La storia di un’amicizia raccontata attraverso la corrispondenza epistolare: raccolte in un volume le 362 lettere che si scambiarono, dal 1951 al 1988, lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia e l’intellettuale calabrese Mario La Cava («Mario La Cava – Leonardo Sciascia: “Lettere dal centro del mondo”», Rubbettino editore, pagine 496, euro 17).
La prima lettera porta la data del 3 maggio 1951 ed è stata scritta da Sciascia che viveva ancora con la moglie e le due figlie nel paese natale di Racalmuto, in provincia di Agrigento. L’esordiente scrittore trentenne ringrazia La Cava, che di anni ne ha quarantatré, dandogli del lei, del giudizio lusinghiero dato dall’intellettuale e scrittore calabrese al primo libro di Sciascia “Favole della dittatura”, giudizio riferito dal comune amico Mario Dell’Arco. L’ultima lettera nel volume è di Mario La Cava. La inviò l’8 giugno 1988 da Bovalino, dove viveva, per riferire all’amico della cecità sopravvenuta e degli altri malanni che da lì a poco lo porteranno alla morte. Durante un arco temporale di quasi quarant’anni Sciascia e La Cava sono sempre in contatto epistolare, si scambiano pareri su libri e scrittori, e s’incontrato anche, a Roma o a Milano, città nelle quali nei suoi anni migliori Sciascia si reca spesso, viaggiando da Palermo in vagone letto, dato che non gli piace prendere l’aereo.
In foto Mario La Cava
E’ una corrispondenza preziosa dato che, come scrivono nel saggio introduttivo Milly Curcio e Luigi Tassoni, non è solo “il racconto di un’amicizia rara, ma anche testimonianza di chi rimane fedele al proprio modo di raccontare, e che assume, con la maggiore naturalezza, una inequivocabile conquista comune irrinunciabile: la semplicità del linguaggio, il suo netto definirsi dentro lo spazio narrativo che percorre, il suo ripulirsi di scorie scolastiche o alla moda, sono di fatto un punto di arrivo, sono la dimostrazione di una ragione etica dalla quale entrambi gli scrittori terranno fede per tutta la vita”. Nei primi anni Cinquanta lo scrittore di Racalmuto e quello di Bovalino (più anziano di Sciascia, autore di libri stampati da buoni editori e collaboratore di periodici nazionali) si sorreggono a vicenda. Sciascia invia i suoi primi libri perché l’amico li presenti nei giornali ai quali collabora, e la stessa cosa fa La Cava. E’ un aiutarsi a vicenda, avendo ognuno fiducia nell’altro e una stima reciproca. Anche per questo, come è affermato nella prefazione, il titolo del libro vuole sottolineare che “il centro del mondo è il cuore dell’invenzione creativa di uno scrittore, il luogo da cui nasce e al quale ritorna questo nocciolo incandescente che non smette di relazionarsi al mondo”. Negli anni Sessanta, Sciascia, già autore di libri importanti pubblicati da Einaudi, è più sicuro di sé e del suo successo, ma mantiene nelle sue lettere a La Cava il tono dell’amico affettuoso, e si dimostra sempre pronto a dare una mano, a fornire un consiglio, a impegnarsi in una recensione. La vita intellettuale di due autori meridionali si trova intatta in questo carteggio prezioso la cui esistenza venne resa nota da Giorgio De Rienzo in un articolo apparso sul “ Corriere della Sera” il 31 gennaio 2011 e la cui pubblicazione è stata favorita dalle figlie di Sciascia, Anna Maria e Laura. Un epistolario, vogliamo dire, che rivela il vero Sciascia, con i suoi impulsi creativi, la sua generosità nei riguardi dell’amico, la sua coscienza di scrittore impegnato, di uomo di profonda cultura e di limpido sentire, nella cui produzione, a oltre vent’anni dalla scomparsa, si continua oggi a scavare – anche con la pubblicazione di un periodico a lui e ai suoi libri dedicato , “Todomodo”, di cui sono già usciti due numeri – allo scopo di coglierne gli aspetti più nascosti, non rivelati prima.