Cinque anni. Tanto durò l’evoluzione di Mario Schifano. Il suo immergersi in culture differenti, entrando in contatto con la Pop Art. Incontri, influenze, arte e poesia. Facing America: Mario Schifano 1960-65 è l’esposizione che racconta questo pezzo di vita dell’artista. E di come dai primi monocromi degli anni ’60 passò alla pratica figurativa ed ai riferimenti pop.
L’esposizione è in corso al CIMA (Center for Italian Modern Art) di Soho, dove, attraverso una trentina di opere dell’epoca, si può intuire quanto il dopoguerra abbia portato Schifano a ridefinire la sua idea di pittura.
Nato in Libia nel 1934, e morto a Roma nel 1998, Mario Schifano emigrò in Italia quando era ancora molto giovane. Conosciuto soprattutto per le sue opere figurative, spesso realizzate con una speciale tecnica di collage, si appassionò anche alla fotografia.
La svolta concreta per Schifano, sin dai primi anni 60 riconosciuto come figura di spicco nell’arte italiana, fu il contratto che stipulò con la gallerista Ileana Sonnabend, la donna che portò in Europa la nuova avanguardia statunitense. In un primo momento, Ileana Sonnabend si limitò ad inserire un quadro di Schifano nella mostra “The New Realists” nella Sidney Janis Gallery di New York. Era il 1962, l’artista non partì per gli Stati Uniti, ma spedì alla gallerista una sua opera tratta dalla serie Propaganda: il quadro incorporava loghi di grandi compagnie americane, una tendenza che nello stesso periodo aveva cominciato ad abbracciare anche Andy Warhol.
In seguito a quell’esperienza a distanza, ne seguì una più tangibile. La prima mostra personale di Schifano a New York. La curò Ileana Sonnabend. L’esposizione fu allestita all’ Odyssia Gallery. E così tra il 1963 e il 1964, Mario Schifano decise non soltanto di partire, ma anche di fermarsi a New York.
Ha vissuto con la sua compagna, l’attrice e modella Anita Pallemberg, sulla Broadway, all’altezza del Village. In quel periodo storico New York era davvero l’ombelico del mondo. Tutto accadeva lì e per un artista era quasi un dovere esserci. Tanti gli incontri dell’epoca, da Jasper Johns, a Jim Dine, fino a Robert Rauschemberg ed allo stesso Warhol. Ma ci fu altro a cambiare Mario Schifano. Vivere a New York gli consentì di entrare in contatto con una lunga serie di scrittori, artisti, poeti, musicisti jazz. L’anello di congiunzione con questo mondo fu Frank O’Hara. E quel periodo gli consentì di aprirsi ad altre esperienze, fino al cinema sperimentale, come la realizzazione del film Round Trip e le collaborazioni con i Rolling Stones.
L’esposizione al Cima è incentrata proprio sui legami di Schifano con l’ambiente artistico, quelli che hanno influito sulla sua creatività. L’obiettivo di Facing America è, infatti, quello di guardare Schifano da una prospettiva a lui consona: una figura centrale nella transizione tra il dopoguerra e l’arte contemporanea.
Curata da Francesco Guzzetti, Facing America è stata realizzata grazie al patrocinio dell’Archivio Schifano, a Roma, e alla collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il turismo (MiBact) e con l’Ambasciata d’Italia a Washington. Sarà fruibile fino al 13 novembre.