
La sua è una di quelle storie che difficilmente restano confinate tra le montagne, dove pure è nata e si è cementata, trasformandosi in una concreta e virtuosa realtà laddove, fino a qualche tempo prima, neanche l’immaginazione più creativa avrebbe potuto concepire un’idea simile. Paolo Fiorucci nasce e vive a Chieti in Abruzzo, dove si laurea in Lettere e, già dai tempi dell’università, inizia a frequentare il mondo della parola. Comincia ben presto a scrivere canzoni, che culminano nella pubblicazione di un interessante EP intitolato “Sei personaggi in cerca di cuore” e collabora con artisti come Max Manfredi, più volte Targa Tenco, e Massimo Germini, storico chitarrista di Roberto Vecchioni. La musica e la scrittura occupano il suo tempo, ma per vivere Paolo svolge i lavori più disparati e disperati: operaio tessile, commesso in un negozio di ottica, impiegato nel settore calzature, Babbo Natale nei centri commerciali, insegnante di scrittura creativa, sassofonista in una orchestra di liscio.
L’arte in Italia (solo in Italia?), complice anche la precarietà dilagante negli ultimi anni, fa da sempre fatica a concedere una indipendenza economica dignitosa a chi la esercita, per questo, il più delle volte, non si può fare a meno di accostarvi altre occupazioni, spesso completamente lontane da essa. L’ennesimo impiego di Paolo, dopo la lunga carrellata delle esperienze lavorative, è quello di portiere di notte in un hotel di un paesino abruzzese. “Quando ho cominciato il lavoro in hotel – racconta Paolo- sapevo che quella del portiere di notte sarebbe stata una parentesi più o meno lunga, ma pur sempre una parentesi, una pausa di riflessione a luce bassa per pianificare il mio futuro. Mentre ero portiere in realtà facevo già il libraio: mi capitava infatti di cercare, trovare e vendere online prime edizioni e fuori catalogo e avevo persino una pagina Facebook, sulla quale parlavo di letteratura e collezionismo, “La Bottega di Parole”, che nella descrizione recitava così: “Libreria immaginaria, ma reale”. Il cambiamento è avvenuto con la chiusura dell’hotel, quando è arrivato il momento di decidere quale nuova giacca indossare. Allora mi sono chiesto per la prima volta: Perché no?”.
Da portiere di un hotel a libraio, e libraio non in una cittadina, né in un locale disponibile all’interno di un centro commerciale, ma libraio a Popoli, il paese di poco meno di 5000 abitanti in provincia di Pescara dove aveva lavorato come portiere notturno in un albergo. Una scelta sicuramente insolita, da molti considerata addirittura visionaria, “Uno aggettivi che più mi hanno accostato dall’apertura nel 2018, della libreria Il libraio di notte, è stato visionario appunto – spiega Paolo – ma in realtà, ho sempre pensato al visionario come a uno che anticipa il domani, strettamente connesso col futuro e con tutto quello che verrà, una sorta di profeta. Le mie innovazioni invece sono state sempre recuperi dal passato, materiali (se penso a libri fuori catalogo e cartoline d’epoca) e spirituali (per quanto riguarda un certo modo di intendere la libreria come bottega e punto d’incontro). Tutte cose che avevamo e che abbiamo perduto, o voluto perdere. Abbiamo però ancora il potere e la facoltà di scegliere fra un mondo esclusivamente di corrieri e capannoni a ritmi frenetici che garantiscono la consegna in un giorno, e un altro dove la gente esce di casa, passeggia e si incontra nei luoghi dove la vita va ancora di moda. A noi la mossa”.
Per un piccolo paese come Popoli, e anche per gli abitanti dei borghi limitrofi, ancora più piccoli, la libreria di Paolo non è soltanto un posto dove andare ad acquistare un libro da leggere o da regalare, ma rappresenta una specie di zona franca.
“La libreria- racconta Paolo – è un punto d’incontro e di aggregazione, ma anche una meta turistica e inoltre è diventata un simbolo di resistenza alla chiusura di tante attività nei paesi dell’entroterra abruzzese. Su quest’ultimo punto non c’era nulla di programmatico, a dirla tutta mi sarei accontentato di esistere, ma mi è toccato resistere come tanti altri titolari di bottega in questa terra bellissima e difficile che è l’Abruzzo interno”.
