L’Italia si impreziosisce di un’ulteriore perla Unesco: è l’Arte del Canto Lirico italiano a entrare nella lista dei patrimoni immateriali, dopo un iter di candidatura iniziato nel 2011. La proclamazione – per acclamazione – è avvenuta a Kasane, in Botswana, durante la 18° sessione dell’Intergovernmental Committee for the Safeguarding of the Intangible Cultural Heritage of UNESCO. Ed è bello che giunga a ridosso dell’inaugurazione della stagione della Scala, cosiddetto ‘tempio’ proprio di quest’arte – coltivata però per secoli in tutti gli innumerevoli teatri sparsi per la penisola.
“Dopo un lungo e articolato lavoro – ha commentato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – una grande eccellenza della nostra nazione ottiene un altro riconoscimento dall’UNESCO, entrando a far parte del patrimonio immateriale. Si tratta di una consacrazione ufficiale di quello che già sapevamo: il canto lirico è un’eccellenza mondiale, tra quelle che meglio ci rappresentano in tutto il pianeta”.
“Ho appreso con gioia la bellissima notizia che l’Unesco ha dichiarato il canto lirico «patrimonio immateriale dell’umanità” dice Maestro Roberto Cacciapaglia, compositore e pianista di fama internazionale: “Si tratta di un riconoscimento e un modo speciale di affermare il valore della musica come arte universale e del canto lirico in particolare, attraverso cui tanti capolavori di inestimabile pregio per l’uomo sono stati creati”.

La soddisfazione è enorme anche per il comitato che, sotto il cappello del Ministero della Cultura italiano, ha operato per arrivare al traguardo, a partire dai cantanti lirici solisti che, oltre dieci anni fa, si sono uniti nell’associazione Cantori professionisti d’Italia, collettore per gli artisti della categoria, al fine di diffondere il valore della musica e del teatro d’opera come eccellenza della cultura italiana. Teatri, Assolirica, ANFOLS – Associazione Nazionale Fondazioni Lirico-Sinfoniche (tra cui l’Arena di Verona), Fondazione Teatro alla Scala, Accademia di Santa Cecilia, Fondazione Rossini di Pesaro, Istituto di Studi Verdiani, Centro Studi Pucciniani, Fondazione Cini, Archivio Ricordi: sono oltre 30mila tra cantanti, docenti, compositori, direttori d’orchestra e musicologi i protagonisti di questo risultato.
Nel dossier si riconosce che “l’arte del canto lirico italiano riguarda l’insieme di abilità e tecniche relative a valorizzare la proiezione della voce umana con una modalità fisiologicamente controllata, in determinati spazi acustici delimitati naturali o tradizionali, di forma architettonica e materiale acusticamente risonante, intervenendo sulla capacità portante della voce”. Una tradizione che si è evoluta in arte, identitariamente nazionale, ”perché essa mantiene termini italiani – legato e staccato, ma anche messa di voce, trillo, squillo, picchiettato, appoggio, etc. – con significato unico e condiviso in tutto il mondo. Altra caratteristica tipicamente italiana dell’elemento è la mimica, facciale e gestuale, che si accompagna all’emissione del suono. Pur nell’universalità della mimica delle espressioni, l’italiano ricorre con spontanee facilità e frequenza a un linguaggio mimico e gestuale, facciale e corporeo, che meglio sostiene l’emissione cantata e ne facilita la condivisione degli archetipi emotivi con il pubblico, di qualunque provenienza esso sia”.

Il “bel canto” indica in particolare la pratica virtuosistica italiana tra Seicento e inizi Ottocento , caratterizzata da passaggi vocalizzati, pieni di ornamenti e svolazzi, spesso improvvisati dai cantanti: contro gli eccessi della pratica si espressero molti compositori ottocenteschi, e Rossini cominciò a mettere per iscritto nelle partiture le fioriture, in modo da sottrarle agli estri degli esecutori. Oggi si va ad accompagnare alle 667 realtà culturali immateriali nel mondo, già timbrate Unesco, di cui 16 tricolori.