Abbiamo incontrato a New York e intervistato due giovani artisti italiani, l’attrice genovese Chiara Cimmino, e il regista-attore romano di origini siciliane Valerio Vittorio Garaffa. Entrambi hanno studiato alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e si occupano di teatro e poesia. I due giovani attori hanno appena trascorso due mesi a New York e pensano di tornarci nel 2016, per diffondere la poesia italiana insieme all’arte del teatro. In Italia organizzano lezioni e incontri presso teatri, licei, università, biblioteche e associazioni culturali per parlare della forza viva e avvincente dei versi, cercando di combattere quell’idea diffusa secondo la quale la poesia corrisponda a qualcosa di noioso e poco attraente. Chiara e Valerio si occupano in particolare della Divina Commedia di Dante e del teatro di Shakespeare, cercando di far entrare ‘dentro’ i versi di questi due grandi poeti, così diversi tra loro. Di Shakespeare Valerio ha tradotto ‘Cymbeline, King of Britain’, basandosi endecasillabo e, nel portarlo in scena, si sono concentrati proprio sul carattere fortemente orale che aveva in origine il teatro shakesperiano, così come le forme di Lectura Dantis, e quindi sulla musicalità del verso.
Nei licei e nelle università il docente legge e spiega la poesia durante lezioni frontali, e gli studenti poi fanno la parafrasi e il commento del testo. Molti docenti propongono ai loro studenti di scrivere versi, ma raramente la poesia viene offerta per il piacere di giocare con le parole e le immagini che esse suggeriscono. Oltre alla lezione tradizionale in classe, è possibile praticare e sperimentare attraverso il teatro il contenuto della poesia per sviluppare nelle menti degli studenti le competenze necessarie a comprendere l’italiano e far crescere l’amore per la poesia?
Valerio Vittorio Garaffa
“Crediamo fortemente nel teatro come mezzo per apprendere in modo più completo e creativo di quanto non si faccia in una lezione frontale di lingua o di letteratura”.
Valerio – “Mi sono avvicinato al teatro proprio tramite la poesia, e per questo considero questi due mezzi molto vicini tra loro. Quando oggi pensiamo a una poesia, ci viene subito in mente un componimento scritto. Eppure, nella storia dell’umanità, la poesia, per secoli, è stata un fenomeno prettamente orale, legato a varie forme di teatro. Il teatro era quindi il mezzo migliore per farne esperienza, e può essere valido anche adesso”.
Chiara Cimmino
Chiara – “Per quello che mi riguarda, ho sempre amato la poesia, ma l’ho scoperta una seconda volta attraverso la recitazione: lì ho scoperto tutta la potenza immaginifica delle parole in versi. Il mio modo di fare teatro si è arricchito e la poesia mi è sembrata più accessibile e più vicina”.
“Quando insegniamo o mettiamo in scena uno spettacolo, cerchiamo di far tornare i nostri attori e i nostri allievi un po’ indietro nel tempo, quando il suono delle parole, i ritmi e le melodie della loro concatenazione, evocavano in chi ascoltava immagini ed emozioni, spingendoli a sentire quel suono e a reinterpretarlo, con lo scopo di darvi nuova vita”.
Il teatro è un ottimo strumento di apprendimento, e anche un’esperienza di grande valore per imparare testi di letteratura e di poesia, che di solito gli studenti imparano solo attraverso la lettura. Quali sono le vostre esperienze nell’insegnare la poesia attraverso il teatro?
“Da anni teniamo laboratori di teatro nelle scuole, e l’approccio teatrale appassiona sempre i ragazzi. Probabilmente li appassionerebbe anche alla matematica. Scherzi a parte, il teatro vive del potere dell’immaginazione, e l’immaginazione è qualcosa di attivo e, di conseguenza, entusiasmante. Dobbiamo considerare che i grandi poeti, come Dante per noi Italiani o Shakespeare per gli Inglesi, usano spesso la poesia nello stesso modo in cui noi oggi usiamo il linguaggio cinematografico.
Gli studenti scoprono che la poesia può raccontare immagini e riservare veri e propri colpi di scena, accelerazioni, situazioni ironiche, non solo tramite i concetti espressi, ma anche attraverso il suono. E di colpo si trovano di fronte a un linguaggio affascinante, e questo è utile per migliorare l’apprendimento e soprattutto per approcciare una lingua nuova, con i suoi suoni e con i suoi significati”.
I due artisti a New York
Il teatro è un mezzo espressivo perché ha a che fare con l’immediatezza e la creazione nell’istante. E’ più facile insegnare la poesia attraverso il teatro oppure è più complesso?
“Il teatro vive proprio della preparazione dell’istante: questa condizione paradossale gli permette di essere complesso e semplice nello stesso tempo, poiché ci fa sperimentare una strada oggi poco battuta: quella della conoscenza intuitiva, e può avvicinarci con facilità a concetti altrimenti complicati, perché usa altri canali di espressione, maggiormente connessi alla sensibilità.
Un’esperienza di questo tipo porta a un rapporto più intimo con la poesia, e certamente semplifica il lavoro di un insegnante.
E’ sempre bello vedere come gli adolescenti si appassionino alla poesia quando devono viverla in prima persona attraverso le parole di Euripide, di Dante, di Alfieri”.
La poesia per gli studenti stranieri può essere complessa, sia per il significato e sia per gli aspetti metrico-strutturali. Il teatro aiuta gli studenti stranieri a capire e a imparare la lingua italiana verso la vera e propria analisi del testo poetico?
“Ogni lingua ha una propria personalità. Ogni lingua ha i suoi suoni. La poesia studiata tramite il teatro può aiutare chi non conosce o conosce poco la lingua italiana a entrare nella sua personalità e iniziare ad amarla.
