Un pomeriggio al West Village in compagnia di uno scrittore contemporaneo tra i più importanti in Italia. Martedí scorso Alessandro Baricco, torinese classe ‘58, ha presentato alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University, la traduzione inglese di Emmaus (McSweeney’s 2012), già un successo nell’edizione originale. La storia ci trasporta in un’Italia quasi irreconoscibile oggi – l’atmosfera grigia del Nord negli anni ’70 ci avvolge nel suo denso mantello di nebbia e soffoca ogni speranza per un futuro luminoso.
“L’unico libro infelice che ho dovuto scrivere nella mia vita, ma che dovevo scrivere prima o poi”. Così Baricco ha giustificato la ragione dietro alla creazione di questa storia affascinante. Alla domanda del Prof. Stefano Albertini, direttore della Casa Italiana, su quanto l’autore conoscesse il contesto dell’Italia descritta in Emmaus, Baricco ha risposto così: “E’ esattamente il contesto in cui sono cresciuto – l’idea della nebbia, dell’assenza di luce. Sei nell’ombra, sempre. E il libro è una storia dell’ombra e della luce.”
Inoltre al sentimento della presenza onnipresente della nebbia, non esistono altre specificazioni né dove, né in quale esatto momento il libro è ambientato. Anzi, la storia potrebbe essere avvenuta in qualunque città d’Italia. Tuttavia Torino, dove Baricco è nato e cresciuto, sembra il posto più adatto per rivelare il mondo interno dell’autore attraverso i suoi personaggi e dare voce a una storia intima, riempita di messaggi filosofici trasmessi nella solennità di un tono notevolmente biblico. A prima vista Emmaus non ha l’obiettivo di parlare di religione. E’ piuttosto la storia di quattro ragazzi che si affacciano alla vita. Ragazzi anzitutto normali – di questa normalità che viene passata da generazione in generazione, da padre in figlio e oscilla fra coraggio e paura, fra le certezze negli assoluti dell’adolescenza e i suoi più spaventosi dubbi. Però, come riesce a mostrarci Baricco, la società italiana non si può analizzare senza collegarla con la religione.
Certamente, sarebbe incorretto attribuire a Emmaus un carattere espressamente religioso, ma alla Casa Italiana Zerilli Marimò Baricco non ha nascosoto il suo fascino per lo stile biblico sempre più preferito nella letteratura contemporanea. Esattamente a questa caratteristica di Emmaus, Ann Goldstein, l’autrice della traduzione inglese del libro, si è riferita quando Albertini le ha chiesto di condividere con il pubblico le difficoltà più grandi che lei ha dovuto affrontare lavorando sulla traduzione inglese.
“Tradurre Emmaus è stato come tradurre poesia. Ed io ho sempre creduto che tradurre poesia sia tra le cose più difficili nel lavoro del traduttore.”
Perchè la descrizione precisa dello stile del libro, attorno alla quale autore e traduttrice sembrano trovarsi incondizionatamente d’accordo, può essere riassunta cosí: “Compatto, compresso, frammenti di frasi, basate su una storia biblica, che se vengono tradotte letteralmente, perdono irrimediabilmente la loro bellezza”.
Ovviamente però l’alta qualità della versione inglese, conseguita grazie al talento indiscutibile di Goldstein, non permette che nemmeno una traccia dei lineamenti impeccabili del testo italiano venga perduta. Certamente, la traduzione rappresenta sempre un cambiamento, una mutazione dell’opera originale.
Tuttavia può accadere che un testo tradotto non ceda in termini di qualità alla versione originale. E sembra questo il caso di Emmaus. Infatti per Baricco “ogni volta che leggo un mio libro in una lingua straniera è come se ascoltassi la mia musica suonata con un altro strumento.
E questo è magnifico.” Quando il Prof. Albertini ha nuovamente spostato il fuoco della discussione sul contenuto del romanzo sul tema di classe e cattolicesimo, Baricco ha messo in rilievo il cambiamento nel modo di pensare degli italiani avvenuto negli ultimi anni: “In Italia oggi la maggior parte delle persone pensano ‘io’ e non più ‘noi’. Però in quest’Italia uno può distinguere diversi tipi dell’io – l’io ricco, l’io cattolico, l’io fascista, mentre nel passato esisteva una considerabile condivisione d’identità”. Inoltre Baricco ha accentuato l’importanza della mentalità cattolica che ha sempre fortemente condizionato l’immaginario collettivo degli italiani, e in particolare il rapporto fra colpa e confessione: “Il complesso di colpa è un’invenzione fatta dai cattolici. Noi abbiamo inventato la confessione semplicemente perchè abbiamo anche noi inventato il complesso di colpa”.
Oltretutto non possiamo parlare di Baricco senza prendere in considerazione la sua impresa che non ha precedenti nella realtà letteraria italiana – la fondazione di una scuola per scrittura creativa.
In un’Italia intellettualmente conservatrice da secoli, Baricco ha dovuto superare gli ostacoli della diffidenza sociale, la ristrettezza mentale dietro alla domanda: “Ma perché una scuola per scrivere”? Nell’immaginario della maggior parte degli italiani non si può imparare a scrivere – o uno nasce con il dono eccezionale di diventare scrittore o non sarà mai in grado di sviluppare la sua scrittura in modo da conseguire una carriera letteraria di successo.
“La gente non credeva che fosse possibile insegnare a scrivere. Ma ovviamente si può. La mia è una scuola che insegna agli studenti come raccontare una storia. L’idea fondamentale era d’insegnare quella capacità particolare. Ricordo bene i genitori di uno studente, con il padre che venne a chiedermi precisamente perchè doveva spendere i suoi soldi. Ed io sempre concludevo conversazioni del genere con una scommessa: se dopo la scuola il figlio trovasse lavoro, mi doveva invitare a cena dove vivevano.
Alla fine ho dovuto viaggiare molto per assistere a tutte queste cene dappertutto in Italia. Inoltre scrivere significa combattere contro la solitudine. Perchè sempre quando si scrive, si sta da soli.
Con la scuola ho cercato di rendere questa solitudine più confortevole – nell’atto di scrivere stai da solo, ma in questo caso sei vicino a qualcun altro che condivide la stessa esperienza della scrittura.”
Finalmente, Baricco ha parlato del suo rapporto curioso con la televisione, e in particolare del perchè dopo un successo televisivo straordinario, ha deciso di abbandonare lo schermo. “I miei personaggi hanno la propensione a sparire, a smettere di fare le cose di cui si occupano.
Quindi anch’io ho questa tendenza. Amo farlo. Inoltre la TV è sempre stata fra quelle cose che sembrano divertenti alla maggior parte delle persone, ma che non sono divertenti per me. Scrivere libri si può in solitudine, nell’ombra. Nella televisione c’è troppa visibilità”. Nonostante la presunta timidezza e desiderio di rimanere nell’ombra dell’attenzione pubblica, Baricco ha istantaneamente vinto la simpatia del pubblico della Casa Italiana accorso a vederlo quel martedì pomeriggio.
Il sottile senso dell’humour e la presenza gioviale dello scrittore torinese hanno trasformato la presentazione della traduzione di Emmaus da un evento di valore intellettuale notevole a un’esperienza eccezionalmente piacevole che ancora una volta ha confermato il posto di Baricco fra gli scrittori contemporanei più riconosciuti e amati.