Giornalista e scrittore romano che per molti anni ha vissuto a New York, Luca Ciarrocca è tra i pionieri dell’informazione attraverso la rete: ha fondato nel 1999 il primo sito indipendente di economia e finanza in Italia. È autore di vari libri di geopolitica e macroeconomia e, per la sua attività, gli sono stati assegnati i premi giornalistici Premiolino e Amerigo. Il suo ultimo lavoro è “Terza guerra mondiale”, l’inchiesta più completa sul backstage del potere militare globale e sulla corsa al riarmo nucleare che minaccia la nostra sopravvivenza.
Luca Ciarrocca, Vicenza è una città che convive con una caserma americana. La percezione è che lì i concittadini riconoscano alla caserma una sorta di “sovranità” di extraterritorialità. Ma come stanno le cose? Di chi sono queste basi e chi è che comanda?
“Se parliamo di basi militari, io mi concentrerei su quelle più significative: Ghedi alle porte di Brescia e Aviano, vicino Pordenone. Sono due basi aeree. La prima fa riferimento allo Stato Italiano, la seconda è una base totalmente americana quindi in mano agli Stati Uniti. La questione fondamentale di cui tener conto per queste due basi è che custodiscono le testate nucleari americane. Questo implica una questione geopolitica cruciale che io approfondisco nel libro perché nel caso in cui queste testate dovessero essere utilizzate la domanda è: a chi spetta il comando? In teoria il comando è “a doppia chiave” come si dice in gergo militare, nel senso che possono essere attivate solo con l’assenso congiunto di Stati Uniti (quindi della Nato) e dell’Italia”.
Se ripenso alle discussioni che negli anni ci sono state circa la presenza delle basi americane nel nostro paese mi rendo conto che quando se ne parla le argomentazioni finiscono per scadere in una sterile polemica tra americanisti e antiamericanisti. Come mai secondo lei?
“Io ho scritto questo libro perché credo che la stragrande maggioranza degli italiani non sia consapevole della presenza delle oltre 100 basi americane sul nostro territorio e del fatto che in Italia vivono 12.600 soldati americani. Non credo ci sia grande informazione sulle due basi di Ghedi ed Aviano, sulle testate nucleari che “custodiscono” in nome della politica cosiddetta di “nuclear sharing” che consente agli USA di avere in Europa 100 bombe atomiche di cui 20 ad Aviano e 20 a Ghedi. Non si tratta di essere pro o contro gli Usa, la verità è che si ignora il fatto che tutto ciò è stato possibile in seguito ad un accordo bilaterale top secret ancora oggi (nell’appendice del libro ci sono le foto di alcune pagine di questo accordo) non tra Italia e Nato ma tra Roma e Washington. È essenziale capire che questo accordo ci pone nell’orbita atlantica esercitando una influenza politica, economica, culturale, siamo una pedina molto importante degli Stati Uniti in Europa”.
L’Italia custodisce quindi il 40 per cento dell’arsenale nucleare Nato in Europa. Concretamente è un vantaggio o uno svantaggio?
“Tutto questo aveva un senso nell’Europa post Seconda Guerra Mondiale e durante tutto il periodo della Guerra Fredda quando l’Italia era parte essenziale di questo assetto geo-strategico globale. Ma dopo settantasette anni è ancora necessaria la nostra acquiescenza alla politica estera di Washington (spesso poco conveniente) oppure è il momento di emanciparci e ad avere voce in capitolo perseguendo quelli che sono i nostri interessi molto più vicini all’area del Mediterraneo, quindi alla Libia, al Medio Oriente e paesi limitrofi.? E’ vero che noi siamo grati agli Stati Uniti e lo saremo per sempre perché ci hanno liberati dal fascismo e dal nazismo ma per quanti altri decenni dovremo continuare ad essere loro vassalli?”.

Nel suo libro scrive che “Non ci sono fonti ufficiali sulle conseguenze dirette e concrete derivanti dall’utilizzo di armi nucleari, e cioè quanti morti, feriti e danni provocherebbe l’esplosione di una bomba atomica. In ogni paese l’argomento è praticamente tabù”. Quanta paura dobbiamo avere noi oggi in Italia?
“Moltissima. Dobbiamo capire quali rischi corriamo a causa dei 13.000 missili atomici che sono per il 91% in mano a Stati Uniti e Russia, i due contendenti della guerra in Ucraina. Circa 11.000 di questi missili sono in mano a Mosca e Washington, oltre 5.000 di questi missili sono attivabili in pochi minuti in seguito ad una decisione politica o anche, come è capitato decine di volte, per un errore umano o un errore dell’intelligenza artificiale”.
Lei nel suo libro parla, ricollegandoci a ciò che ha appena detto, anche della possibilità di una “Terza Guerra Mondiale per errore”, racconta dell’episodio del 26 settembre 1983 quando il tenente colonnello Petrov, ufficiale in servizio nella base militare sovietica Serpukhov-15, ricevette il segnale del lancio di un missile statunitense. La sua esperienza gli permise di accorgersi che era un “falso allarme” scongiurando il peggio, quello che mi chiedo io è se oggi nella Russia di Putin ci sono altri Stanislav Evgrafovič Petrov.
“Non lo sappiamo, il fattore umano, rispetto a quello che è il meccanismo terrificante che conosciamo con l’acronimo di MAD, mutual assured destruction, è imprevedibile. Con la guerra in Ucraina è concreta la possibilità che Russia o Stati Uniti possano decidere di utilizzare bombe nucleari tattiche che in sostanza vuol dire a potenza limitata, sul terreno in Europa, quindi nel cortile di casa. Una bomba nucleare tattica è dieci volte più potente di quelle di Hiroshima e Nagasaki e comporterebbe una distruzione apocalittica, immaginate un fungo atomico in Ucraina o in Polonia … Putin ha dichiarato che ha messo in allerta il sistema nucleare e Biden ha risposto che l’America è pronta ad una eventuale Terza Guerra Mondiale”.