Adriane Stohl, protagonista di “Pericoli di un viaggio nel tempo”, della 84enne scrittrice americana Joyce Carol Oates, ha 17 anni e vive nel 23-SNAR, ossia nel ventitreesimo anno dalla fondazione degli Stati del Nord America Rifondati. Siamo in un futuro imprecisato, in uno Stato sorto dopo i Grandi Attacchi Terroristici che impone ai cittadini una totale adesione alle regole che, sole, possono difendere la Vera Democrazia, assicurata dal rigido controllo della Sicurezza Interna. E’ uno Stato dove la Verità è nei numeri e la vita si basa su algoritmi.
Adriane è una ragazza serena, vive con i genitori e un fratello, a scuola è diligente, studiosa, ma pone domande che la Sicurezza Interna, incaricata di difendere la Vera Democrazia ha il dovere di reprimere. Pensa pensieri inaccettabili, per esempio che esiste il libero arbitrio. La madre le ha detto: “Se lo Stato è senza anima e non vedete traccia del libero arbitrio, fidatevi della vostra anima, non dello Stato”. E Adriane per queste sue ‘difformità’ viene arrestata, sottoposta a un crudele interrogatorio, infine condannata a quattro anni di esilio e rieducazione. Viene così teletrasportata nella Zona 9 che è un anno del secolo XX, il 1959. Dovrà scontare la condanna in un college universitario nel Wisconsin dove avrà un nuovo nome: sarà Mary Ellen Enright. Ogni IE (individuo Esiliato) è costantemente monitorato e la violazione di una qualunque regola darà luogo immediato alla Cancellazione. Adriane si sforza di resistere, diffida di tutti, soffre in modo lacerante perché ha brandelli di ricordi, la sua casa, i genitori, l’altro tempo vissuto, ma Mary Ellen-Adriane per sopravvivere si adatta. Finché incontra Jamie, un artista che vive in una fattoria in mezzo ai campi e con lui potrà essere finalmente felice, vivendo un giorno alla volta, in quella vita che la rassicura e le dà amore e protezione.
Avvincente come un thriller, inquietante, commovente, Pericoli di un viaggio nel tempo (Hazards of time travel) 46esimo romanzo di Joyce Carol Oates cattura e graffia, genera una vertigine. La realtà distopica, il viaggio nel tempo di Adriane-Mary Ellen a mio avviso non appartengono a un romanzo di fantascienza come alcuni critici affermano. Ci sarebbero alcuni elementi per collocarlo nel genere: un futuro prossimo in un mondo formato unendo i vecchi USA, Canada e Messico e si chiama SNAR (Stati del Nord America Rifondati), dove l’avanzamento delle scienze e delle tecnologie informatiche é profondamente innervato nel quotidiano. Ma gli umani che Oates ci racconta sono quelli di sempre, sono madri, padri, figli, fratelli. E’ gente che va a scuola, studia, lavora, soffre, ama, pensa…. tutto questo mondo inquietante e totalitario è davvero un mondo fantascientifico? Non ci richiama forse alla mente, senza scomodare il Fascismo e il Nazionalsocialismo, qualcosa della STASI nella DDR? Dei Gulag e purghe staliniane? di Sophie e Hans Scholl de La Rosa Bianca?
Il futuro prossimo e venturo – questo ci pare il nucleo del romanzo- può essere una riedizione (mutatis mutandis) di tempi andati, finiti solo in apparenza. In realtà sempre pronti a riemergere se ci si distrae. La Democrazia autentica va sempre difesa, con fatica, giorno per giorno, praticando il pensiero, il libero arbitrio, ascoltando la Legge Morale che è dentro di noi. Oates ha sempre scritto storie difficili, dure, dove ogni facciata consolatoria e rispettabile è un’apparenza che cela violenza, abuso del potere, legami oppressivi e fatali. Ma c’è sempre nelle sue storie una allusione al potere salvifico che esiste nel mondo.