L’Antica Roma di Traiano non sembra essere poi tanto diversa da quella attuale. Ieri, come oggi, ci si scontrava con il traffico, la speculazione, l’abusivismo edilizio o l’immigrazione, i ristoranti occupavano il marciapiede fregandosene del passante di turno e l’estetica era un pallino per tutti, donne e uomini indistintamente. A raccontarci come la vera forza degli antichi Romani sia stata proprio la vita quotidiana è Alberto Angela, fresco di pubblicazione con The Reach of Rome, il libro presentato a New York alla Casa Italiana Zerilli–Marimò (New York University), che spiega agli Americans la storia di un impero, quello romano, la cui potenza esplode nella sua incredibile attualità. Un connotato che fa pensare, soprattutto a quanto oggi sia stato inventato veramente poco. “Ogni frase, ogni capitolo del libro si riflette con oggi – ci racconta Angela – e leggendolo si vede il nostro mondo, si capiscono gli errori che hanno fatto loro e che noi non facciamo e viceversa. Rispetto a ieri non è cambiato niente, le macro-dinamiche sono identiche”.
In 15 anni di servizi in giro per l’Impero romano, Alberto Angela si è fatto un lungo viaggio nei luoghi dell’antica Roma, attraversando l’epoca in cui l’Impero era all’apice della sua espansione. Il viaggio inizia un mercoledì del 115 Dopo Cristo e segue le tracce di un sesterzio (la monetina dell’epoca) che, passando di mano in mano, presenta i protagonisti di questa storia, tutti realmente vissuti in quel periodo e in quei luoghi. Tra ricerche su stele tombali, iscrizioni e testi antichi, il lettore viene trascinato in quella che è passata alla storia come la prima grande globalizzazione, un processo di trasformazione socio-politico-culturale che ha coinvolto numerose comunità e innescato processi simili anche in posti molto distanti tra loro. “Dalla Scozia alla Spagna, dall’Africa all’Iraq, la cosa che ti colpisce di più è che in ogni città era possibile trovare sempre le stesse cose, un po’ come accade oggi nelle nostre metropoli, che pullulano di cinema, bar, palazzi, monumenti, negozi. È lì che ti accorgi che la forza di Roma non è stata la legione o l’imperatore, ma il modo di vivere la quotidianità”.
Una quotidianità per certi versi alquanto curiosa che oggi potrebbe sembrarci persino grottesca. I tanti aneddoti riportati nel libro ci spiegano perché. “Le mutande? I romani le portavano, si chiamavano subligaculum ed erano una specie di perizoma. Il reggiseno? La lingerie delle donne era piuttosto all’avanguardia e il reggiseno un antesignano del push-up: una striscia di cuoio molto morbido che andava fortissimo tra le meno prosperose. Il makeup? Realizzato con tantissime tipologie di pigmenti, da quelli velenosi per il rossetto, rigorosamente rosso, alle formiche abbrustolite per colorare la palpebra, dai bastoncini di carbone per sagomare il sopracciglio al miele per schiarire le guance”.
E poi ancora le parrucche che, come succedeva negli anni '70 della nostra epoca, portavano tutte le donne, i finti nei, un singolare mezzo di comunicazione (“In base a dove venivano messi, lanciavano messaggi diversi”), la depilazione, già all’epoca un must, “non solo per le donne, ma anche per gli uomini”. Viene da sorridere immaginando l’attenzione con cui si dedicavano alla cura del corpo gli antichi romani, ma poi, ci fa riflettere Angela, se li osserviamo bene non sono poi tanto diversi da noi. “Anche loro, come noi, amavano i piaceri della vita, come il vino per esempio. In una tomba in Germania è stato ritrovato il vino più antico mai scoperto. Durante la sepoltura, un gruppo di amici ha deciso di omaggiare il defunto bevendo in suo onore e lasciandone un parte nella tomba, ma per evitare che il liquido evaporasse ha aggiunto dell’olio, come si fa attualmente nelle nostre campagne, che ha fatto da tappo e ne ha reso possibile la conservazione. Una volta analizzato, si è scoperto che si trattava del progenitore del nostro attuale vino”.
Di curiosità ce ne sono anche per quanto riguarda i modelli di riferimento fisico. Se per l’uomo non è cambiato molto (“Lo si preferiva alto, muscoloso e abbronzato, come oggi”), lo stesso non si può dire riguardo alla donna: al romano piaceva la donna prosperosa, mediterranea, con i fianchi larghi, perché ciò significava meno problemi di parto. “Le donne morivano 1.000 volte più facilmente di parto rispetto a oggi, ogni volta era una roulette ed è per questo che le donne dell’alta società non volevano far figli, piuttosto li adottavano. Le donne in carne, invece, oltre a essere fertili, riuscivano a portare avanti le gravidanze con meno problemi”.
Quale sarà la reazione degli Americans di fronte a simili racconti, Angela non lo sa, ma sospetta che il fascino maggiore, oltre a tutti gli aneddoti, lo eserciti l’origine della famiglia, un’istituzione dai connotati sicuramente più mediterranei che statunitensi. I mondi del resto, quello dell’antica Roma e quello in cui si muove oggi un New Yorker per esempio, non sono poi così diversi: “A Roma esisteva persino un grattacielo di cui non si sa nulla se non che fosse una specie di Empire State Building conosciuto in tutto il Mediterraneo”. Ma ciò in cui spera Alberto Angela è che questo libro stimoli a pensare e accenda la curiosità della gente. “È importante che ognuno trovi un modo per vedere il presente attraverso il passato e l’età romana è l’unica con cui riuscire a fare un collegamento tra oggi e ieri”.