
E’ iniziata quasi per caso la vita da stoico di Massimo Pigliucci, professore di filosofia al CUNY Graduate Center e al City College e autore di How to Be a Stoic: Using Ancient Philosophy to Live a Modern Life (Basic Books) in uscita il 9 maggio e in libreria in Italia già da aprile (Come Essere Stoici: Riscoprire la Spiritualità dei Classici per Vivere una Vita Moderna, Garzanti). Circa due anni e mezzo fa, “sul mio feed di Twitter è apparso un annuncio che diceva ‘Aiutateci a celebrare la Settimana Stoica,’” ricorda. Incuriosito, Pigliucci decide di partecipare a quell’evento annuale organizzato da un gruppo di filosofi e di terapisti comportamentali (scuola CBT) per indurre la gente a riflettere sulla propria vita e sottoporsi a esercizi stoici di auto-miglioramento. Praticare questi esercizi per una settimana, poi continua per altre tre. Alla fine del suo primo mese da stoico, Pigliucci contatta un collega al New York Times, chiedendo se può scrivere un articolo su come un filosofo professionista aveva reagito a quell’inusuale esperimento su sé stesso. L’articolo, pubblicato nel 2015, diventa virale. “Ancora oggi continuo la pratica, e il libro che è scaturito da quel progetto iniziale è appena stato pubblicato” spiega il professore-filosofo.
Potrebbe raccontare la sua routine quotidiana da quando hai deciso di praticare lo stoicismo?
“Gli Stoici svilupparono una serie di esercizi per affrontare la vita quotidiana, ed io ne pratico diversi durante la settimana, anche se non tutti ogni giorno. Tipicamente inizio la giornata con una meditazione mattutina, che consiste di due parti. Per primo mi rileggo e medito su un breve passaggio di uno degli stoici classici, come Seneca, Epitteto, o Marco Aurelio. Ci rifletto sopra un pochino e penso a come si possa applicare alla mia vita. Per esempio, stamattina è toccato a Seneca: “Certi argomenti sono resi inutili da un eccesso di sottigliezza” (dalle Lettere a Lucilio, n. 82, ndr). Cosa vuol dire? Come si applica a me? Beh, io sono un professore universitario, e alle volte tendo a diventare troppo accademico in discussioni con amici, per esempio, rischiando di essere percepito come pedante, e perciò di non riuscire a comunicare chiaramente le mie opinioni. La citazione di Seneca mi ricorda che devo starci più attento”.
E poi?
“Nella seconda parte della meditazione mattutina immagino potenziali situazioni difficili o delicate che potrei dover affrontare durante la giornata, pensando a quale possa essere la cosa peggiore che potrebbe succedere, e a come reagire al meglio. Gli Stoici credevano che una mente preparata riesce ad affrontare le difficoltà meglio di una non preparata, e ho trovato che questo è vero in diverse occasioni”.
Immagino non sia tutto qui…
“Durante la giornata cerco semplicemente di prestare attenzione a quello che sto facendo, vivendo nel ‘hic et nunc’, qui e ora. A sera poi mi prendo dieci minuti per scrivere il mio ‘diario filosofico’. Passo in rassegna gli eventi più significativi della giornata e – come consigliato da Epitteto, nel terzo volume delle sue Diatribe – mi domando: dove ho errato? Cosa ho fatto bene? Cosa avrei potuto far meglio? L’idea è quella di imparare dalle proprie azioni, archiviare la giornata, e prepararsi a mente distesa per quella successiva”.
Quando la gente sente la parola “stoico” pensa però a grandi prove di forza di volontà vissute, appunto, stoicamente. Può confermare?
“Gli Stoici pensavano che occasionalmente dobbiamo volontariamente e temporaneamente privarci di qualcosa che ci dà piacere o ci sta a cuore, sia per apprezzarne meglio la presenza quando ne godiamo, sia perché uno di questi giorni la Fortuna potrebbe cambiare e potremmo trovarci a doverne in effetti fare a meno. E, infatti, ci sono altri esercizi che faccio di tanto in tanto durante la settimana, per esempio quelli di auto-deprivazione. Tra i miei preferiti un digiuno di una giornata, l’astinenza dall’alcol per una sera o due, e il finire la doccia con l’acqua fredda. Non si tratta di cose radicali, ma non ti dico quanto apprezzi il pasto successivo quando sei stato a digiuno, o quanto sei grato per il semplice fatto di avere l’acqua calda quando sperimenti una doccia fredda…”
Ma lei si aspettava di sollevare tutto questo interesse tra i lettori del New York Times con quell’articolo?
“Non me l’aspettavo assolutamente. In pochi giorni il sito del New York Times ha accumulato diverse centinaia di commenti, e il pezzo quella settimana raggiunse il primo posto nella classifica degli articoli più condivisi sull’intero sito del giornale. Ma non avrei dovuto sorprendermi più che tanto: lo Stoicismo è una filosofia che esiste da ventitré secoli, fu una delle forme di pensiero dominanti nell’antica Grecia e durante l’Impero Romano, e moltissimi ne sono stati influenzati negli ultimi due millenni. Oggi sta tornando in voga perché ti prepara a vivere in un mondo in cui senti che le cose cambiano rapidamente e che tu hai ben poco controllo su quello che succede”.
