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July 14, 2014
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I titoli professionali al femminile “politically correct” sono grammaticalmente sbagliati?

Filomena Fuduli SorrentinobyFilomena Fuduli Sorrentino
Time: 5 mins read

La presidente della Camera Laura Boldrini ha organizzato un convegno sul tema "Donne, grammatica e media", presentato dall'associazione Gi.U.Li.A (giornaliste unite, libere e autonome), a Montecitorio. L’intervento della Boldrini si è concentrato sull’uso della grammatica da parte del giornalismo rispetto alle professioni. L’obiettivo del convegno? Modificare l'uso che il giornalismo italiano fa della lingua italiana nei confronti dei titoli professionali delle donne. Di solito, questo è un tema linguistico e se ne dovrebbero occupare gli specialisti sociolinguistica e non solo i politici, e infatti alla presentazione erano presenti esperte dell'Accademia della Crusca per dare il loro contributo sull’argomento. 

Purtroppo, tra i vari problemi di una società che lotta per la parificazione dei diritti di genere c'è anche quello dell'espressione verbale e scritta. L’argomento della Boldrini contiene importanti proposte valide e in favore delle donne, ma affronta una questione controversa con diverse sensibilità, nel quale emerge una chiara complicazione sia sulle regole grammaticali e sia sull’evoluzione linguistica della lingua italiana. 

Secondo la presidente Boldrini è importante che le donne possano diventare ministro, ingegnere etc., ma è anche importante che i giornalisti scrivano nei loro articoli il corretto appellativo che le distingue come donne e non come uomini. Per esempio le professioniste donne si dovrebbero chiamare con l'appellativo di ministra e ingegnera, e non di ministro e d’ingegnere; questo per far superare le ambiguità e le incertezze su chi è in carica della nomina istituzionale. La Boldrini dichiara che usare il linguaggio in un modo o in un altro è una scelta politica, e che attraverso il linguaggio si può raggiungere la consapevolezza, la crescita personale e collettiva, l'equità e la libertà. 

Il linguaggio usato dalle persone, si sa,  indica il rispetto reciproco. nel modo di comunicare di oggi si è perso molto di questo, soprattutto nei confronti delle donne. La lingua è uno strumento fondamentale perché rispecchia l’identità, la cultura, il pensiero di chi la usa ma anche di chi l’ascolta. Le parole hanno anche molto potere sulla mente sia nella vita privata e sia nel campo del lavoro; nella politica poi la scelta delle parole è sempre stata uno strumento per manovrare le masse, secondo gli scopi di chi comanda. Questo potere linguistico è conosciuto da sempre. Perciò, anche se, dal punto di vista politico, la Boldrini ha ragione, bisogna tenere presente che nella grammatica e nella linguistica le parole hanno un’intonazione musicale e alcuni termini come dottoressa o studentessa sono stati sempre usati facilmente e senza difficoltà, ma dire ministra, avvocata, chirurga, o ingegnera non suona bene nella lingua italiana, anche perché queste sono termini usati nella lingua spagnola e non in quella italiana. 

Nella lingua italiana alcune professioni sono di genere invariabile: medico, avvocato, psicanalista, vigile, sindaco, assessore, notaio, e la lista continua. Poi ci sono i termini al femminile come, la persona, la guardia, la sentinella che non possono essere cambiati al maschile e dire “il persono, il guardio il sentinello.” Ci sono nomi irregolari che finiscono con la “a”(come in -ista, -cida, -iatra, -arca) e anche se sono di genere maschile come autista, anestesista,  barista , dentista, musicista, giornalista, monarca, collega, eletrauta, si può facilmente inserire l’articolo “il, la, l’ ” e suonano bene in entrambi i sessi. Invece ci sono nomi che finisco con la “o” come il soldato, il chirurgo, e il postino, i quali suonano male se si cambiano al femminile. Bensì i nomi che finiscono con la “e” come assessore, consigliere, infermiere, giudice, presidente, preside, e il portiere, usciere, (e si potrebbe dire “la giudicessa” dal latino seriore *più tardo, iudicissa), secondo le regole grammaticali sono neutri, e ad alcuni di questi si può aggiungere il suffisso “essa” come "La presidentessa “e non "la presidente"; *il termine presidente dovrebbe essere invariabile perché è il participio presente del verbo presiedere. 

