il senso di appartenenza dei contradaioli alla propria identità sociale, culturale e storica è stata una rivelazione sorprendente, un evento fuori scala per chi è abituato ad altri generi di assiomi. “Durante la mia visita nella Contrada della Civetta ho avvertito un forte senso di orgoglio e appartenenza da parte dei civettini mentre raccontavano il Palio e la vita a Siena. Ho visto uno spazio segreto sotto la città, grazie a cui ho potuto capire la storia di questa città e come negli anni si sia formata”. La voce, pavida ed ingenua, con accento marcatamente yankee, sembrava uscire direttamente dai meandri del tempo.
Le differenze linguistiche e culturali presenti tra gli studenti americani e le giovani guide della Civetta, sono state degnamente e ampiamente colmate dalla passione e la profonda conoscenza dei civettini e dalla loro voglia di condividere con gli altri la propria quotidianità e i valori con cui sono cresciuti. I loro racconti sono entrati nel cuore degli studenti americani, che sono tornati nelle aule universitarie del Palazzo di San Niccolò con la sana incoscienza di cosa rappresenti il Palio di Siena per chi è nato in questa città, come si legge dalle parole che ha scritto uno studente alla fine della visita: “Grazie ai contradaioli della Civetta, ora so che appartenere a una Contrada significa, in prima battuta, avere una cosa in comune con tutti gli altri contradaioli: l’amore per il posto dove si è nati. E non importa dove un contradaiolo si sposti o viva durante il corso della vita, perché un contradaiolo avrà sempre nel cuore la propria Contrada, quella che chiamerà ‘casa’ dall’istante del suo primo vagito fino alla morte. E se il Palio significa rinascita, allora nessuno a Siena muore davvero”.
Daniela Cundrò, nata in Sicilia, vive a Siena dal 1999, dove si è laureata in “Scienze della Comunicazione”. Giornalista, ha frequentato la “London School of Journalism”. Dopo un’esperienza di “Italian Language Assistant” presso lo “Scripps College” di Claremont (California), a Siena ha conseguito la certificazione Ditals II per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri. Ora lavora come assistente degli studenti internazionali dell’Università di Siena ed è direttrice della newsletter “EDIC Siena” del Centro Europe Direct Siena. Insegna italiano presso scuole private con un approccio didattico che utilizza techiche giornalistiche per migliorare la conoscenza della lingua italiana e per una formazione professionale nel campo della comunicazione e del giornalismo. L’approccio si chiama “Italian Language in the Media”.
Luca Tontodonati, abruzzese, scrive la Column “Il Pallone di Cristallo” su La Voce di New York