Capita spesso che uno scrittore, ad un certo punto della sua carriera, decida di rivisitare la propria giovinezza. Da James Joyce a Dylan Thomas, da Doris Lessing a Virginia Woolf, passando per l'Henry Miller di Plexus, e la sua Brooklyn di ponti e treni, o per la Lowell onirica, visionaria, del Jack Kerouac di Dottor Sax, quel pozzo lì – in cui finiscono tutti i ricordi delle letture e dei primi amori, della scoperta della vita e del distacco dal mondo ovattato dell'infanzia – rappresenta una fonte di ispirazione inesauribile.
Anche Notizie dall'interno di Paul Auster (Einaudi), approdato recentemente negli scaffali delle librerie italiane, si inscrive a buon diritto in questa categoria. Racconto in tre parti, più una lunga, affascinante appendice fotografica, il libro, scritto in seconda persona singolare, racconta l'infanzia dell'autore della Trilogia di New York, e quindi in primo luogo l'America degli anni '50 (Auster è nato nel 1947 a Newark, New Jersey). L'inizio è fulminante: "In principio tutto era vivo. Anche i più piccoli oggetti erano dotati di un cuore pulsante, e perfino le nuvole avevano un nome". Chi scrive, non ha potuto fare a meno di riandare ad un incipit simile, di un autore austriaco, però, Peter Handke: "Quando il bambino era bambino…".
Non c'è niente da fare. Si torna sempre alle origini, al tempo in cui le cose erano veloci e confuse, ma anche interminabili, e cangianti. Si risale alle prime esperienze, alle fonti, e dunque, alla vita vissuta, per quanto rivisitata dalla memoria (e sappiamo che la memoria è qualcosa d'altro).

Una delle immagini contenute nel libro
Auster, però, ci ha abituati ad uno sguardo che guarda fuori, che indaga, osserva, giudica il mondo che lo circonda, comprese la politica e la società americane. E quindi è anche di questo che parla il libro, così come, di nuovo, le immagini che lo corredano: un pullman in fiamme dei freedom riders, gli attivisti impegnati a combattere la discriminazione razziale negli Stati del Sud; un banchetto di Nathan's, l'inventore dell'hot dog, la versione americana del Frankfurter tedesco; un'università occupata negli anni '60; frammenti di cinegiornali patriottici, perché siamo in piena Guerra Fredda.
E poi, la riflessione sulle radici ebraiche, su un antisemitismo ancora molto presente nell'America del Secondo dopoguerra, sulla scoperta di Dio e della sua non-onnipotenza, avvenuta attraverso la visione della Guerra dei mondi di Byron Haskin, ispirato all'omonimo romanzo di H.G. Wells; e naturalmente – come in molte altre biografie americane – i divi del cinema, i fumetti, gli Yankees, ovvero tutto ciò che ha reso mitica l'infanzia di un bambino nato nel paese più sviluppato del pianeta, un paese che oggi Auster vede in declino, anche sul piano tecnologico, e nonostante la soddisfazione per la recente elezione del nuovo sindaco di New York, de Blasio, più volte dichiarata nelle interviste.
In mezzo ci sono alcune "zampate" da grande autore. Ad esempio, laddove si legge di quella che è probabilmente un'ossessione di chiunque abbia fatto dello scrivere il centro della propria vita, ovvero il controllo – con eventuale eliminazione – esercitato sulle prove di scrittura giovanili, sulle testimonianze che uno si lascia inevitabilmente alle spalle (oggi, dopo l'avvento del web, in quantità davvero impressionante). E poi, all'improvviso, qualcuno, in questo caso la prima moglie Lydia Davis, anch'essa scrittrice, comunica a Auster che sta donando varie carte ad una biblioteca, fra cui le loro lettere giovanili, se è d'accordo. Ed ecco che il passato ritorna, attraverso un canale imprevisto, il passato dei sentimenti ma anche quello dei viaggi e dei soggiorni all'estero (Parigi), un passato in cui, nell'impeto dell'entusiasmo, si potevano scrivere anche cose come: "L'arte dovrebbe bussare selvaggiamente alle porte dell'eternità".
Paul Auster, Notizie dall'interno, Einaudi, 2013
Edizione originale: Report from the Interior, Faber & Faber, 2013.