Arrivato contemporaneamente nelle librerie di Italia e Francia il 7 gennaio, l’atteso libro di Michel Houellebecq il cui titolo Annientare (743pp La Nave di Teseo) lasciava presagire un’altra di quelle sue spallate al sistema che lo hanno reso lo scrittore più controverso d’Europa, annienta tutti disintegrando suspence e tensione, lasciando il mondo al proprio destino e parlando d’amore.
Lontanissimo dallo spirito de L’estensione del dominio e della lotta, ma anche dallo stile violento e provocatorio de Le particelle elementari approdate poi in pillole di Serotonina, quest’ultimo libro appare più come il risultato, la sostanza ultima della sua opera più celebre: Sottomissione. È la sottomissione, scriveva, l’idea sconvolgente e semplice, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione assoluta. Ed è proprio in Annientare, infatti, che le persone si sottomettono al proprio destino, ma anche all’amore e alla Storia che va nella direzione indicata da regie occulte contro le quali nessuno può nulla.
Persino dei leader autoritari e determinati come il generale De Gaulle, afferma, si erano dimostrati impotenti, incapaci di opporsi al verso della Storia, e l’intera Europa era diventata una provincia lontana, invecchiata, deprimente e leggermente ridicola degli Stati Uniti D’America.
In una Parigi, in una Francia, in una società, in un mondo post-democratico vive e opera Paul Raison, figlio di un ex agente dei servizi segreti e consigliere personale di Bruno Juge, politico navigato e ministro dell’economia che si avvia alle elezioni presidenziali del 2027. Entrambi hanno vite sentimentali arenate in matrimoni finiti, sbagliati, quello di Bruno in particolare, caratterizzati da un ‘educata coabitazione in regime di muta separazione di fatto, ma non sociale. Il lavoro sembra essere la loro unica ragione di vita nonostante siano due uomini giovani, “vecchi” solo quando si considera, come scrive Houellebecq, che gli anni che gli restano da vivere sono meno di quelli che già hanno vissuto. Vivono il disincanto di una politica dove la politica stessa non conta più nulla e dove la stampa pur avendo perso tutti i suoi lettori, aveva acquistato molto più potere di nuocere, poteva letteralmente stroncare delle vite e non esitava a farlo, soprattutto in periodo elettorale, passare per una procedura legale era diventato persino inutile, un semplice sospetto era sufficiente a distruggerti.
Un tempo in cui la parola dignità non aveva più alcun valore, alcun significato, e dove per questa ragione personaggi come Bruno e Paul sono e appaiono del tutto fuori contesto seppur perfettamente integrati. La loro intelligenza, la loro cultura, la loro integrità, le loro posizioni di rilievo rimangono irrilevanti nel peso della storia, poiché in quello che è il loro contesto storico, che poi è il nostro medesimo contesto, a vincere o per l’esattezza ad essere portati alla vittoria sono i vuoti a perdere, i pupazzi sorridenti e furbi.
Uomini ridanciani e viscidi che non hanno nemmeno la relativa innocenza della scimmia, guidati dalla missione infernale di rosicchiare e corrodere ogni legame, di Annientare ogni cosa necessaria e umana. Uomini che non sanno la storia che fanno scrive citando Aron, in cui la sola cosa evidente è lo squilibrio fra le loro intenzioni politiche e le conseguenze reali del loro operato. Houellebecq lasciando tutto questo solo sullo sfondo e quindi sembrando ai più meno Houellebecq, meno incisivo, meno duro, meno polemico, meno antisistema, in realtà si conferma Houellebecq cambiando solamente i toni, abbassandoli in quella che sembra una cupa rassegnazione al destino, alle cose che vanno sempre e solo come devono andare. La forza, la vigoria della gioventù, seppur sfumate rimangono qui accese solo in lontananza, come quando simpatizzando con i terroristi che minacciano il sistema informatico e non, scrive: la cosa peggiore era che se l’obiettivo dei terroristi era quello di annientare il mondo come lui lo conosceva, di annientare il mondo moderno, non poteva dargli affatto torto. Con la sua apparente sottomissione sembra in realtà confessare quella presa di coscienza secondo la quale qualsiasi cosa egli possa ancora scrivere non cambierà non solo lo stato delle cose, la storia, il senso, ma soprattutto non cambierà nemmeno nessuna coscienza. E questo è sufficiente ormai a fargli abbandonare forse definitivamente la lotta.