Per i docenti d’italiano questo diventa un problema. Che cosa bisogna insegnare agli studenti? Le parole già in uso si possono cambiare? Per esempio la sindaca o la sindachessa? L’avvocata o l’avvocatessa? 

Prima degli anni '70 tutti chiamavano maestra la signora e maestro il signore, poi alle medie e al liceo gli insegnanti maschi erano chiamati con l'appellativo di professore, e le femmine con l'appellativo di professoressa (e non professora), se il medico di famiglia era una donna la chiamavano dottoressa e non dottora, non si può dire medica perché cambia significato; in Italia c’è “la guardia medica” che significa il “medico di turno” cioè di servizio durante la notte o il fine settimana. Con gli anni '70 è stato fatto di tutto per togliere le differenze e promuovere l'unisex chiamando anche le donne con l’appellativo maschile. 

In questa società il linguaggio usato ha un'enorme importanza, ma purtroppo questo è ignorato da molti. Si creano nuove parole per definire cose vecchie e a volte si abusa il significato di molte parole, perché spesso è alterato, il loro concetto. Basti pensare di quanto sia stata abusata la parola “libertà”, alterandone il suo principio a convenienza.

Per riassumere, l’uso del linguaggio è abitudine e capacità spontanea che contiene espressioni e modi di dire i quali si sedimentano nell'uso e nel tempo. L’arte della parola non è una scienza precisa, in fatti, tutte le lingue si evolvono da sole e in modo naturale cambiando continuamente nel tempo. Perciò, il linguaggio non si forma con imposizioni da parte di alte autorità, ma si forma con le consuetudini del vivere quotidiano. Purtroppo, sono davvero molti coloro che ignorano che una cultura è definita anche dalla lingua che si usa e dai termini scelti nel linguaggio. 

 

VIDEO: Alessandra Mancuso, Presidente di G.I.U.Li.A, la rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome, parla alla presentazione a Montecitorio della guida "Donne, grammatica e media – Suggerimenti per l'uso dell'italiano".

 

Per saperne di più:

http://www.direttanews.it/2014/07/11/ministro-ministra-gi-u-li-accademia-crusca-per-grammatica-non-sessista/

http://www.treccani.it/enciclopedia/maschile-e-femminile-nei-nomi-di-professione-prontuario_(Enciclopedia_dell'Italiano)/

 

FiloFilomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY.  Nata e cresciuta in Italia, calabrese, vive  a New York dal 1983. Diplomata alla scuola Magistrale in Italia, dopo aver studiato alla SUNY, si è laureata alla NYU- Steinhardt School of Culture, Education, and Human Development, con un BS e MA in Teaching Foreign Languages & Cultures.  Dal 2003 insegna lingua e cultura italiana nelle scuole pubbliche a tempo pieno e nelle università come Adjunct Professor. È abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento nelle scuole pubbliche delle lingue italiana 1-6 & 7-12, ESL K-12 e spagnola 1-6 & 7-12.

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Filomena Fuduli Sorrentino

Filomena Fuduli Sorrentino

Calabrese e appassionata per l’insegnamento delle lingue, dal 1983 vivo nel Long Island, NY. Laureata alla SUNY con un AAS e in lingue alla NYU con un BS e un MA, sono abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento K-12 in italiano, ESL e spagnolo. Insegno dal 2003 lingua e cultura italiane nelle università come adjunct professor e come docente di ruolo in una scuola media del Newburgh ECSD. Nel mio tempo libero amo scrivere, leggere, cucinare, ascoltare musica, viaggiare, visitare i centri storici (soprattuto italiani) e creare cose nuove. Tra le mie passioni ci sono la moda, il mare e la natura.

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