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March 9, 2018
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March 9, 2018
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“Se questo è un uomo” di Primo Levi, per capire le catene dei lager di oggi

Torna la rubrica-video di Giorgio Van Straten con il grande romanzo di Primo Levi, focalizzato sulla memoria sì, ma anche su ciò che non deve ripetersi più

Giorgio Van StratenbyGiorgio Van Straten
Time: 2 mins read

Torna la rubrica video di letteratura italiana “Il Novecento racconta il Novecento” del direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York Giorgio Van Straten, che questa volta affronta uno dei libri più importanti per poter affrontare anche il futuro:

“Sarebbe stato complicato o probabilmente impossibile, fare questo ciclo sui libri della letteratura del ‘900 che racconta il ‘900 senza parlare di Se questo è un uomo di Primo Levi. Chiunque pensi a questo libro pensa alla tragedia della deportazione degli ebrei e della loro uccisione in massa nei campi di sterminio nazisti. Eppure bisogna sapere che anche Se questo uomo non è diventato immediatamente il libro che è. Perché, quando Primo Levi lo scrisse immediatamente dopo essere tornato dai campi di sterminio, in realtà questo libro ebbe problemi di pubblicazione. Venne rifiutato in un primo momento da Einaudi, e solo dalla metà degli anni Cinquanta che questo libro iniziò a divenire quello che era.

Da cosa nasce Se questo è uomo? Ovviamente dalla volontà di ricordare, c’è il famoso passaggio di questa poesia all’inizio che come un’epigrafe scolpita nelle pagine di questo libro, Primo Levi dice: “Vi comando queste parole scolpitele nel vostro cuore”. Ma non è solo questione di “memoria”. Perché a Primo Levi il ricordo interessa, ma interessa di più un ragionamento su quel ricordo: nella prefazione che lui mette al libro c’è una prima affermazione molto importante, quando dice che questo libro potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano. Quindi forse a Primo Levi, che è anche, non dimentichiamolo, un chimico uno scienziato, interessa proprio l’esame distaccato di cosa una simile esperienza abbia comportato per i carnefici e per le vittime e fra le vittime. Fra coloro che sono stati sommersi e coloro che si sono salvati: non a caso Se questo uomo è il primo libro di Primo Levi e ha un capitolo che si chiama appunto “i sommersi e salvati”. Questo elemento quindi non rimanda solo alla memoria ma rimanda anche al presente e al futuro, perché in qualche modo da quei fatti, da ciò che è successo dentro quei campi, c’è il segno di qualcosa che è più profondamente radicato nell’animo umano.

Anche i nostri a loro modo sono momenti complicati e a me piace chiudere questo video leggendo un pezzo di questa prefazione, che credo ci potrebbe colpire oggi con maggiore forza ancora di quando sono state scritte da Primo Levi. “A molti individui o popoli può accadere di ritenere più o meno consapevolmente che ogni straniero è nemico. Perlopiù questa convinzione giace in fondo agli animi come un’infezione latente, si manifesta solo in atti saltuari e in-coordinati e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora al termine della catena sta il lager”. Forse oggi, avviene quando pensiamo alla presenza dei migranti degli stranieri dei rifugiati nei nostri paesi. Forse queste frasi di Primo Levi dovrebbero attirare con forza, con vigore, la nostra attenzione per capire gli affanni del mondo di oggi”.

 

Nel video i sottotitoli in inglese sono stati tradotti da Enza Ante

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Giorgio Van Straten

Giorgio Van Straten

Lo scrittore fiorentino Giorgio Van Straten, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, sceglie 10 Opere italiane per intraprendere un affascinante viaggio letterario. Chi può raccontare il Novecento meglio degli autori che lo hanno vissuto e scritto? Non sarà il Novecento degli storici, ma il secolo delle storie e delle emozioni, il Novecento dei letterati, della poesia e dei romanzi. Quello destinato a restare per sempre, nelle pagine e nella memoria. Dalla biblioteca dell'Istituto italiano di cultura a New York, Van Straten ci guida su queste pagine con brevi video racconti, perché ogni puntata di questa rubrica sia solo l'inizio del fantastico viaggio dei lettori. Uno dei direttori di “Nuovi Argomenti”, Giorgio van Straten è autore dei romanzi "Generazione" (Garzanti 1987), "Ritmi per il nostro ballo" (Marsilio 1992), "Il mio nome a memoria" (Mondadori 2000, Premio Viareggio), "La verità non serve a niente" (Mondadori 2008), "Storia d’amore in tempo di guerra" (Mondadori 2014) e delle raccolte "Hai sbagliato foresta" (Garzanti 1989) e "L’impegno spaesato" (Editori Riuniti 2002). Il suo ultimo libro è "Storie di libri perduti" (2017). Ha tradotto dall’inglese autori come Kipling, London e Stevenson e ha curato, da solo o con altri, "Ebraismo e antiebraismo: immagine e pregiudizio" (Giuntina 1989), "Autobiografia di un giornale" (Editori Riuniti 1989), "La ghisa delle cure e altri scritti di Romano Bilenchi" (Cadmo 1997) e "Juve! Undici scrittori raccontano una grande passione" (Rizzoli 2013).

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