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June 29, 2015
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Insegnanti preoccupati per “La buona scuola” di Renzi? Se sapessero cosa avviene in America…

Filomena Fuduli SorrentinobyFilomena Fuduli Sorrentino
Time: 9 mins read

“L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.”- Art. 3 della  Costituzione italiana

 

Sto leggendo molto sulla riforma scolastica italiana “La buona scuola”   approvata dal Senato con 159 sì e milioni di “no” da parte di docenti delusi che protestano per le città italiane. 

Da un punto di vista capisco la situazione, le delusioni, e le ansie dei docenti, ma da insegnante nelle scuole pubbliche di NY mi domando se la riforma italiana sia un modello, una copia, di quella statunitense. Guardando il momento critico in Italia, noto anche che sia la riforma e sia i cambiamenti che impone possono essere complicati e controversi, come lo sono quelli della riforma scolastica che abbiamo qui a NY. Infatti, la riforma “Race to the Top”, voluta dal Presidente Obama, è di notevole confusione. L’obiettivo di Obama era di migliorare e sostituire la riforma di Bush “No Child Left Behind Act del 2001 (NCLB)”, ma la riforma ha avuto in America, e ancora ha, la stessa reazione della “Buona scuola”, sia da insegnanti e sia da studenti. La riforma di Obama è stata creata per assicurare, a tutti gli studenti, il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo attraverso percorsi di insegnamento che aiutano a colmare gli spazi di apprendimento fra studenti in tutte le discipline. Parte della riforma è anche il "Teacher and Principal APPR" ( Annual Professional Performance Review  ),  approvato dal governatore di NY, Andrew Cuomo, che è connesso ai “Common Core State Standards Initiative” (CCS), anche questo accolto con proteste da tutte le scuole e docenti di NY. 

E’ facile continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, e che sappiamo fare molto bene, perché dover fare tanta fatica a imparare cose nuove?

Le riforme sono cambiamenti prescritti con l’intenzione di migliorare l’istruzione in modo che tutti gli studenti imparino. Le riforme non sono create per favorire i docenti, ma per agevolare gli studenti. Ottimo obiettivo ma non sempre raggiungibile. Tuttavia, per cambiare bisogna capire cosa si deve cambiare, e perché il concetto debba essere cambiato. Dopo averlo capito, bisogna essere produttivi nel nuovo sistema d'istruzione adattandosi ai cambiamenti e a un nuovo metodo d’insegnamento, diverso, moderno e più flessibile. Questi cambiamenti non avvengono dalla sera alla mattina perché sono faticosi e richiedono tempo e molto lavoro mentale. Ecco perché si creano confusioni e polemiche. Anche se dobbiamo ammettere che una mente che ha fatto nuove esperienze non torna più indietro alle dimensioni precedenti. 

A parte tutto questo, le riforme scolastiche non piacciono a nessuno per un altro motivo: sono sempre state un obiettivo per la candidatura dei politici, che non capiscono niente di insegnamento e apprendimento. Di questo si è parlato e letto molto negli USA su Obama, De Blasio, e Cuomo, e si continua a parlare e leggere degli altri aspiranti candidati in corsa verso la Casa Bianca per il 2016. Perciò, i politici senza tenere conto che non prendono in considerazione gli aspetti fondamentali – quali l’ambiente di apprendimento, i curricula scolastici, l’organizzazione delle classi, le relazioni che influenzano i processi d’apprendimento degli studenti, come lo stato economico e sociale –  approvano le loro riforme al Senato.

Ma come funziona, o non funziona, la riforma americana? 

Il “Race to the Top” di Obama ha come obiettivo di alzare i livelli per tutti gli studenti e chiudere le lacune d’apprendimento tra studenti. I “Common Core Learning Standards”, non chiari da capire, si riferiscono a strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo nella lingua inglese e nella matematica. Però, tutti i docenti sono ritenuti responsabili a potenziare il progresso dei loro studenti in inglese e in matematica, inclusi quelli d’italiano. Comunque, noi docenti di lingua lo abbiamo sempre fatto perché seguiamo gli “Standards for Foreign Language Learning in the 21st Century” (1999), conosciute come le “5C” per l’apprendimento della lingua, i quali connettono lo studio della lingua alle altre discipline. Con i CCS l’apprendimento e il progresso degli studenti sono misurati in aprile, con un esame di stato annuale che serve a calcolare la crescita di apprendimento da settembre ad aprile di ogni studente, ma gli esami servono anche a valutare gli insegnanti, le scuole, e gli istituti. I dati dimostrano persino se c’è una discriminazione nell’insegnamento verso gli studenti, sia da parte dei docenti e sia degli istituti (potrei spiegare come, ma dovrei scrivere troppo…). Questi esami statali si amministrano a tutti gli studenti, dalla quarta elementare alla terza media lo stesso giorno e alla stessa ora in tutto lo stato di NY. Durante gli esami non si insegna niente altro (tre giorni per l’inglese e tre per la matematica, in due settimane diverse). In ogni caso, la riforma non prende in considerazione se gli studenti contribuiscono pro-attivamente alla loro esperienza scolastica di apprendimento, quindi, la responsabilità è sulle spalle dei docenti. 

