Gianni Riotta, nato nel 1954 a Palermo, è figlio di Salvatore, giornalista nella redazione del “Giornale di Sicilia. Da bambino giocava con i coetanei nel cortile della Casa dei giornalisti, ma già a 17 anni scriveva articoli destinati al quotidiano nel quale lavorava il padre e inviava qualche corrispondenza al “Manifesto. Lasciò presto la Sicilia “per la smania di incrociare le strade del mondo. Il trauma della partenza con una nave che lascia il porto di Palermo nelle ore del crepuscolo, mentre il mare diventa di pece e si accendono le luci della città, Riotta lo descrive nel corposo volume autobiografico «Le cose che ho imparato» (Mondadori, pp. 304, euro 18). Ma sono le prime battute del viaggio nella memoria di un giornalista che è stato diret- tore del TG1 e del “Sole-24 Ore e vicedirettore del “Corriere della Sera, inviato in molte parti del pianeta.
Il nuovo libro disegna l’itinerario della sua gioventù, incrocia affetti familiari, si sofferma sui libri letti, sulle persone incontrate, sui luoghi visitati in ogni parte del mondo. Struggente il ricordo della sua vita da ragazzo con la visione della campagna siciliana nella quale i contadini usavano nei campi ancora l’aratro a chiodo. Racconta il suo vagabondare in luoghi diversi, le località di guerra e quelle di remote regioni della terra, nella convinzione che “non c’è differenza tra battaglie vinte e battaglie perse” nel bilancio, anche provvisorio, di una esistenza.
Un mosaico ricco di riflessioni, denso di nomi, carico di citazioni, come può fare un giornalista già dalle molte vite, con una espe- rienza umana e professionale non comune.
La seconda metà del Novecento è raccontata da Gianni Riotta con tutte le occasioni vissute, con i nomi delle persone conosciute, con i fatti corali che hanno segnato una generazione. E anche del nuovo millennio ci sono i segni di una intensa partecipazione emotiva.
Il culto del padre è evidente in molte pagine, affiora come una memoria dolorosa ma da non perdere e conservare intatta negli anni.
Vibra nel racconto delle sue esperienze più varie, dagli incontri, dalle occasioni più diverse, dai ricordi che tornano prepotenti nelle sue pagine e diventano materia viva.
Si accende, a conclusione di un lungo viaggio umano e professionale, la volontà di dare un senso morale all’ intero percorso del libro: Quando disperate che il bene riesca a trionfare, quando vi pare che l’ingiustizia l‘abbia avuta vinta nel mondo, potete trovare tra queste righe un ricordo, una battuta, una frase che sia la vostra bandiera di resistenza.