Tu sei uno scrittore affermato con una dozzina di romanzi d’avventure alle spalle, hai venduto quasi 2 milioni di copie, sei paragonato ai maestri dell’avventura come Wilbur Smith e Clive Cussler, ma in realtà molti non sanno una cosa di te.
“Non sanno che faccio il bagnino. Io vivo di mare e sul mare, a Lerici, in Liguria, e fare il bagnino è il mio lavoro, quello che mi impegna di più, in quei sei, sette mesi di stagione balneare, di apertura al pubblico. Poi, nel resto dell’anno, ho tutto il tempo per pensare e per scrivere. Ma anche questo poi, in fondo, è vero solo in parte, perché anche mentre sto fra sdraio e ombrelloni, fra sabbia e mare, appena ho un mezzo schiribizzo, una qualche idea, mi infilo nel primo buco all’ombra e mi metto a scrivere. Quindi sono un ufficialmente un bagnino-scrittore”.

Quando tu dici che fai il bagnino, che succede?
“Pensano che sia un vezzo. Mi guardano, sorridono e dicono “E sì, come no, dai, figurati, ma per favore”. Ma no, dico subito, succede davvero, è il mio vero lavoro. Un industriale magari che fa acciai osserva la sua produzione, e io osservo quella che è la mia azienda, cioè il mio lido sul mare. Il mio “Piccolo Lido”, perché così si chiama. Io devo osservare la gente che fa il bagno e controllare che tutti stiano bene, e siano contenti. E poi su questa attività ho scritto pure un libro anni fa, che si intitolava Scusi, bagnino, l’ombrellone non funziona! Racconto quel che ho sentito in tanti anni di lavoro in spiaggia”.

Ok, sei un bagnino, stai sulla postazione del salvataggio o sul “pattino, scruti il mare ma… hai mai salvato qualcuno in difficoltà in acqua?
“Per fortuna davanti alla mia spiaggia l’acqua digrada a poco a poco. Quindi non ci sono grandi problemi, fino a cento metri dalla riva. Ma ti dirò onestamente che un paio di interventi d’emergenza li ho fatti. A parte poi comunque tutte le piccolo emergenze quotidiane. Quelle di un bagnino qualsiasi”.

Veniamo ai libri. Da un po’ è uscito un tuo nuovo romanzo, sempre per Longanesi, già alla terza ristampa. Di cosa tratti stavolta?
“Si intitola La Luce dell’Impero e il filo rosso che nel racconto lega il passato al presente sono due diamanti. Anzi i due diamanti più grossi che vengono acquistati in Brasile da Massimiliano d’Asburgo Lorena, si chiamano Maximilian I e II, e vengono portati in Messico. Ma di questi diamanti ad un certo punto si perdono le tracce. Dove sono finiti? Cosa c’entrano I cartelli della droga? Lo scopri leggendo…”.
Tu inventi storie incredibili, con personaggi storici e di fantasia, colpi di scena e tranelli, tradimenti e fughe, e questo è ciò che ti chiede il tuo pubblico?
“Io sinceramente non conosco il mio pubblico, ma conosco benissimo me stesso. Io quando scrivo un romanzo non so mai dove andrò a finire. E soprattutto mi voglio divertire io, perché se non mi diverto io come posso pensare di divertire chi legge i miei libri, che sono centinaia di migliaia? I miei romanzi nascono in genere da una folgorazione, magari verso un oggetto normale o una storia qualsiasi, che però mi intriga e mi spinge ad approfondire. E approfondendo se ne scoprono sempre delle belle!”

L’anno scorso è uscito però Casa di Mare. Un libro dove tu fai i conti con il tuo passato, con la figura di tuo padre, Albino Buticchi. Che fu petroliere, pilota di auto da corsa, giocatore d’azzardo, e anche presidente del Milan calcio ai tempi di Rivera e Rocco. Perché hai scritto questo libro?
“Casa di Mare è una biografia ma in realtà, per me, è il mio romanzo familiare, la storia della mia famiglia, che finalmente ho avuto il coraggio di mettere nero su bianco. Ho raccontato nella storia di mio padre anche quella sua passione per il calcio e per il Milan che lo portò a fare il presidente della società dal 1972 al 1975. Lui diceva sempre che il calcio apre più porte della politica. E aveva ragione, perchè il calcio trasformò mio padre da “industrialotto di provincia” a personaggio importante dell’Italia che allora contava. Il pubblico ha apprezzato questo libro sincero, perché tocca argomenti delicati, il patrimonio di famiglia sperperato nei casino’ di mezza Europa da mio padre, il suo primo tentativo di suicidio che gli causò la cecità, poi un altro tentativo di suicidio, e la lotta di noi in famiglia per salvare il salvabile, insomma temi non facili. Per me era un dovere che avevo con il mio passato”.

Tra tanti ricordi, sicuramente ne avrai molti sportivi, per esempio di quando tuo padre ti portava con se e con la squadra…
“Mi ricordo benissimo di tutti, ero la mascotte del Milan. Siccome io non amavo prendere gli aerei – e anche oggi sono così – quando mio padre mi portava con se e con la squadra io mi sedevo per esempio sempre vicino a Benetti, che era una roccia, e così mi convincevo che in caso di incidente lui mi avrebbe sempre protetto”.
Qualche altro giocatore d’allora che ricordi con piacere?
“Beh, c’era Turone che era un libero fortissimo, Sabadini che era un terzino ma che poteva fare anche l’ala, Anquilletti altra roccia della difesa, e poi ancora Rivera, Prati, Chiarugi…”.

Se ben ricordo, non erano certo tempi tranquilli quelli?
“Si, per diverse ragioni. Tra mio padre e il Milan non c’era grande feeling. Te li vedi Buticchi, Rocco e Rivera insieme? Caratteri diversi, troppi galli nel pollaio. E poi in più erano anni di rapimenti, in Italia, e per due volte hanno cercato di rapire anche me, per chiedere un riscatto a mio padre che allora era all’apice della sua notorietà pubblica. Alla fine lui mi mandò a studiare in Svizzera, al sicuro”.
Torniamo dunque ai libri. E’ vero che per uno scrittore il migliore romanzo è sempre il prossimo?
“Per me non è così, I migliori libri sono tutti quelli che ho scritto, chi in un modo, chi in un altro. Sono tutti figli miei e tutti mi assomigliano”.
Ma ti emozioni ancora con la prima copia stampata?
“E come no, mi emoziono sempre. E infatti tutte le volte che sono pronte le prime copie, scappo da qui, vado a Milano e prendo la prima copia uscita”.

E con quella che ci fai?
“Ci scrivo sempre questa frase: Come d’uso mi autodedico questa copia consegnatami oggi in anteprima mondiale. Per Marco. Da Marco. Complimenti Marco!”.
Dopo tanto successo come bagnino-scrittore, ce l’hai un sogno nel cassetto?
“Io me lo sono già giocato il sogno nel cassetto, un po’ come giocarsi il jolly. C’è chi dice “Vado ad aprire un chiringuito su una spiaggia ai Caraibi”. Bene, io sono stato un po’ più vile, mi sono aperto un chiringuito, anzi un “chiringone” non ai Caraibi ma su una bella spiaggia della Liguria. E a me va benissimo così”.