Proviamo a immaginare Times Square a mezzanotte. Con ogni lampione e ogni schermo accesi, sullo sfondo del buio più profondo. Alzando lo sguardo, però, follia, il cielo è limpido, turchese, come fossimo a mezzogiorno. Cosa succede? Succede che siamo in quadro di Magritte, nel mezzo di un suo paradosso visivo, la cui immagine è forse più nitida se impressa in un dipinto e non espressa a parole. Succede che il prossimo 16 maggio Sotheby’s presenta in asta un’emblematica versione de L’Impero delle Luci su cui noi abbiamo proiettato la celebre piazza newyorkese. Guardiamo all’opera e perdiamoci nell’enigma del reale che si fa mistero, consoliamoci e turbiamoci nella visione di una scena tranquilla quanto inquieta.
Ripreso contatto con la realtà, possiamo poi realizzare che la tela è il top lot della selezione di lavori provenienti dalla collezione di Mo Ostin. Un’altra persona, come Magritte, per cui la realtà non è stata esattamente come la nostra. Se non per la visione imprenditoriale e artistica che gli ha consentito di diventare uno dei più grandi discografici della storia, quantomeno per i grandi personaggi con cui è entrato in contatto: da Frank Sinatra a Van Morrison, da Madonna ai Green Day. Punta di un iceberg che ha visto orbitare attorno allo storico dirigente della Warner Bros, scomparso nel 2022 a 95 anni, tanti grandi artisti. Musicali, ma anche visivi. Per esempio, leggenda vuole che Ostin nel 1996 abbia incaricato Roy Lichtenstein di creare un nuovo logo per la DreamWorks Records. Alla Verve Records, invece, provò a stringere un accordo con Picasso – purtroppo non realizzato – in base al quale l’artista avrebbe disegnato un film d’animazione su Don Chisciotte. Anche se tali ambiziosi obiettivi sfumarono, Ostin ha comunque continuato a collezionare opere d’arte. 33 di queste, raramente esposte, sono ora protagoniste di un incanto completamente dedicato: The Mo Ostin Collection Evening Auction.
Proprio come nella musica, anche nell’arte Ostin amava variare tra generi e stili, raccogliendo disegni e dipinti di autori del XX e XXI secolo. L’intera portata della sua collezione è sempre rimasta relativamente sconosciuta, con molte delle opere che non sono mai state viste fuori dalla sua abitazione, da quando Ostin le ha acquisite, in molti casi decenni fa. Oggi, che finalmente ne abbiamo l’occasione, non possiamo che tornare su L’Empire des lumières.

Acquistato da Mo Ostin nel 1979 e da allora non più visto in pubblico, il dipinto è la quintessenza del Surrealismo. Magritte inizia a lavorare su una versione del soggetto nel 1948, tornando sull’idea numerose volte nel decennio successivo, reinventando e arricchendo attentamente ogni nuova composizione. Il risultato è un gruppo di diciassette oli, che costituisce uno dei pochi tentativi del genio belga di creare una serie all’interno della sua produzione. I lavori, nemmeno a dirlo, sono tra i più importanti e ricercati dell’artista. Alcune versioni sono conservate in musei del calibro di Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, MoMA, Menil Collection di Houston e Royal Museums of Fine Arts di Bruxelles. Un’altra, invece, nel marzo 2022 è stata venduta sempre da Sotheby’s, ma a Londra, per circa 80 milioni di dollari, realizzando il nuovo record mondiale per l’artista in asta. Di tutta la serie, tuttavia, L’Empire des Lumières appartenuta a Ostin è l’unica composizione in cui la vegetazione si impone verticalmente, con il grande albero sulla destra a dominare la scena puntando dritto al cielo e il masso in primo piano ancorato alla terra, in piena oscurità. La stima, forse insufficiente a impensierire il record, è di 35-55 milioni di dollari. Comunque, più di un terzo del valore totale della collezione: 120 milioni di dollari.

Collezione che vede tra i lotti principali un’altra opera di Magritte, Le Domaine d’Arnheim, il cui titolo e contenuto – una montagna ghiacciata a forma di aquila – prendono il nome da un racconto di Edgar Allan Poe. La stima è 15-25 milioni di dollari.
Senza titolo, invece, il dipinto che Cy Twombly ha realizzato a Roma al culmine del suo “periodo barocco”, nel 1962, e che racchiude il fascino dell’artista per l’architettura antica, la poesia e le storie degli dei. L’opera, stimata 14-18 milioni, faceva originariamente parte della rinomata collezione di Madeleine Everaert.

É nella collezione Ostin da 25 anni, invece, il Senza titolo di Joan Mitchell eseguito intorno al 1958 e valutato 7-10 milioni. Dipinti comparabili, dello stesso anno, si trovano solo al Centre Pompidou a Parigi, al Museo di Arte Moderna di San Francisco e al Museo d’Arte di Cleveland.
A Maya Picasso, figlia di Pablo, apparteneva infine il Paysage che Sotheby’s offre in asta a 7-10 milioni di dollari. Un paesaggio di Picasso, vi chiederete, siete sicuri?
Sicuri, come siamo sicuri che quello dipinto da Jean-Michel Basquiat sia un paesaggio lunare. Lo dice il titolo, Moon View, lo conferma la stima, 7-10 milioni. Unendo la luminosità del primo alla tenebrosità del secondo, per un attimo, sembra di tornare al L’Empire des Lumiéres di Magritte. Invece, guardando meglio, siamo proprio nella New York trasfigurata e impossibile descritta in apertura, il teatro perfetto per un incanto da sogno.
