Per gli americani, Lisa Sergio è un nome oggi quasi sconosciuto. In un momento in cui si sta indubbiamente risvegliando negli Stati Uniti l’interesse dell’opinione pubblica per i complessi e non sempre chiari rapporti tra l’America di Roosevelt e l’Italia di Mussolini, proprio la storia di quella che fu ”la voce d’oro di Mussolini” meriterebbe invece di essere scoperta.
A farlo in Italia, dopo parecchi anni di minuziose ricerche, è stato Sandro Gerbi, giornalista e storico già conosciuto al largo pubblico per la sua biografia di Indro Montanelli, edita da Einaudi in due volumi, e autore di diversi altri libri storici di successo. Nel suo lavoro intitolato La voce d’oro di Mussolini: storia di Lisa Sergio, la donna che visse tre volte, pubblicato lo scorso autunno da Neri Pozza, Gerbi ha raccontato per la prima volta la vicenda affascinante di una donna complessa, che ha varcato in molti diversi modi quelli che sembravano gli invalicabili confini tra l’Italia fascista e l’America degli anni della guerra e di quelli dell’immediato dopoguerra.
Lisa era nata a Firenze nel 1905, figlia del napoletano Agostino Sergio e di Margherita Fitzgerald, una ricca ereditiera americana la cui famiglia si era trasferita in Italia da Baltimora. Dopo la separazione dei genitori nel 1910, la bimba era stata allevata dai nonni materni nel ricco e variegato ambiente anglo-americano della citta’ toscana e aveva studiato, come spesso avveniva allora, in gran parte privatamente. Perfettamente trilingue in italiano, inglese e francese, Lisa aveva mostrato da subito una mente brillante e un carattere deciso, scriveva bene, e soprattutto parlava bene, con una voce suadente e articolata. Vivace, elegantissima e affascinante, riusciva facilmente a farsi aprire le porte dei circoli mondani piu’ esclusivi. E qualche volta abbelliva la sua realta’, magari inventandosi una inesistente nobilta’ del padre.
La storia professionale della giovane Lisa era cominciata quando non aveva ancora diciotto anni e aveva cominciato a lavorare in inglese per un settimanale fiorentino, ”The Italian Mail”, e poi era passata, in qualita’ di direttrice, al settimanale concorrente, ”The Italian Tribune”, molto vicino al fascismo. Nel 1929, a soli 24 anni, si era trasferita a Roma e il suo sogno di fare una carriera migliore si era concretizzato quando nel 1933 era stata assunta come speaker per il programma radio in lingua inglese dell’Eiar appena creato da Galeazzo Ciano, genero di Mussolini e in quel momento capo del suo Ufficio stampa. Lisa Sergio ha raccontato che a volerla al microfono era stato lo stesso Mussolini, che aveva casualmente incontrato ad una mostra. In realta’, secondo le ricerche di Sandro Gerbi, a raccomandarla per il lavoro era stato il vecchio amico Guglielmo Marconi. Il suo protettore sul lavoro, e anche amante per un breve periodo, era lo stesso Ciano.
”Dai microfoni dell’Eiar, comunque, la ”voce d’oro” non aveva perso tempo a farsi notare. Le sue traduzioni dei discorsi di Mussolini e programmi speciali organizzati d’intesa con la NBC arrivavano in diretta agli italoamericani ancora affascinati dal fascismo, i suoi commenti raccontavano la guerra d’Abissinia come una missione civilizzatrice.
Per la brillante cronista, la svolta brusca era arrivata nella primavera del 1937, quando, per ordine dello stesso Ciano, ormai diventato ministro degli esteri, era stata licenziata su due piedi. Sui motivi del suo brusco allontanamento sono rimasti per anni molti dubbi. Negli anni successivi, la stessa Lisa Sergio lo ha attribuito al suo progressivo allontanamento dal fascismo. Piu’ probabilmente, hanno dimostrato le scrupolose ricerche di Sandro Gerbi, a far perdere alla ”voce d’oro” il suo microfono fu piuttosto la rabbia del genero di Mussolini per le indiscrezioni che si lasciava sfuggire sulla loro passata relazione. E di sicuro, dopo un comodo viaggio sul Conte di Savoia pagato dal devoto Marconi, Lisa aveva trovato il suo primo rifugio nel mondo ultra-fascista che girava attorno al consolato italiano di New York. In tasca pero’ aveva una lettera di raccomandazione indirizzata a David Sarnoff, capo della RCA-NBC, firmata dallo scienziato italiano, che le aveva fatto subito trovare un lavoro come annunciatrice alla NBC.
Con il passare dei mesi, le sue idee erano poi cambiate e quando, nel 1939, era stata assunta come opinionista dalla rispettata stazione radio della WQXR, non aveva perso tempo a diventare di nuovo una potente ”voce d’oro” , questa volta molto critica nei confronti del regime che si era lasciata alle spalle. Perfino il settimanale “Variety” l’avrebbe inserita, unica donna, nella lista dei trenta radiocronisti piu’ rispettati in America. Dal suo microfono, lanciava campagne per raccogliere fondi a favore della Francia occupata, nella vita privata, era diventata amica di Eleanor Roosevelt e della famosa giornalista Dorothy Thompson.
Per una donna irrequieta, pero’, neanche la vita nella nuova patria sarebbe stata facile, a guerra conclusa.
Sospettata di simpatie per il comunismo negli anni bui del maccartismo, era stata licenziata dalla WQXR, e inserita nelle liste nere della FBI.
Neppure quando la buona sorte sembrava finita, comunque, Lisa aveva rinunciato al suo ruolo di protagonista, era diventata conferenziera, viaggiava, tentava di scrivere un’autobiografia mai terminata, e soprattutto si impegnava a sostenere le battaglie per i diritti civili degli afro-americani come consulente per la stampa durante l’organizzazione della storica Marcia su Washington. Una foto la mostra, un po’ invecchiata, accanto a Martin Luther King, a giugno del 1963.
A poco a poco, con il passare degli anni, il successo folgorante della ”voce d’oro” di Mussolini prima e dell’America in guerra contro il nazifascismo dopo aveva cominciato ad appannarsi un poco. Al momento della sua morte, avvenuta a Washington nel 1989, sia il “New York Times” che il “Washington Post” avevano pero’ ritenuto giusto ricordare in un necrologio quella donna che aveva sempre cercato di essere al centro della storia, anche a costo di continuare ad ”abbellire” le molte realta’ diverse della sua vita. Una vicenda personale e storica che ora Sandro Gerbi ha riportato alla luce e che merita di essere studiata.