L’altra parte della riforma, l’APPR Plans, Annual Professional Performance Review, regole per la valutazione dei docenti e dei presidi, come le osservazioni nelle classi, il professionalismo a scuola, e gli aggiornamenti obbligatori che i docenti devono fare ogni anno (un minimo di 25 ore all’anno, 175 ogni 5 anni, non pagate ). 

Ho esitato a scrivere su questo tema, poiché in Italia ho fatto un anno di tirocinio, ma non ho mai insegnato. Comunque, non sto facendo un paragone o spiegando la riforma della “Buona scuola”, sto scrivendo anche per spiegare come stanno le cose nelle scuole pubbliche di NY perché sono moltissimi i giovani docenti italiani, stanchi di quello che vedono in Italia, che mi scrivono domandandomi cosa fare per insegnare a NY, o in un altro stato degli USA (di questo avevo parlato in un altro mio articolo ). Se confrontiamo le scuole italiane a quelle americane, non solo si lavora molto di più in America, ma è anche molto più stressante e complicato. In tutte le scuole pubbliche, dalle elementari al liceo, ogni insegnante deve insegnare cinque lezioni al giorno che vanno dai 42 minuti ai 46 (dipende dall’istituto), per un totale di quattro ore di lezione in classe ogni giorno, cinque giorni la settimana. A NY sono gli studenti a cambiare aula ogni 42-46 minuti e il docente deve essere in classe prima dei suoi alunni, o riceve un rapporto dagli amministratori (in particolare dal preside) per la sua mancanza di puntualità, professionalità e preparazione. 

Molti mi hanno scritto dicendomi che in America abbiamo strutture comode e funzionanti, questo è vero. Ma non tutti gli insegnanti hanno la loro aula nelle medie e nei licei, in particolare noi docenti di lingue, che ci spostiamo da una classe all’altra portando con noi il necessario per le lezioni. Io quest’anno insegnavo tre livelli e due lingue in tre aule diverse. Non solo non è stato facile, ma è stato anche molto stressante!

I docenti nel NYS finito di insegnare le lezioni devono restare nell'istituto sette ore e quindici minuti continui  ogni giorno per un totale di 35 per settimana, facendo altri lavori che il preside decide di affidare loro; 42-46 minuti al giorno sono calcolate per le preparazioni delle lezioni, tempo non bastante nemmeno per correggere i compiti, e così molti insegnanti restano nell'istituto di pomeriggio, anche per aiutare gli studenti. Io preferisco farlo di mattina presto e non di pomeriggio.   

Gli obblighi dei docenti possono essere diversi, e dipende sempre dal preside.  Per esempio: la sorveglianza degli studenti nella mensa per 42-46 minuti, oppure la vigilanza nell’aula dove sono gli studenti espulsi dalle classi, o coprire una classe per un docente assente, e via di seguito. Nell’orario delle trentacinque ore settimanali non sono incluse le conferenze, i meeting, e i professional developments (aggiornamenti) obbligatori che sono sempre di pomeriggio, e a volte di fine settimana. 

La cosa più triste? Abbiamo solo quindici giorni di malattia l’anno e tre personali. La gestazione o l’allattamento non sono pagati, quindi chi ha un bambino resta a casa senza paga e senza disoccupazione. Siamo pagati 10 mesi all’anno (184 giornate scolastiche) e non siamo pagati luglio e agosto (niente tredicesima o quattordicesima in America). Se i docenti sono di ruolo possono ritornare dopo la gravidanza o dopo la convalescenza (si diventa di ruolo dopo 3 anni nello stesso istituto con ottime valutazioni), ma se non si è di ruolo si rischia di perdere il posto. 

Mi è successo nel 2008; insegnavo da un anno in un liceo vicino casa, ho dovuto fare un intervento chirurgico in giugno, e una settimana dopo aver consegnato la lettera medica (avevo già avuto l’intervento) il superintendent dell’istituto mi manda una lettera dicendomi che non voleva che io tornassi a settembre e mi chiedeva di dare le dimissioni o sarebbe stato lui a licenziarmi. La storia è lunga e potrei scrivere un libro su questa mia esperienza, ma aggiungo solo questo: dopo diverse telefonate, mi ha offerto 15.000 dollari per dare le dimissioni ed io li ho accettati per non essere licenziata, ma anche perché mi ero appena operata e non avevo le forze per lottare e litigare con lui. In seguito, nel mese di agosto, avevo trovato un posto in un liceo nella città vicina, ma quando vado a firmare il contratto arriva una telefonata nell’ufficio amministrativo della scuola dove ero prima e sento che parlano del mio intervento. Finita la telefonata, con una scusa non si arriva più alla  firma del contratto. Potevo, e avevo il diritto, di denunciare entrambe le scuole per discriminazione, ma dovevo pagare un avvocato e far loro causa; un processo lungo, complicato e costoso. In seguito nessuna scuola pubblica mi ha assunta nel Long Island, così dopo due anni ho accettato il posto a Newburgh, a due ore da casa!

