Se Pinocchio è – come lo è – il personaggio della letteratura italiana più noto al mondo, egli merita senza riserve la popolarità di cui ha goduto e continua a godere. Sarà infatti Tom Hanks ad indossare gli stracci del povero Geppetto nel remake finanziato da HBO, mentre poco si conosce del medesimo progetto concepito da Netflix e affidato a Guillermo del Toro.
Era il 1883 quando, a puntate, Collodi pubblicò i capitoli del suo capolavoro che, ancora oggi, mette in crisi gli scrittori chiamati a rendere digestibili ai più piccoli le scene più truculente del libro. Quella di Pinocchio, infatti, non era affatto considerata una favola per bambini. Da allora si sono succedute la riduzione televisiva animata firmata Disney (1940), il musical prodotto dalla NBC (1968) e la versione televisiva statunitense (1968). E ancora, le versioni italiane del regista Giuliano Comencini con Nino Manfredi (1972), quella di Giuliano Cenci con Renato Rascel (1972). Infine, le fallimentari co-produzioni “The Adventures of Pinocchio” (1996, 25 milioni di costo, 15 d’incassi), quella di Benigni (2002), il musical americano per la Tv (2000) dal titolo “Geppetto”.
Ma Pinocchio è ancora e sarà sempre un personaggio universale, com’è stato evidente alla presentazione del libro “Tre Sguardi su Pinocchio” (Robin Edizioni), raccolta dei tre testi teatrali andati in scena nel marzo del 2018 a New York grazie agli uffici di Italytime. Le firme sono quelle della scrittrice Dacia Maraini (La Fata Turchina), della docente universitaria Silvia Calamai (Il Gatto e la Volpe) e del giornalista Paolo Tartamella (Pinocchio nel Paese dei Balocchi).
Il libro è stato presentato il 19 febbraio alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma ad un folto pubblico di studenti e docenti, e ha dato modo proprio a Maraini di ripercorrere un periodo buio, ma seminale, della sua vita: “Nel campo di concentramento in Giappone dove sono stata da bambina, i libri non c’erano e per questo i miei genitori erano diventati persone-libro; li avevano cioè dovuti imparare a memoria. Mio padre mi parlava di Platone e Aristotele, mia madre mi raccontava le fiabe come Pinocchio, personaggio al quale mi sono affezionata perché mi sembrava pieno di significati a partire dall’immagine del naso che cresce dicendo bugie”.
Maraini affonda i ricordi fanciulleschi in uno dei luoghi comuni planetari, quello di un Pinocchio bugiardo, che contravviene la realtà letteraria. In effetti, nel corso delle sue fantasmagoriche avventure, Pinocchio mente una sola volta (alla Fata Turchina), che lo punisce con l’immediata crescita del naso (subito accorciato dai picchi). In verità, Pinocchio è un burattino molto sincero. “Ma l’idea che qualcosa nel nostro corpo si modifichi quando raccontiamo una bugia è straordinaria – prosegue Maraini – la menzogna cambia il nostro rapporto con la realtà. Ma mi piaceva soprattutto vedere questa favola dalla parte di Geppetto, un vecchio falegname senza lavoro, in una zona poverissima dell’Italia; fabbrica bare, è brutto, porta un parrucchino per il freddo e vuole un figlio. Credo che questa idea sia una delle ragioni del successo del libro: nelle società occidentali il desiderio maschile di un figlio è stato censurato, cancellato come se fosse una vergogna e demandato al corpo della donna. Geppetto desidera talmente tanto un figlio da decidere di costruirselo, e il suo amore per lui sarà così forte da riuscire alla fine a compiere il miracolo di trasformarlo in un bambino in carne e ossa”.
Il testo stampato è il naturale seguito dell’iniziativa di Vittorio Capotorto (direttore artistico di Italytime) che nella primavera del 2017 chiese a Dacia Maraini di scrivere la versione teatrale di un capitolo del libro di Collodi, e di assegnare il medesimo compito ad altri due autori, per la creazione di uno spettacolo. Maraini tenne per sè la figura della Fatina, e assegnò agli altri autori due dei più salienti episodi del libro. Secondo la scrittrice – una delle voci storiche del femminismo italiano – Pinocchio è un racconto di dominazione maschile “che non contiene una condanna delle donne. Spesso i libri che esaltano la paternità demonizzano la maternità, qui invece non succede: l’unica figura femminile è la fata Turchina, che è morta. Non c’è nessuna volontà di castigare la madre, è come se fosse assente, ma è un’assenza benigna. Collodi non è mai misogino, vede la donna come qualcosa di sognato ed esterno, che aiuta Pinocchio quando ne avrà bisogno, ma lo fa da morta perché il centro di questo libro è il desiderio di paternità”.
Maraini ha con Italytime un rapporto privilegiato dal 2014 e negli ultimi tre anni, in coincidenza con i sui viaggi statunitensi a marzo, dedica un testo (anche inedito) alla messa in scena. E Pinocchio ha avuto anche una vita letteraria. “Questa favola – afferma a corollario Vittorio Capotorto, regista del testo messo in scena in inglese a New York – ci insegna tanto riguardo al rapporto bambini-adulti, che vede questi ultimi abusare dell’innocenza dei primi. Perché Pinocchio è sia di legno che di carne umana. Perché le stelle da cui proviene la fata brillano di una luce particolare ed inesauribile, che può illuminare, per ognuno di noi, una strada fatta di amore e solidarietà”.
“Tre Sguardi su Pinocchio”, in tutte le librerie italiane, è acquistabile sui siti di Amazon e Barnes & Noble.