Il ritratto di un’Italia diversa, che non promuove soltanto le sue specialità culinarie, l’alta moda o la bellezza delle sue spiagge, ma racconta in modo nuovo e approfondito un mondo culturale, artistico e religioso che da duemila anni fa parte della storia italiana ma e’ spesso ancora sconosciuto. Questo il messaggio che il Meis, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara sta cominciando a trasmettere anche negli Stati Uniti.
In un momento particolarmente difficile per tutto il mondo ebraico internazionale, preoccupato e diviso per la situazione nei territori occupati in Cisgiordania, ma anche in un momento in cui il magnifico film ”Rapito” di Marco Bellocchio sta conquistando gli spettatori, l’impegno del Meis per far conoscere anche all’estero la realtà del mondo ebraico italiano rappresenta sicuramente uno sforzo che merita di essere raccontato. Nato grazie a una legge approvata all’unanimità dal Parlamento nel 2003 e finanziato dal governo, il museo à stato inaugurato a dicembre del 2017 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Significativamente, la città che lo ospita, Ferrara, ha avuto nel passato una grossa e vivace presenza ebraica grazie alla protezione della famiglia d’Este. E, altrettanto significativamente, il museo ha trovato la sua sede nell’ex carcere della città, dove tanti oppositori politici erano stati rinchiusi durante il ventennio fascista.
Allargato successivamente con la costruzione di cinque palazzine che simbolizzano i cinque libri dell’Antico Testamento, il Meis è diventato con gli anni una parte importante del progetto di rivitalizzazione dell’intera zona della Darsena e un centro di attrazione per i turisti di tutto il mondo che visitano una delle più belle città italiane.
”L’idea costitutiva del Meis è di raccontare la cultura millenaria di una popolazione presente nel nostro paese da 2200 anni. Una cultura fiorente, con un passato glorioso e con un futuro più vivo che mai”, aveva spiegato al momento dell’inaugurazione il presidente del Museo Dario Disegni.

Con gli anni, alle mostre si sono aggiunti eventi diversi, come l’ArenaMeis, il programma di film, dibattiti e e presentazioni speciali all’aperto ospitato nel giardino del museo, che si aprirà la settimana prossima e che da quattro anni fa registrare il tutto esaurito, la Festa del Libro Ebraico o i seminari online che insegnano varii aspetti della cultura ebraica, dall’arte alla cucina. E una particolare attenzione è stata dedicata alle nuove generazioni, con l’obbiettivo di nutrire i valori del rispetto verso le minoranze e della convivenza tra i popoli.
Adesso, però, il Meis ha alzato ancora il tiro e ha deciso di raggiungere un pubblico ancor più vasto, in un paese in cui, fino a pochi anni fa, la storia dell’ebraismo italiano era praticamente sconosciuta.
A giugno, il Museo ha concretizzato la creazione di una ”non profit” denominata ”Friends of Meis” per promuovere la sua attivita’ negli Stati Uniti con eventi, borse di studio e agevolazioni per i turisti interessati. Pochi giorni dopo, un evento ”zoom” tutto in lingua inglese ha raccontato a un grosso gruppo di ascoltatori interessati la sua ultima mostra, intitolata ”Case di Vita. Sinagoghe e cimiteri in Italia”.
Alternandosi sullo schermo, il direttore del museo, Amedeo Spagnoletto, il curatore Andrea Morpurgo e Jessica Dello Russo della Yeshiva University di New York hanno mostrato una affascinante carrellata di immagini che ha ripercorso duemila anni di storia, di tradizioni e di riti, partendo delle antiche sinagoghe riscoperte recentemente a Roma, a Ostia Antica e a Bova Marina, fino a quelle costruite negli anni bui dei ghetti e a quelle più recenti, e dalle catacombe di Venosa, in Basilicata, ai cimiteri realizzati dopo l’emancipazione. Insieme ai documenti, ai disegni e agli oggetti destinati a ricostruire le tappe evolutive della vita ebraica in Italia, tra l’altro, i presentatori hanno mostrato anche l’incredibile quadro dipinto nel 1720 da Alessandro Magnasco, che mostra un Funerale Ebraico e che il Louvre ha prestato al Meis per la sua esposizione.
Un invito, insomma, a esplorare e scoprire un’Italia rimasta fino ad ora nascosta, diversa ma non meno affascinante.
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