Marco Buticchi, il maestro italiano dell’avventura, lo ammette: la storia dell’Egitto gli piace. Tanto da averne fatto materia per tre romanzi, L’Ombra di Iside, Il segreto del faraone nero e questo ultimo appena pubblicato, Il serpente e il faraone. Romanzo che però arriva in un momento particolare perché racconta una storia che (seppur romanzata dallo scrittore italiano) affonda le sue radici nella verità.
La storia infatti è quella del ritrovamento nella Valle dei Re della tomba di un re bambino, Tutankhamon, nato il 1341 a.C e vissuto dunque quasi tremila e cinquecento anni fa. Si tratta del figlio di Akhenaton, il faraone eretico. Crescere a corte per il piccolo erede al trono è un continuo districarsi tra insidie e congiure, ma il peggio accade quando suo padre è costretto a scomparire. Nei pochi anni che gli restano, Tut custodirà gelosamente i papiri segreti che narrano il vero destino del faraone Akhenaton e del fratellastro, l’ebreo Mosè. Una verità preziosa, ma scomoda per il giovanissimo sovrano, suo malgrado al centro di spietate manovre e cospirazioni.
Il ritrovamento della sua tomba (che era stata scoperta già prima da alcuni tombaroli, che però non riuscirono a portar via tutti i tesori ma solo pochi oggetti) non solo farà notizia in tutto il mondo ma curiosamente avvenne quasi per caso, o meglio dopo anni di inutili tentativi di scavo un po’ dovunque ad opera di due personaggi molto diversi fra loro: l’egittologo Howard Carter e il suo finanziatore, il conte di Carnarvon. Una coppia che si trova d’improvviso al centro dell’attenzione e, accanto alla curiosità di scoprire i segreti di una civiltà così lontana e misteriosa, viene presa di mira ben presto da invidie, voci malevole e leggende di maledizioni.
In Europa, intanto, nonostante il primo conflitto mondiale sia da poco terminato, sembra si corra incontro a una nuova, terribile guerra. A ravvivare le braci è, in particolare, il crescente antisemitismo, alimentato anche dal servizio segreto zarista, l’Ochrana, che fa redigere un falso documento – i Protocolli dei Savi anziani di Sion – per gettare discredito sulla finanza ebraica. Ma quando le manovre occulte di queste forze eversive sembrano a un punto morto, la scoperta del sepolcro del faraone bambino giunge come una provvidenziale soluzione. Non soltanto per via dei favolosi tesori che contiene, ma anche per i papiri perduti, quei papiri che – a detta dei responsabili della spedizione archeologica, Carnarvon e Carter – «sarebbero stati in grado di stravolgere i fondamenti delle religioni».
Non diciamo altro se non qualcosa sulla maledizione di Tutankhamon, che da cent’anni tiene banco: basti pensare che c’è anche un collegamento tra uno dei due scopritori, il conte, e una famosa villa in Italia. Ma bisogna leggere il romanzo, dice Marco Buticchi quando lo incontro a Milano..
Terzo romanzo dunque sull’Egitto dei faraoni, la cui storia immagino l’appassioni molto
Moltissimo. Per certi versi è stata una delle culle della civiltà mediterranea. Ma questa volta, visto il centenario della scoperta della tomba di Tut, ho voluto inseguire e raccontare anche la storia vera di questa scoperta.
Quanto ha impiegato a scrivere questo libro e a recuperare tutte le fonti possibili?
Sei mesi per lo studio e sei mesi per scriverlo
Si narra che la tomba del faraone, quando fu scoperta all’ultimo colpo di piccone dai due ricercatori dopo mesi di inutili scavi, quando ormai stavano per rinunciare, fosse stata già scoperta. E’ così?
Proprio così, e all’inizio del mio romanzo storico c’è proprio questo antefatto. Solo che chi la scoprì non riuscì a portare via gli oggetti pesanti, ne il sarcofago ne la maschera d’oro ne altro, ma solo oggetti piccoli. Sarebbero dovuti tornare con più persone nei giorni seguenti. Non tornarono più. E’ fu l’inizio della maledizione.
Maledizione che colpì lo stesso lord Carnarvon…
Si, perché lui morì in Egitto, al Cairo, ucciso da una vecchia puntura d’insetto sul viso che si era infettata. Testimonianze riportano che, al momento della morte ci fu un improvviso black out sulla città ed anche il suo cane, a Londra, dopo aver guaito a lungo, si accasciò al suolo. Da quel momento ci furono, in effetti, morti quanto meno sospette, legate a chi partecipò all’apertura della camera tombale. Si ipotizzò ogni sorta di spiegazione, dalle spore di funghi velenosi a muffe portatrici di sostanze tossiche che, alimentate dal caldo e dall’umidità del sottosuolo, avrebbero complicato lo stato di salute degli aventi accesso alla sepoltura. Spiegazioni molto più razionali vogliono invece tutto questo figlio di equivoci e coincidenze, le morti sarebbero avvenute per cause naturali negli anni successivi, anche se, è innegabile, la suggestione attorno a tutto questo rimane intatta dopo quasi 100 anni. Come potrebbe essere altrimenti?
Una maledizione che, si dice, che abbia colpito anche in Italia….
L’8 gennaio 2001 la contessa Francesca Vacca Agusta scompare. Il suo corpo verrà trovato in mare, al largo della Costa Azzurra, il 22 gennaio. Le indagini diranno che sarebbe morta cadendo dalla scogliera della sua villa di Portofino. La villa in questione, guarda caso, è Villa Altachiara a Portofino, proprio quella costruita dal Conte di Carnarvon, su modello della sua villa inglese, Highclere Castle, che per la cronaca è stata usata come set dalle serie tv Downtown Abbey.
Ma continua anche oggi secondo lei questa maledizione, o è solo una leggenda?
Ognuno la pensi come vuole. Qualcosa c’è, se si pensa che da qualche anno Villa Altachiara, teatro della morte della contessa Agusta, era diventata proprietà di un braccio destro di Putin. Ora però è stata “sequestrata” come tante altre in mano ai magnati russi in Italia. A suo modo dunque una maledizione.
Torniamo al romanzo: ci sarà un seguito?
Ci sto pensando. La vicenda dei papiri misteriosi che avrebbero potuto sconvolgere le religioni di tutto il mondo mi intriga sempre più. E poi ci sono in Egitto ancora tanti altri misteri, tombe da scoprire, rivelazioni storiche. Insomma, materia giusta per un altro romanzo storico.