Il futuro dell'italiano nel mondo passa attraverso l'insegnamento. Per capire quali sono le prospettive che si aprono per i prossimi anni, La VOCE di New York ha intervistato Paolo Balboni, che ha insegnato lingua, didattica, ricerca e metodologia per quasi quarant'anni, sia in Italia che all'estero. Balboni è anche autore di numerose opere sulla didattica dell'italiano e di importanti saggi per l’istruzione delle lingue straniere. I suoi testi sono tra i più utilizzati nella formazione degli insegnanti d’italiano di L2. Balboni è inoltre il fondatore di ITALS Ca' Foscari di Venezia, un centro di ricerche neurolinguistiche.
Professor Balboni, nel 2014, all’Istituto Italiano di Cultura di New York, ha affermato che la lingua italiana è più studiata tra gli adulti che tra i giovani, e che in Germania il numero degli uomini e delle donne che la studiano è arrivato a 100.000. Perché questo fenomeno tra gli adulti e qual è la motivazione che spinge i tedeschi a studiare l’italiano?
I giovani raramente colgono il valore psicologico, culturale delle lingue, sono orientati verso la lingua come strumento pragmatico di comunicazione, la lingua per ‘fare’, non per ‘essere’ qualcosa di diverso. Gli adulti invece capiscono che molte delle loro passioni – perché l’italiano si studia per passione, non per necessità – sono più piene, complete, profonde se ci aggiungono la lingua in cui tali passioni fioriscono: un amante dell’opera vuole l’italiano, e così un amante dell’arte rinascimentale, del paesaggio italiano, della cucina, dell’alta moda, dello stile. I tedeschi amano molto l’Italia, ci vengono da sempre in vacanza: una volta in pensione, occupano il loro tempo studiando l’italiano.
Negli USA, i docenti di lingua lavorano intensamente per promuovere l’italiano nelle scuole pubbliche. Che consigli può dare ai docenti d’italiano per motivare i giovani a scegliere lo studio della nostra lingua?
L’italiano deve essere cool per essere richiesto. Deve avere qualcosa in più del francese o dello spagnolo o del cinese, qualcosa di diverso. Questo qualcosa non può essere generico, deve mirare ad un target molto preciso di popolazione studentesca: ad esempio quello interessato alle tre F: food, fashion, Ferrari. L’italiano come lusso – e dentro il lusso ci sono anche Michelangelo e Verdi, Machiavelli e Fellini, ma sono gioielli che si scoprono dopo, maturando.
Il problema è che il lusso deve dare piacere, se non dà piacere non è più lusso: quindi l’insegnante di italiano deve dare piacere nelle sue lezioni, e per farlo c’è una quantità enorme di riflessioni didattiche, ne trovate nel mio ultimo libro, Didattica dell’italiano come lingua seconda e straniera, oppure anche in materiali online, in opere di studiosi come Caon, che si occupa proprio di Pleasure in Language Learning, come dice il titolo di un suo volume.
L’italiano si è posizionato nel mercato delle lingue all’estero. Secondo i suoi studi nel campo della glottodidattica, cosa c'è nel futuro dell'insegnamento e della diffusione dell’italiano nel mondo?
Dipende da che cosa succederà nei prossimi anni: se l’Italia esce dalla crisi – morale, prima ancora che economica – può tornare ad essere appetibile, e con l’Italia anche la sua lingua e la sua cultura. Pare che il governo Renzi abbia capito che la diffusione dell’italiano è una parte del progetto di ricollocare l’Italia tra i paesi seri e non tra quelli da film comico…
Professor Balboni, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, agli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo, ha affermato che in Italia un giovane su 5 ha problemi con la lingua italiana. Come spiega questa difficoltà tra i giovani italiani? È un problema legato all’insegnamento dell’italiano come seconda lingua per immigrati, oppure è un problema tra i giovani italiani?