I politici e i governanti intervengono sempre sulla scuola con le loro idee di cambiamento, e nonostante le proteste di docenti, genitori e studenti non cambia niente. La riforma rimane e se ai docenti non piace viene consigliato loro di andare in pensione o cambiare professione. Nel sistema scolastico dove insegno da cinque anni, Newburgh ECSD, hanno mandato una lettera a tutti i docenti che avevano un’età minima di 55 anni e un minimo di 15 anni di servizio, offrendo una buona uscita del 40% della loro paga se andavano in pensione. Quest’anno 55 docenti sono andati in pensione, e quasi tutti avevano dai 25 ai 35 anni di servizio, quindi una paga molto alta (sopra i 100 mila dollari lordi). Il massimo della pensione nello stato di NY è il 60% dell’ultimo stipendio, pensione che si ottiene avendo completato 35 anni di servizio. Andare in pensione con 15 anni di servizio è una grande perdita e non si riesce a vivere, e se non possono insegnare devono  cambiare professione. Un altro problema che abbiamo negli USA è che il trasferimento da uno stato all’altro o da una città all’altra non esiste. Un docente che si vuole trasferire deve dare le dimissioni e fare domanda in un’altra città. Si può chiedere il trasferimento solo per una scuola nella stessa città. Anche se i docenti devono avere l’abilitazione della Stato per insegnare, negli USA non siamo impiegati statali, ma lavoriamo per la scuola della città. Per esempio, io lavoro per la città di Newburgh e non per lo Stato di NY. 

I cambiamenti in Italia sono troppo lenti in paragone agli USA, perché c’è un sistema di gestione debole su tutto, per esempio: gli uffici aprono di mattina e chiudono all'una, compresi le banche e la posta, invece in America sono aperte tutto il giorno dalle otto alle 17-18. L’intera società italiana è lenta, e ogni volta che i politici cercano di cambiare qualcosa, affinché l'Italia non stia ferma allo stesso posto, si incominciano molte polemiche e arriva la confusione. Io ricordo quando in Italia negozi e uffici erano aperti tutto il giorno e le cose andavano meglio e gli italiani lavoravano di più. Adesso, dopo generazioni cresciute in un’Italia lenta o quasi ferma, aumentare le ore di lavoro non può essere accettato dai cittadini e tantomeno dai docenti.

 

"Il principio fondamentale, che ispira tutta la disciplina costituzionale della scuola, è quello della libertà d'insegnamento. La Costituzione mostra di considerare essenziale per la democrazia il pluralismo ideologico, che va garantito innanzi tutto nella scuola, intesa come istituzione autenticamente laica, consentendo così ai docenti la possibilità di scegliere come e cosa insegnare, pur nel rispetto di parametri generali fissati per legge. La libertà d'insegnamento si collega, pertanto, alla libertà di manifestare il proprio pensiero, alla libertà di professare qualunque tesi o teoria venga ritenuta degna di accettazione, alla libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia più opportuno adottare. Questo principio trova una formulazione pressoché identica nell'art. 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea." Dal sito-web del Comune di Bologna

(Citazione fornita dall’amico e collega Aldo Salomone che vive e insegna a Capri)

 


filomenaFilomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY.  Nata e cresciuta in Italia, calabrese, vive  a New York dal 1983. Diplomata alla scuola Magistrale in Italia, dopo aver studiato alla SUNY, si è laureata alla NYU- Steinhardt School of Culture, Education, and Human Development, con un BS e MA in Teaching Foreign Languages & Cultures.  Dal 2003 insegna lingua e cultura italiana nelle scuole pubbliche a tempo pieno e nelle università come Adjunct Professor. È abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento nelle scuole pubbliche delle lingue italiana 1-6 & 7-12, ESL K-12 e spagnola 1-6 & 7-12.

 

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Filomena Fuduli Sorrentino

Filomena Fuduli Sorrentino

Calabrese e appassionata per l’insegnamento delle lingue, dal 1983 vivo nel Long Island, NY. Laureata alla SUNY con un AAS e in lingue alla NYU con un BS e un MA, sono abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento K-12 in italiano, ESL e spagnolo. Insegno dal 2003 lingua e cultura italiane nelle università come adjunct professor e come docente di ruolo in una scuola media del Newburgh ECSD. Nel mio tempo libero amo scrivere, leggere, cucinare, ascoltare musica, viaggiare, visitare i centri storici (soprattuto italiani) e creare cose nuove. Tra le mie passioni ci sono la moda, il mare e la natura.

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