Grazie ai social e al pubblico numeroso che si è raccolto intorno a questa piccola grande libreria, cresce il numero di autori che vorrebbero presentare il proprio libro da Paolo. “Gli eventi che organizzo – spiega Paolo- riguardano libri che mi hanno colpito particolarmente, non accetto proposte di presentazione, voglio che siano la storia o i versi di una pubblicazione a portarmi a contattare un determinato autore. Devono essere talmente incisivi, per il mio gusto, che non è depositario di nulla di assoluto, s’intende , da farmi pensare che valga la pena chiudere il negozio per un giorno, cercare un luogo adatto, la mia libreria, che misura dieci metri quadrati, non può ospitare più di cinque persone, pubblicizzare al massimo l’evento, parlarne a un volume talmente alto da arrivare il più lontano possibile. E per fare tutto ciò un libro deve piacermi davvero tanto. Ovviamente questa politica ti porta a dire tanti no e a pagarne le conseguenze”.
Tutte piccole rivoluzioni, quelle di Paolo, che sembrano un nonnulla se osservate nel caos del sensazionalismo e dell’iperconnessione contemporanea, ma che al contrario contribuiscono ad una riflessione sulla cultura, sulla sua fruibilità effettiva e sul coinvolgimento reale e inclusivo delle persone . Tra un libro e l’altro, Paolo non ha certo lasciato da parte il suo più antico legame con la parola, quello che da sempre lo ha spinto a creare e ad esprimersi attraverso essa. L’esperienza di Paolo Fiorucci come libraio. cammina insieme a quella di poeta/cantautore, talvolta forse le due vite si completano, altre volte vanno in contrasto e probabilmente, l’esperienza di libraio si sta trasformando in ispirazione ma anche in occasione di riflessione e crescita artistica.
“Tendo a tenere le due esperienze separate – dice ancora Paolo – , per quanto possibile. In Italia se ti impegni su più fronti c’è sempre qualcuno che tende a criticarti, soprattutto se c’è una minima risposta di pubblico nei confronti delle tue attività. A livello di ispirazione invece le due vite si completano, la sedia di un bancone da libraio è un osservatorio privilegiato sull’umanità che mi interessa, che poi è anche quella di cui scrivo”. È in questi mesi infatti che è nata la sua raccolta, intitolata “21 poesie invece di chiederti come stai”, edita dal piccolo e virtuoso editore Riccardo Condò, nel dicembre 2019. Per la diffusione del libro, Paolo ha optato per una collaborazione diretta tra casa editrice e libreria (che in questo caso coincide anche con lo scrittore), privilegiando una distribuzione indipendente lontana dalle attuali logiche di standardizzazione del prodotto librario, e volutamente lontanissima dal pianeta Amazon.

“21 poesie invece di chiederti come stai – conclude Paolo – non è solo un libro ma è anche un reading concerto che sto portando in giro assieme al chitarrista fingerstyle Domenico Gialloreto, in quello che ho definito “Minimo Tour”, perché privilegia i piccolissimi centri e perché sulla scena ci sono soltanto la voce, una chitarra e ventuno poesie. Il “Minimo Tour” mi sta facendo capire che la ripresa dei piccoli centri spopolati passa anche e soprattutto attraverso gli eventi culturali, che devono assolutamente fare tappa da quelle parti, dove la parola “evento” riprende la sua accezione originaria. Nei paesi che incontro l’evento è un qualcosa che accade raramente, e che per questo suscita l’accoglienza che hanno i giorni di festa mentre lo stupore disegna sorrisi antichi che credevamo smarriti per sempre. In tutti questi anni, ho continuato a scrivere versi, quindi credo che si arriverà a una seconda pubblicazione di poesie entro l’anno prossimo. Canzoni non ne scrivo più da anni, bisogna pensare in canzone per farlo, e io ho smesso da tempo. Il mio percorso artistico è stato un lavoro a togliere, adesso sono rimaste soltanto le parole, e mi bastano”.
–