Filomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY. Nata e cresciuta in Italia, calabrese, vive a NY dal 1983. Diplomata alla scuola Magistrale in Italia, dopo aver studiato alla SUNY, si è laureata alla NYU- Steinhardt School of Culture, Education, and Human Development, con un BS e MA in Teaching Foreign Languages & Cultures. Dal 2003 insegna lingua e cultura italiane nelle scuole pubbliche a tempo pieno e nelle università come Adjunct Professor. È abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento nelle scuole pubbliche delle lingue italiana 1-6 & 7-12, ESL K-12 e spagnola 1-6 & 7-12.
"Le lingue non possono esser semplici, ma conviene che siano miste con l'altre lingue."
– Niccolò Machiavelli
Il mondo conosce Dante come “il padre della lingua italiana” e l’italiano di conseguenza, come “la lingua di Dante.” Ma è proprio merito di Dante? Quali sono state le influenze che hanno agito sull’evoluzione dell’italiano moderno?
L’italiano è una lingua “romanza” che deriva dal latino e si distingue anche come quella più simile al latino, o alla “vera” lingua latina. L'italiano, come le altre lingue romanze, proviene dal latino volgare parlato dal popolo, detto anche volgo. Un dialetto cioè, che è si è diffuso in tutta la penisola, grazie a poeti e scrittori che lo scelsero per scrivere le loro opere.
Il latino fu la lingua dell’impero romano, che durò circa 500 anni. Gli antichi romani obbligavano il popolo a parlare il latino, ogni volta che conquistavano un nuovo territorio. Il latino parlato era diverso dal quello illustre usato dai letterati dell'epoca, il quale fu imposto al “nord” dell’impero e cioè in Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Romania. Gli antichi romani arrivati in Grecia invece, decisero di non introdurre il latino e lasciarono la popolazione greca libera di usare la propria lingua. La Grecia costituiva un centro culturale molto avanzato, grazie alla presenza di grandi filosofi. Gli antichi romani, affascinati dalla loro filosofia e cultura, fecero dei greci i loro maestri. Il latino continuò ad essere la lingua dei letterati fino ai tempi di Dante.
Con il crollo dell’impero romano anche il latino cambia e si formano lingue diverse: il gallo-romanzo, il provenzale, il castigliano, il gallego, il catalano, ect., su queste ci sarebbe naturalmente molto da scrivere e da discutere per cui, quelli che fossero interessati a saperne di più possono consultare il seguente sito internet: http://www.homolaicus.com/letteratura/questione_lingua.htm
In Italia, da una regione altra si parla una lingua diversa, le lingue del popolo. Queste lingue chiamate “dialetti” sono in realtà vere lingue non solo parlate, ma anche scritte. Ognuna di queste ha la sua storia. Quelle del nord d’Italia ad esempio, sono diverse da quelle del sud perchè influenzate dal dominio straniero, che diede origini ai diversi dialetti regionali.
Quando e da dove ha origine l’italiano moderno che oggi si studia a scuola?
Nel XIII secolo (1220 circa), presso la corte di Federico II a Palermo, in Sicilia, si forma una schiera di poeti che scelgono di usare il dialetto siciliano per comporre le loro opere. Federico II era un uomo molto colto, che parlava il tedesco, il francese, che conosceva bene il greco, il latino, l'arabo, il volgare siciliano, e l'ebraico. Per la sua curiosità intellettuale era conosciuto come "Stupor Mundi” (meraviglia del mondo). Alla corte reale di Palermo, dal 1220 al 1250, furono create le prime opere di forma letteraria in una lingua romanza, il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla scuola siciliana, ebbe una notevole influenza sulla letteratura italiana e su quella che sarebbe diventata poi, la moderna lingua italiana. Sia la scuola siciliana che la sua poesia furono salutate con entusiasmo da Dante e dai suoi contemporanei letterati. <De Vulgari Eloquentia ha sviluppato la questione della lingua nazionale ed elaborato un tentativo per risolverla. Il dialetto fiorentino, secondo Dante, era il più semplice e facile da capire in tutta la penisola.
"Non si può trovare una lingua che parli ogni cosa per sé senza aver accattato da altri."-Machiavelli
Dopo la morte di Dante, Boccaccio e Petrarca, ci fu una pausa di opere scritte in volgare. Si torna a scrivere in latino classico, quello usato dagli antichi romani. Ci sono stati molti altri scrittori importanti e si arriva al Rinascimento con Pietro Bembo (1470-1547) e Niccolò Machiavelli (1469-1527). Machiavelli, anche lui politico, sosteneva che il fiorentino fosse l'unica lingua in grado di dare origine a una efficace diffusione linguistica nazionale.
<Dialogo intorno alla nostra lingua (1524 ca.) mostra chiaramente l'esigenza di valorizzare la lingua pre-letteraria e autonoma, "tutta natura", del popolo fiorentino, su cui si fonda il linguaggio letterario-artistico dei dotti. A suo parere la lingua parlata e scritta del popolo italiano dovrebbe essere il fiorentino, a motivo della sua superiorità strutturale e stilistica, già riconosciutagli dalle corti di Milano e Napoli e da tante altre regioni italiane.>> http://www.homolaicus.com/letteratura/questione_lingua.htm