“La satira smaschera l’ipocrisia” amava ripetere Sergio Staino, il fumettista morto oggi a Firenze a 83 anni. In punta di matita aveva saputo raccontare con sarcasmo, attraverso il suo personaggio Bobo somigliante a Umberto Eco a cui si era ispirato, l’attualità.
Le sue vignette, oltre a scandire i passaggi chiave della parabola della sinistra, erano riuscite a raccontare in immagini, fra successi e disfatte, la Prima Repubblica e il ventennio Berlusconiano.
Nonostante fosse malato da tempo e con limitazioni invalidanti alla vista, non aveva mai rinunciato al suo lavoro, che fino all’ultimo, grazie ad alcuni collaboratori e alla tecnologia, era riuscito a svolgere.
In un’intervista a “Hello Jesus” aveva spiegato di essere affetto da una degenerazione maculare retinica e che per realizzare le sue creazioni doveva avvalersi di un foro puntatore che doveva indossare come un piccolo cannocchiale.
“Bobo nacque, come spesso accade, per disperazione”, aveva raccontato Staino. “Ero un uomo inquieto, in crisi. Cercavo che cosa fare da grande. L’immagine di Bobo nacque d’istinto. Anche il nome. Bobo è un arrabbiato, disilluso, romantico, democratico, di sinistra”.
Fra le più celebri frasi illustrate – in cui il fumetto dialoga con la figlia – vengono soprattutto ricordate:
“Negli anni ’40 l’America ci portò la libertà e il Ddt”, la bimba risponde: “La libertà le sembrava troppo poco?”. Oppure: Bobo che ricorda “Ilva, 4000 licenziamenti tra Geova e Taranto”, la ragazzina che avverte “Vedrai che arriverà la rivendicazione dell’Isis”.
Staino non cercava la comicità o la provocazione estrema, i suoi erano soprattutto motti filosofici. Certe sue vignette avevano un doppio strato di lettura: il primo, più accessibile, l’altro più intellettuale e sofisticato.
Anche se professionalmente legato a l’Unità, di cui diventò direttore nel 2016, Stanio collaborò con il Messaggero, La Stampa, l’Avvenire, Atlante, US Italia Weekly. Nel 1986 fondò e diresse il settimanale satirico Tango, mentre nel 1987 realizzò per Rai3 il programma “Teletango” e il varietà “Cielito Lindo”. Nel 1989 diresse e sceneggiò il film “Cavalli si nasce”, e nel 1992 “Non chiamarmi Omar”, tratto da un racconto di Altan. Infine, nel 2007, realizzò “Emme, periodico di filosofia da ridere e politica da piangere”, supplemento settimanale de l’Unità, pur continuando le sue incursioni in televisione, cinema e teatro.
Tra le sue pubblicazioni più recenti il romanzo satirico a fumetti Alla ricerca della pecora Fassina (Giunti Editore), il libro Il Pesce con Silvio Greco (edizioni Slow Food) e le illustrazioni per il libro Mamma quante storie di Andrea Satta (edizioni Enciclopedia Italiana). Su di lui è stata edita la biografia Io sono Bobo, scritta dai giornalisti Laura Montanari e Fabio Galati (Della Porta Editori).