Quando mettiamo i nostri attori e i nostri allievi in condizione di recitare in poesia, lo facciamo attraverso il corpo e la voce: cerchiamo di trasformare l’astrazione della metrica poetica in un movimento fisico ed emotivo. In questo modo il teatro diventa un vero strumento di analisi dei testi, dei personaggi o anche solo delle parole.
Per fare un piccolo esempio, le parole ‘aurora’, ‘down’ e ‘madrugata’ esprimono lo stesso concetto, eppure sono molto diverse e i loro suoni ci comunicano tre modi emotivamente molto diversi di descrivere lo stesso fenomeno. Nel farne esperienza diventiamo più sensibili a cogliere le sfumature emotive che stanno dietro ai significati delle parole, trovandoci a imparare la lingua giocando con essa”.
L’argomento, o il contenuto, generale della poesia varia e può essere molto complesso come i temi sull’amicizia, gli affetti, la natura, i desideri, e i valori della vita. Come usare la poesia affinché sia uno strumento didattico che consente agli studenti a riconoscere sia le sue forme linguistiche e sia le figure retoriche?
“Le forme linguistiche e le figure retoriche sono dei mezzi che ci servono per raccontare la realtà così come la viviamo. Ognuno di noi usa ogni giorno metafore, iperboli, eufemismi, per cercare di dare una vita fisica, palpabile, alle proprie emozioni; per raccontarle agli altri e a noi stessi. La poesia è la massima espressione di questa tendenza, perché cerca di raccontare l’essenza delle cose, di superare il concetto di ‘io’ per avvicinarsi al ‘noi’, a ciò che tutti sentiamo. Succede la stessa cosa con la recitazione con le maschere, che in Italia ha una lunga tradizione grazie alla Commedia dell’Arte: la maschera non si allontana dalle emozioni individuali, ma anzi le amplifica, raccontando quelle condizioni umane che tutti conosciamo. Sembra un paradosso, ma la maschera così come le figure retoriche e la poesia, hanno lo stesso obiettivo: esprimere l’essenza di ciò che proviamo. Quando i nostri allievi scoprono questa semplice verità, si sentono improvvisamente più vicini al linguaggio poetico perché sentono che attraverso quel linguaggio possono esprimersi più liberamente del normale”.
Il teatro è anche il modo in cui si impara attraverso le tecniche in gruppo, scoprendo e gestendo con l’interpretazione dei testi e le proprie capacità e risorse come la voce e i gesti. Come trovare il giusto equilibrio fra la spontaneità con cui i ragazzi esprimono il loro mondo interiore e la capacità di imparare e utilizzare il nuovo linguaggio tecnico della poesia?
“A volte anche le cose che consideriamo spontanee sono frutto di qualcosa che abbiamo imparato e fissato nel comportamento: sono abitudini. Il teatro non mira a essere il luogo in cui si è semplicemente se stessi, ma quello in cui si diventa se stessi. Le regole possono essere molto specifiche, ma servono a migliorare la nostra esperienza, non a imbrigliarla, nello stesso modo in cui le regole di uno sport non sono messe lì per bloccare lo sportivo, ma per permettergli di partecipare al gioco.
Per fare un esempio, alcuni anni fa, con i nostri allievi, abbiamo messo in scena Le baccanti di Euripide nella cornice del Teatro Romano di Ostia Antica. All’inizio gli studenti percepivano il testo e il linguaggio in versi come qualcosa di lontano da loro. Alcuni mesi dopo, quegli stessi ragazzi, al grido di ‘Evoè’, non solo invocavano il Dioniso della storia, ma evocavano la propria forza e la propria dedizione di adolescenti capaci di dare voce alle proprie battaglie”.
Valerio Garaffa
Come organizzare un corso sulla poesia attraverso il teatro per studenti stranieri che soddisfi il loro bisogno di esprimersi e divertirsi nell’esplorare la lingua e la cultura italiane?
Valerio – “Una lingua straniera ha sempre molto da darci. Restiamo colpiti dai suoi suoni ancor prima di capire una sola parola, o ci stupiamo delle differenze rispetto alla nostra lingua. Io cerco di ispirarmi al lavoro del grande Maestro di teatro Orazio Costa, che partiva da un’analisi teatrale e fisica di ogni parola, per arrivare a coglierne il senso profondo, così da riuscire infine a giocare con la poesia”.
Chiara – “E’ un metodo affascinante… Ti porta a immaginare che ogni parola abbia un corpo. Allora cerco quel corpo nel mio, cerco di sentire la parola pulsare nei miei gesti… Sembra strano, ma solo così, inaspettatamente, si può cominciare a cogliere il vero senso della parola stessa. Che sia nella tua lingua o in una lingua straniera”.
Chiara Cimmino a New York
“Il buon insegnamento è per un quarto preparazione e per tre quarti teatro”. Le parole di Galileo Galilei per spiegare lo stretto rapporto tra il palcoscenico e la teoria scientifica. Cosa ne pensate delle parole di Galileo? Possono essere connesse anche per la poesia?
Valerio – “Credo che l’insegnamento possa avere molto a che fare con il teatro, non perché l’insegnante debba trasformarsi in un attore per appassionare i ragazzi, ma perché quello stato di partecipazione attiva in cui la parola diventa comunicazione viva, è forse la miglior condizione auspicabile per l’insegnamento”.
Chiara – “Credo che il teatro sia il modo migliore per imparare. Imparare ad amare le parole, imparare a conoscere una nuova lingua, imparare a comunicare col corpo, ma soprattutto imparare qualcosa in più di noi stessi e di chi ci circonda”.