Basterebbe andare tra i teenagers americani e verificare quanti superano un B2 di inglese, quanti sono realmente alfabetizzati… forse più di uno su cinque! Ma è un fenomeno diffuso ovunque: la competenza linguistica in tempi di testi brevissimi, di computer che correggono l’ortografia, di non-lettura di romanzi, cioè di testi organici, di cinemac he cerca di imitare il linguaggio popolare, ridotto all’osso, con più four letter words che parole normali – beh, in questi tempi la competenza linguistica approfondita, con il gusto della lingua, è un lusso di pochi. Questi sono il target della promozione dell’italiano tra i giovani.
Nelle scuole pubbliche degli USA, molti studenti, figli d’immigrati, che non parlano inglese a casa, sono categorizzati ELLs (English Language Learners). Il loro punteggio sulle valutazioni dell’inglese è basso in paragone agli studenti i cui genitori parlano inglese a casa, e negli USA sono convinti che si tratti di un problema di causa-effetto. Qual è la sua opinione di linguista sull’argomento?
È evidente: meno input c’è, meno acquisizione c’è. Ma spesso è meglio che i genitori non parlino inglese: se è scadente, i figli acquisiscono un inglese scadente; invece, parlando la loro lingua, i ragazzi crescono bilingui, e come dimostra tutta la ricerca internazionale questo aiuta anche nell’apprendere la lingua dell’ambiente, cioè l’inglese.
Il problema è che l’insegnamento della lingua seconda, quale è l’inglese per immigrati, va condotto con metodologie molto precise, e quindi probabilmente lo scadente risultato non è da attribuire alla famiglia ma alla scuola.
Avete lo stesso problema in Italia? Come si può paragonare l’integrazione linguistica tra gli immigranti in Italia con quella del Nord America?
Abbiamo 4 milioni di immigrati su 57 milioni di abitanti, quindi da vent’anni lavoriamo sul tema. Qui è chiarissimo quel che avviene: dove ci sono docenti preparati specificamente per lavorare con immigrati i risultati sono ottimi. Gli immigrati vivono 24 ore in Italia e con l’italiano, quindi non si deve ‘insegnare italiano’, si deve stimolare la loro language awareness per cui mentre comunicano, in strada o al bar o sul lavoro, si pongono problemi di lingua e su quei problemi si lavora nel corsi di italiano L2.
L’istruzione linguistica ha assunto un ruolo strategico, sia con le lingue straniere (LS) e sia con quelle seconde (L2), e oggi gli idiomi sono diventati un grande mercato. Professor Balboni, che consigli può dare ai docenti d’italiano, e ai diplomatici incaricati nella diffusione dell’italiano nel mondo, per potenziare il successo della nostra lingua all’estero? Quali approcci, didattici e di studio, Lei suggerisce per la gestione della lingua italiana negli USA?
Il ruolo strategico della lingua l’aveva capito l’America durante la guerra, con l’Army Specialised Training Programme, e poi con il National Defense Act degli anni Cinquanta: poi l’ha dimenticato rivolgendosi a se stessa, ombelico del mondo. Come insegnare, come motivare? C’è un video-corso gratuito, pensato per studenti ma che può essere molto utile agli insegnanti di italiano in America, Migliorare l’efficienza nell’apprendimento linguistico: lì si trovano molte delle risposte alla sua domanda.
Filomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY. Nata e cresciuta in Italia, calabrese, vive a New York dal 1983. Diplomata alla scuola Magistrale in Italia, dopo aver studiato alla SUNY, si è laureata alla NYU- Steinhardt School of Culture, Education, and Human Development, con un BS e MA in Teaching Foreign Languages & Cultures. Dal 2003 insegna lingua e cultura italiana nelle scuole pubbliche a tempo pieno e nelle università come Adjunct Professor. È abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento nelle scuole pubbliche delle lingue italiana 1-6 & 7-12, ESL K-12 e spagnola 1-6 & 7-12.