Ara Merjian, professore della New York University, non ha dubbi: “Il futurismo, nato nel 1909, ha rappresentato una sintesi di rivoluzioni artistiche e sociali, evolvendosi in una visione del futuro che riflette la continua trasformazione delle città e della società”. Nonostante alcuni timori legati al passato, come evidenziato già nel 1907 da Rommel, il movimento immaginava un futuro semi-industrializzato, dove la città stessa diventava un materiale da ripensare. Artisti come Giacomo Basso vedevano la città come simbolo di un mondo in evoluzione, influenzato dall’architettura italiana e dalla ricerca di un equilibrio tra materialità e modernità. Di questi temi si è discusso nel panel interdisciplinare Beyond the Skyline: Futurism and the City of Tomorrow, che si è svolto il 31 gennaio alla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University.
Per Nicola Lucchi, (Magazzino Italian Art Museum), il futurismo non si limitava solo all’estetica, ma cercava di legare arte, energia e forza al contesto urbano. Questo approccio è visibile anche in sculture come quelle di Giovanni Patat che sviluppavano il corpo nello spazio come un’architettura in movimento.

Il futurismo non ammette compromessi. “Radicale” lo definisce Vito Adriaensens (NYU): “una frattura netta con il passato, una celebrazione della modernità che si erge nei grattacieli, superando ogni limite”. L’architettura futurista rispondeva alle necessità collettive, con strutture essenziali e proporzionate, eliminando il superfluo e creando spazi definiti. Sebbene molti dei suoi progetti fossero utopistici, hanno avuto un impatto duraturo sull’architettura moderna, trasformando la concezione della città. Un esempio è New York, che si è rivelata ancora più grande e innovativa di quanto i futuristi avessero immaginato.
Cemento, ferro, vetro: il lessico del futurismo non si ferma alla pittura, ma si fa struttura, carne urbana, paesaggio meccanico. Atos Casarini, pur non essendo futurista in senso stretto, vedeva in New York la materializzazione di un’idea: la città non come somma di edifici, ma come tela su cui dipingere il progresso. Una visione che oggi si concretizza nei materiali modulari, nelle costruzioni in movimento, nei grattacieli che si adattano e si trasformano.
“Luce, ombra, velocità”, sintetizza Ali Rahim (UPenn/Contemporary Architecture Practice). A partire dal 1921, il movimento si concentrò sulla verticalità e sull’interazione tra ombre ed energia, simboleggiando la velocità e il dinamismo. Virgilio Marchi, architetto, definì un’atmosfera più meticolosa, dove gli spazi non sono statici, ma vivi. La luce scivola sulle superfici, si rifrange, danza in un gioco perenne tra presenza e assenza.
E le arti? Nessuna frontiera. Spyros Papapetros (Princeton University) insiste su questo punto: “Arte, tecnologia e architettura si fondono in un gioco di forme e significati. Perfino la fotografia, che il pittore e scultore Uberto Boccioni disprezzava, si rivela centrale nel futurismo, aprendo strade creative con auto-montaggi e collage sperimentali”.
Il cinema è rivoluzione pura. “Il TikTok ante litteram”, lo definisce provocatoriamente Papapetros. Montaggi vertiginosi, sequenze che frantumano la linearità narrativa, sperimentazioni estreme. Viva Fulvista, Metropolis: il cinema futurista mette in scena la città come protagonista, una macchina che ingloba l’uomo, lo trasforma, lo accelera. “Gran parte di queste opere è andata perdutama la loro eredità bru cia ancora”. Dal cyberpunk al cinema distopico, Blade Runner e Mad Max portano avanti il testimone futurista, trasformando in immagini il culto della velocità e della frammentazione visiva.

Il futurismo non è un capitolo chiuso. Come dice Vito Adriaensens, ha lasciato un segno indelebile sul pensiero moderno, reinventando l’arte e aprendo la strada a nuove possibilità espressive. In questo contesto, si inserisce la mostra Metropoli: Visionary Architecture from Futurism to Rationalism, prorogata fino al 31 maggio 2025: qui la carica frenetica di Sant’Elia si fonde con l’ordine razionalista di Terragni, dimostrando come le tensioni ideologiche e artistiche abbiano sempre animato l’evoluzione urbana, un tema che attraversa sia il cinema futurista che l’architettura moderna.