Un’immagine in bianco e nero delle Torri Gemelle, il titolo, l’autrice poi una citazione: “Qui ci sto perché qui ci sono nato e allora sono perso in qualsiasi altro posto, ma di te non so. Forse anche tu sei di qui, e prima o poi salta fuori che abitavamo nella stessa strada e neanche lo sapevamo. O forse ti sei trasferito qui un paio di anni fa per lavoro; forse ci sei venuto per la scuola. Forse hai visto il depliant. La città ci ha buttato un sacco di tempo e un sacco di quattrini per mettere insieme questo depliant, con tutti quei film, quegli speciali tv e quelle canzoni, tutto quel montaggio di attrazioni che sono l’anima del business “se ce la fai qui, ce la puoi fare dappertutto” (Lost and Found, Colson Whitehead)”.
Sono questi gli step con cui, sfogliando le prime pagine, si accede a Manola delle Torri, il libro con cui Carmen Gueye (Eidon Edizioni) ci racconta un 11 settembre un po’ diverso, quello visto dagli occhi di chi c’era e che, più che dall’enormità della tragedia, è rimasto coinvolto da un intreccio di storie, persone e luoghi dal destino tanto inesorabile quanto affascinante. Tanti i personaggi, ognuno perso dentro ai fatti suoi e nelle proprie faccende affaccendato, diverse le origini e le vicende con cui hanno preso vita le rispettive routine, in una carrellata spazio-temporale in cui la Gueye li presenta tutti, lasciando viva per un bel pezzo la curiosità di capire dove andrà a parare la narrazione.
New York sarà il loro punto di incontro, grazie a un viaggio organizzato in cui casualmente si troveranno coinvolti e verranno a conoscenza gli uni degli altri. Tra quelli che catturano la nostra simpatia e quelli che già capiamo saranno i guastafeste della situazione, è qui, a New York, che l’intreccio prenderà vita, una di quelle città che di intrecci se ne intende più di altre e in cui tutto sembra possibile: le casualità, le coincidenze e le sinergie che un simile parterre di luoghi e persone riesce ad innescare sono sempre sorprendenti (lo potrà confermare chi l’ha vissuta anche di passaggio) eppure al tempo stesso sembrano così inevitabili da sembrare normali.
È qui che Alina (la protagonista) si ritroverà, depressa per una delusione sentimentale in pieno corso, ma eccitata per il regalo che ha deciso di concedere a se stessa (un viaggio a New York), ed è qui che Alina incontrerà Manola, la donna (che per Propp sarebbe stata un po’ antagonista e falso eroe e un po’ aiutante e donatore) con cui Alina farà amicizia, senza sapere che proprio quell’incontro cambierà l’intero corso della sua vita. Da New York a Parigi, Roma, Genova e Marrakesh, la storia si tinge di noir e sviluppa tutta la sua ragnatela, con uno zoom che si allarga e si restringe ora su questo o su quel personaggio, ora su ieri e ora su oggi: dalle inesorabili conseguenze dell’attacco terroristico ai particolari contesti con cui il gruppo di vacanzieri lo vive e ai risvolti che le loro vite prenderanno, la suspance non manca. Tra omicidi, pedinamenti, ricostruzioni e soffiate, la normale inevitabilità degli intrecci si sbizzarrisce e celebra tutta la propria sinergia. Solo alla fine il lettore potrà scoprire il fil rouge che lega tutto e godersi finalmente la propria reazione, forse un po’ dispiaciuto che sia finito così presto.
Centottanta pagine che si scorrono bene e in cui l’attacco alle Torri Gemelle che l’autrice rievoca fa scattare l’adrenalina giusta per masticarle piacevolmente. A parte un’unica pecca (quella di un correttore di bozze poco attento), a noi Manola delle Torri è piaciuto, un libro che si maneggia volentieri, ricco di simpatiche invettive (come la storia del sosia di Jim Morrison o il cammeo di Bruno Vespa nel suo salotto che, come da copione, si sfrega le mani) e facilmente traducibile (chissà?) dalla carta alla pellicola.
Avvertenza per i lettori (del libro): leggerlo a New York avrà tutto un altro sapore!