Esiste un profilo tipico della persona che segue le pratiche dello Stoicismo oggi?
“Non lo so esattamente, sarebbe bello se ci fossero degli studi sociologici sistematici. Posso dirle però per esperienza personale che per certe persone leggere i testi Stoici la prima volta è una sorta di rivelazione, accompagnata da un ‘ah! Mi pareva le cose fossero così!’ Credo lo Stoicismo sia particolarmente attraente per persone che sono rimaste deluse dalla vacuità di molta letteratura self-help, ma anche da gente che magari sarebbe interessata, che so, a una pratica Buddista, ma la trova troppo aliena da un punto di vista culturale, o troppo orientata al misticismo. In un certo senso, in effetti, lo Stoicismo è la risposta occidentale al Buddismo, ci sono molte similarità tra le due filosofie”.
Come può lo Stoicismo co-esistere con la cultura americana del “vincere a tutti i costi”?
“Ottima domanda! Lo Stoicismo insegna che la saggezza consiste nel saper separare le cose che controlliamo da quelle che non sono sotto il nostro controllo, occupandosi poi solo delle prime. ‘Vincere’ non è sotto il nostro controllo, solo fare del nostro meglio per raggiungere un determinato obiettivo lo è. Per esempio, io posso essere considerato per una promozione al lavoro. Ebbene, quello che posso controllare è la qualità del mio lavoro, la mia preparazione, la mia serietà, ecc.. Ma la decisione di promuovermi o meno sta al mio capo, e può essere influenzata da tanti fattori (concorrenza di colleghi, antipatie o simpatie personali, ecc.) che sono al di fuori del mio controllo. La pratica stoica ci insegna a fare del nostro meglio, ma anche ad accettare con equanimità qualunque risultato finale, per poter mantenere una serenità interiore che è condizione necessaria per essere felici.
Non solo. Una delle dottrine stoiche più importanti è l’idea che lo scopo della vita umana è di usare la ragione — l’attributo più peculiare della nostra specie — al servizio del miglioramento della vita sociale. ‘Vincere a tutti i costi’ non è consono a questo atteggiamento. Cooperare con gli altri lo è. Quindi, sì, lo Stoicismo è in tensione con certi aspetti della mentalità americana moderna. Ma non con tutti: molti americani cercano una pace interiore e genuinamente desiderano aiutare il prossimo”.
C’è stato un episodio in cui mettere in pratica il pensiero stoico l’ha aiutata a controllare le emozioni e a fronteggiare meglio la situazione?
“Come spiego nel mio libro, lo stoicismo predica il controllo delle emozioni negative (paura, rabbia, odio) ma invita anche a sviluppare quelle positive (amore, senso di compassione e di giustizia). Per questo, quando mi sono trovato in mezzo al colpo di stato in Turchia l’anno scorso mentre ero in vacanza con amici, mi è servito molto ricordare quanto sia minimo il controllo che abbiamo sulle nostre vite che possono essere stravolte senza preavviso. Ma piuttosto che soccombere alla paura e all’ansia, mi sono concentrato sulle circostanze fortunate, come il fatto di poter affrontare la situazione con l’aiuto di un amico molto stretto e insieme alla mia partner, ricordandomi delle cose belle che ho e di quanto spesso, nelle normali circostanze della vita quotidiana, le do per scontate”.
Ha progetti stoici per il futuro? Ma, a dire il vero, può uno stoico far progetti per il futuro?
“Sì, certo. Il futuro non è sotto il nostro controllo, ma sicuramente lo possiamo influenzare, quindi ha senso avere progetti. Il passato, invece, non può essere cambiato, quindi il rammarico è una perdita di tempo, per uno stoico. Nel mio caso, quest’estate insegnerò un corso di stoicismo a Roma, e sto lavorando a due nuovi libri. Uno, con il mio amico Greg Lopez, sarà una collezione di 52 esercizi spirituali stoici, da praticare nel corso di un anno, uno per settimana. Lo stoicismo è una filosofia pratica, e un libro di esercizi è una delle cose più utili per capire e sperimentare un modo diverso di vivere la propria vita.
Il secondo libro lo sto preparando con il mio amico Kevin Nordstrom. Sarà dedicato a ragazzi tra gli 8 e i 12-13 anni e spiegherà lo stoicismo in maniera semplice e comprensibile, nella forma di una serie di avventure a fumetti. I quattro protagonisti affronteranno una serie di problemi comuni alla gioventù odierna, compreso il bullismo, o l’insicurezza dovuta al proprio aspetto fisico o alla propria etnicità. Saranno aiutati da quattro saggi Stoici (Seneca, Musonio Rufo, Epitteto, e Marco Aurelio) che li aiuteranno al momento opportuno, sia a superare il problema immediato, sia a contemplare il significato più ampio di quello che succede nella loro vita. È importante parlare alle nuove generazioni, sono loro che presto erediteranno un mondo difficile, e starà a loro cercare di renderlo migliore”.