Interrogandosi su cosa sia e costituisca la fotografia, Leonardo Sciascia sostiene che si tratta di una “verità che contraddice altre verità di altri momenti”. Fotografo dilettante, Sciascia, nel senso letterale: del “diletto” che occuparsi di qualcosa che piace procura; non nel senso comune. Ben lo dimostra una mostra con giovanili istantanee allestita nella sede della Fondazione Sciascia a Racalmuto: occhio arguto e riflesso pronto a cogliere istanti di “verità”.
Amico ed estimatori di grandi fotografi che si sono affermati in Italia e nel mondo (Lisetta Cami, Giuseppe Leone, Ferdinando Scianna, Enzo Sellerio…), Sciascia più a lungo si dilunga nella nota introduttiva al volume “Gli scrittori e la fotografia”, curato da Diego Mormorio:
“Per abolirlo o per fermarlo, per abolirlo fermandolo, la fotografia si può dunque dire una guerra contro il tempo, non illustre, umile e quotidiana piuttosto, ma appunto nel suo essere umile, nel suo essere quotidiana, nel suo essere oggi ovunque in agguato e invadente, in un certo senso violenta, raggiunge e sorpassa – anche nei suoi risultati più grezzi, più brutali o banali – le altre forme già illustri, di guerra contro il tempo: la storia, il romanzo. Contemporaneamente, la macchina fotografica, con la sua possibilità di fissare ogni attivo del divenire, forniva al nascente positivismo il più grande archivio di fatti, creando il mito della verità fotografica…”.
Ancora: in “La camera chiara. Nota sulla fotografia” di Roland Barthes: “Nel ritratto fotografico si realizza un’attendibilità che non pone o allontana il problema della somiglianza fisica e però restituisce il senso di quella vita, di quella storia, di quell’opera compiutamente, in entelechia”.
Con questo spirito, “armato” da queste “raccomandazioni” si può sfogliare il raffinato libro di Roger A. Deakins Byways, pubblicato in tutto il mondo dalla casa editrice bolognese Damiani. Byways è la prima monografia dedicata all’arte fotografica di Deakins, leggendario direttore della fotografia e premio Oscar, noto per le collaborazioni con i fratelli Joel e Ethan Coen, Sam Mendes e Denis Villeneuve. Una raccolta di fotografie in bianco e nero realizzate dal 1972 ad oggi, quasi tutte inedite.
La prima sezione del volume è costituita da fotografie scattate nelle zone rurali del North Devon, il sud-ovest dell’Inghilterra: l’omaggio a un mondo contadino fatto di fiere del bestiame, natura, tradizioni. Immagini che rivelano la sensibilità e l’ironia di Deakins; ma documentano anche un’Inghilterra ormai scomparsa, quella del dopoguerra. La seconda serie di ha per tema il mare, uno dei grandi amori di Deakins; infine una selezioni di paesaggi dei tanti paesi visitati.
Sfogli le pagine di questo libro e capisci perché quella particolare luce, quelle originali angolazioni, quelle immagini hanno intrigato i Coen e Mendes. Capisci perché due Oscar: per “Blade Runner 2049”, di Denis Villeneuve, e per “1917” di Mendes; capisci le quindici nomination all’Oscar; capisci perché nel suo carnet ci sono oltre un’ottantina di film.
Byways da questo punto di vista è una preziosa stella polare. Le indiscrezioni riferiscono che l’editore Damiani ha fatto un ottimo affare accaparrandosi i diritti mondiali dell’opera, pare che sia stata già prenotata da mezza Hollywood: tutti sono curiosi di conoscere l’opera vedere. Immagini, confessa Deakins, che considera lo specchio di quello che avrebbe potuto (e voluto?) vivere, se non avesse fatto quello che ha fatto pittore e fotografo. Invece il fatale incontro con il cinema (“Ma ho fotografato tutta la vita. Quando non lavoro per un film, mi metto a scattare”).
Un’ “antologia” fatta di micro-momenti che “descrivono” momenti e luoghi: incontri fortuiti, non “costruiti”; e che proprio per questo sono espressione di vita vissuta. Deakins definisce i suoi scatti “dinamici ed evocativi”: rimandano al senso del tempo. Nel 1969 coglie, sulla spiaggia di Bournemouth, nel Dorset, una donna in lontananza; in primo piano delle sedie sdraio una sopra l’altra: evoca il tempo che scorre, e la solitudine di cui si può essere preda. Racconta che occorre saper scegliere il momento preciso in cui “scattare”. Un “attimo” non molto diverso da quanto avviene sulla scena di un film: “Devi saper scegliere quello esatto”. Confida che una delle sue foto preferite è quella che ritrae una signora attempata alla fermata di un autobus un giorno di pioggia: la donna fissa una ragazza di una pubblicità che prende il sole in bikini in chissà quale spiaggia tropicale: “Una foto perfetta: sappiamo esattamente cosa passa nella testa della donna con gli anni, cosa rimpiange”.
Per una scelta precisa, predilige il bianco e nero: è infatti convinto che in questo modo si possa cogliere meglio quella che definisce “l’azione della luce”. Il colore, invece, sarebbe distraente. Inevitabile nel cinema; ma quando si tratta di fotografie, preferisce non farvi ricorso.
Quanto al titolo, Byways, perché Deakins ama andarsene a spasso là dove lo porta il caso e i piedi, senza meta precisa, per strade e itinerari secondari e poco conosciuti. Appunto Byways.