Il New York Times gli ha dedicato, negli anni, due ritratti, definendolo l’esponente culturale più influente e più connesso di New York, “un istituto di cultura raccolto in una sola persona” e il “custode della gloria di New York” che regna nell’ultimo salotto culturale della città, che lui preferisce chiamare “laboratorio di idee” “perché in Italia la parola ‘salotto’ sa di qualcosa di frivolo”. Amico delle star americane come Robert De Niro, Philip Roth e Wes Anderson che frequentano regolarmente la sua casa all’Upper East Side di New York, Antonio Monda è una celebrità culturale anche in Italia negli ultimi decenni.
Nato a Velletri nel ‘62 e cresciuto a Cisterna di Latina con un padre sindaco che se n’è andato presto, Antonio Monda si è trasferito prima a Roma e poi a New York nel 1994, dove, da allora, vive con la sua famiglia. Negli ultimi decenni gestisce alcuni degli eventi di cinema più interessanti e importanti d’Italia e non solo, come il Festival del Cinema di Roma di cui è direttore dal 2015 e l’Open Roads: New Italian Cinema, che ha fondato a New York nel 2000, insieme agli amici Giorgio Gosetti e Richard Pena e il festival letterario Le conversazioni, creato nel 2006 con Davide Azzolini. Dal 2013 tiene la rubrica Central Park West per RaiNews24, collabora con il quotidiano La Repubblica e insegna alla Tisch School of Arts all’università di New York. Ma soprattutto, da alcuni anni, scrive libri su New York. Il progetto è cominciato con il romanzo L’America non esiste, vincitore del premio Cortina d’Ampezzo, ambientato negli anni ‘50 a New York, cui hanno fatto seguito altri titoli: La casa sulla roccia, Ota Benga, L’indegno, Assoluzione, L’America non esiste, Il paradiso dei lettori innamorati. Ogni romanzo – il progetto editoriale ne prevede dieci in tutto – è ambientato in un diverso decennio in cui le vicende dei personaggi di fantasia si intrecciano a quelle della città. Personaggi famosi del mondo dello spettacolo, della politica e della finanza, come Sinatra, Tyson, Bush, e personaggi ignoti frequentano gli stessi bar e le stesse strade. Ogni storia, inoltre, si pone interrogativi esistenziali che toccano temi di grande rilievo per l’autore: la religione, la fede, il peccato, il cinema, la boxe (questi ultimi sempre presenti), la felicità, il successo, il senso dell’esistenza.
Il romanzo più recente di questa collana, pubblicato in Italia da Mondadori, è L’evidenza delle cose non viste, ambientato in una sfavillante New York degli anni ‘80, in cui Warren e Audrey, più giovane di lui di 25 anni, vivono un amore clandestino nello studio legale più importante della città, mentre sullo sfondo Mike Tyson sta diventando qualcuno nel mondo della boxe, George H.W. Bush viene nominato vice-presidente e Donald Trump, in ascesa, si fa cambiare il cognome togliendo la “f” finale.
“Una guida emotiva di New York” lo ha definito ieri il corrispondente per il Quotidiano Nazionale, Giampaolo Pioli, all’incontro con l’autore che si è tenuto nello spazio Italytime al Greenwich Village, che ospita l’organizzazione no profit omonima creata nel 2013 da Vittorio Capotorto e Francesco Pagano con il sostegno di Dacia Maraini.
“Antonio è considerato uno degli autori italiani più americani che ci siano” – ha detto il giornalista, presentando Antonio Monda al pubblico accorso per l’incontro – “E ha scritto un libro che parla d’amore, per la precisione di tre storie d’amore insieme, una delle quali si svilupperà nel libro successivo dal titolo L’indegno”. “Una delle caratteristiche dei miei libri – ha detto Monda – è che i personaggi tornano sempre nelle diverse storie, con ruoli diversi e marginali rispetto ai protagonisti. Per esempio padre Adam che tiene il funerale in questo libro è il protagonista di una storia d’amore proibita del libro successivo”. L’evidenza delle cose non viste, che prende il nome dalla Lettera agli Ebrei di San Paolo, è scritto dal punto di vista della giovane protagonista, Audrey, avvocatessa in erba, olandese, da poco arrivata a New York, che si innamora del suo capo, Warren Barron, e vive con lui una storia clandestina lunga sette anni, due mesi e nove giorni.

“La scelta di mettersi nei panni di Audrey – ha spiegato Monda – è dovuta a una mia grande identificazione con lei. Anche io sono arrivato a New York molto giovane e mi sono innamorato di questa città, ne sono stato travolto. E poi parlare dal punto di vista di una donna è sempre una grande sfida per me”.
Prima che l’autore potesse andare a fondo nei temi del libro, due attrici hanno interpretato un atto unico in inglese scritto dal regista teatrale Paolo Tartamella, liberamente ispirato a L’evidenza delle cose non viste, in cui hanno messo in scena un dialogo di fantasia tra Audrey e la moglie di Warren, Beth, che un tempo si chiamava Lise, prima che il marito la ribattezzasse così. “Era un uomo che abbiamo amato entrambe e forse è andata bene a tutti così” – ha detto il personaggio di Beth – “Io ero innamorata e mi sono comportata come in qualsiasi altra situazione” – ha risposto Audrey, in uno scambio di battute amaro e catartico di un quarto d’ora che ha alzato il tono emotivo del pubblico.

Il personaggio di Warren Barron, sposato da una vita con Beth, una donna elegantissima e sofisticata, si ispira alla storia vera di un persona che Antonio Monda conosce, ma è anche la storia di tanti newyorchesi di successo, circondati da persone importanti, che frequentano locali alla moda, ricchi e ambiziosi fino all’inverosimile, perché “l’ultimo limite è il cielo”, e perennemente infelici.
“Gabriel Garcia Marquez diceva che l’ispirazione arriva per immagini e in L’autunno del patriarca comincia la storia immaginando un uomo che muore circondato da mucche che gli stanno intorno. Così il mio libro è nato da un’immagine precisa: l’amante di Warren non può piangere al suo funerale. Da lì ho cominciato a vedere tutto il resto della storia.” I racconti di Monda, oltre alle note di colore dell’epoca come i luoghi della mondanità che oggi non esistono più o che sono decaduti come il Côte Basque, contengono anche e soprattutto domande intime ed esistenziali, che l’autore si pone da credente e da intellettuale: “Tutte le storie che racconto partono da domande personali. Esiste Dio? Cos’è il peccato? Cosa sono la felicità e l’amore? È un continuo flusso di domande che mi pongo e che metto in bocca ai miei personaggi nei quali mi identifico sempre”.
“Warren, l’avvocato più famoso di New York, a cui non manca niente, ha cercato la felicità nel posto sbagliato e quando è arrivato in cima alla ‘montagna sacra’ ha scoperto che non c’era nulla, mentre Audrey, nonostante sia ambiziosa, è diversa”. È con questa premessa che Antonio Monda conclude l’incontro leggendo ad alta voce l’ultima pagina del suo libro, declamando una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti di New York: New York il deserto, la solitudine, l’euforia, l’ambizione, la libertà, lo stordimento, la promessa rinnovata. E quel Deli che per Audrey rappresenta il cuore del mondo, lontano dal suo ufficio e diverso dalla realtà patinata di Warren, ma accogliente e vero, dove Gregory il greco porge a tutti i suoi clienti l’augurio “Enjoy”, mentre serve frittelle e panini, conscio, con il suo disincanto millenario, che il piacere in una città così può essere soltanto fulmineo. “In una città in cui tutto nasce e prima poi passa”.
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