In Annientare non ci sono profezie perché tutto quello che Houellebecq ha scritto e previsto è già in atto, e non è ancora escluso quel cambiamento sociale della società francese descritto in Sottomissione, quel cambiamento che ne prevede appunto il totale annientamento. Quello che ci rimane, la speranza che filtra dalle parole dello scrittore ormai arreso, il desiderio che questo possa diventare profezia, è il ritorno all’amore in tutte le sue declinazioni. La famiglia e la vita coniugale, scrive Houellebecq, erano i due poli residui attorno ai quali si organizzava l’esistenza degli ultimi uomini occidentali. Attraverso la vita coniugale e la storia familiare di Paul, lo scrittore, per la prima volta, tralasciando quasi completamente il sesso, ci descrive il sentimento amoroso. L’appartenenza a chi amiamo, quella di Paul alla moglie Prudence, che scopre dopo anni di indifferenza reciproca, non essersi in realtà mai allontanata da lui, è il motore portante di tutte le pagine.
A che serviva, si chiede lo scrittore, installare il 5G se non si riusciva semplicemente più a entrare in contatto, e a compiere i gesti essenziali, quelli che permettono alla specie umana, di riprodursi, quelli che ci permettono anche a volte di essere felici? La famiglia di Paul, il padre vedovo che ritrova l’amore a 65 anni, la sorella Cecile, fervente cattolica, con un matrimonio felice, lo sfortunato fratello minore Aureline che prima di morire conosce anche lui quel sentimento tanto forte ma non abbastanza da superare quello per la madre perduta, rimane un’eccezione, un’isola felice, un ritorno al passato, ai valori tradizionali in un mondo virtuale dedito al nichilismo.
Svalutare il passato e il presente a beneficio del futuro, scrive Houellebecq, svalutare il reale per preferirgli una virtualità situata in un vago avvenire, questi sono sintomi del nichilismo europeo ben più decisivi di tutti quelli che ha potuto scorgere Nietzsche. Houllebecq, in un romanzo che rimane comunque prima di tutto politico, parla d’amore ma senza tralasciare i temi caldi del presente che sempre hanno accompagnato i suoi scritti. Mentre analizza le dinamiche di coppia ribadisce e descrive quelle sociali: il silenzio degli intellettuali umanisti di fronte alla volgare ipocrisia della sinistra morale, la sostituzione etnica e culturale attraverso il criminale progetto immigrazionista, l’annientamento dell’intelligenza e della capacità di pensiero affidata al nulla degli influencer.
Paul e Prudence non trovavano posto in una realtà che si erano trovati ad attraversare con incomprensione spaurita e avevano finito per dare ragione al mondo. Le pagine sull’amore annientano qui tutto il resto. Le amare considerazioni sulla solitudine, sulla vita, sul dolore, sui rapporti tra le persone che seguono per tutta la vita lo stesso schema prestabilito senza mai cambiare molto, sul destino, sulla vecchiaia, la malattia, la morte, sono più forti di tutto pur non dicendo nulla che non sia già stato detto. Invecchiare da soli, già non è piacevole, scrive, ma morire da soli è peggio di qualsiasi altra cosa. La paura del nulla, dell’eternità del non esserci più, la non accettazione dell’impermanenza, della caducità di tutte le cose, il pensiero che in fondo non ci sia nulla da capire e che forse basti solo lasciarsi guidare, ci mostra un Houllebacq diverso, più fragile, più umano, e peggio ce lo fa sembrare con rammarico quasi finito, esaurito. Sì,
Annientare ci appare come una fine, la fine di uno scrittore potente che ha già detto tutto e che adesso, proprio come Paul, cerca Dio. Tutta la vita, scrive Houllebecq, e più o meno un fine vita, e come diceva Pascal con la sua solita brutalità: l’ultimo atto è sempre cruento, per quanto bella sia stata la commedia in tutto il resto, alla fine ci gettano un po’ di terra sulla testa ed è finita per sempre.