Fotografie scattate nelle corsie degli ospedali, sulle ambulanze, nelle chiese, per le strade, nelle case. Fotografie che raccontano la pandemia da Covid-19.

Fotografie pubblicate su tanti giornali, ma che meritano di essere viste anche da tante altre persone. Così un fotoreporter dell’agenzia italiana Ansa, Andrea Fasani, ha deciso di stampare a sue spese queste sue immagini e di andare ad appenderle sui muri, nelle strade e nelle piazze di Milano. Una sorta di viaggio fotografico itinerante che lui ha voluto chiamare “Fermati un istante”, e che non ha bisogno di uno spazio chiuso, né di una mostra. Solo strade, marciapiedi, la città, dal centro alla periferia. Fotografie che lui stesso appende giorno dopo giorno, dopo averle stampate, incorniciate e coibentate in modo da resistere alla pioggia e alla polvere. E sotto ogni immagine ci mette pure un Qr Code, che riporta a una breve didascalia dell’opera.

Perché questa sua singolare “mostra” all’aperto?
“Questo progetto è nato così: rincasando dopo una intensa giornata di lavoro pensavo ad alcuni amici che mi esortavano a fare delle mostre. La mia indole disordinata e pigra mi ha frenato e quindi ho deciso di creare qualcosa di nuovo, che andasse oltre l’ordinario, il già visto. Qualcosa che potesse distrarre dalla solita routine. Quella sera mi sono detto: perché non stampare delle mie foto e lasciarle in vari luoghi della città?”.

Lei lavora a Milano, e ha scattato migliaia di immagini durante questi mesi di pandemia da Covid-19. Immagini digitali che poi ha però pensato di stampare proprio su carta. Come mai?
“Questo progetto è anche un modo per tornare a stampare foto proprio per ritrovare la passione di osservarle, di custodirle, di tenerle tra le mani, sentire l’odore quel profumo particolare che la carta fotografica acquisisce dopo anni. Non abbiamo più quei pacchi di fotografie da far sfogliare ai nostri ospiti, ci limitiamo a far osservare lo schermo di un freddo dispositivo elettronico. Abbiamo cellulari, computer, cloud pieni di foto ma si è smarrito il gusto per l’unicità e la magia che può restituirci una foto stampata”.

Lei però lascia queste sue fotografie per le strade, e chiunque potrebbe in fondo portarsele via…
“Pazienza se succede. Sentivo il bisogno di rendere tutti partecipi, donare a chiunque un’immagine che potesse rappresentare una linea di fuga dalla nostra quotidianità e che spero spinga la gente a fermarsi e ad osservare. Ho sentito il bisogno di farlo in strada, perché la strada è il mio ufficio, da sempre ne respiro l’odore. Se le fotografie verranno prese e portate a casa, sarà per me gioia il sapere che a qualcuno è piaciuta così tanto da tenerla nel luogo più intimo che si ha. Se verranno rotte o buttate, pazienza, fa parte anche questo della strada. Sono un omaggio a qualsiasi cittadino che voglia fermarsi e guardare quello che vedo io. E così Milano diventa, ancora di più, un museo a cielo aperto”.

Cosa l’ha colpita di più in questi mesi? Lei che ha seguito momenti drammatici, ha mai pensato in un istante “questa volta no, con la macchina fotografica non scatto”?
“Tante volte mi è capitato. Qualche volta ho scattato, perché è il mio mestiere. Qualche volta però non ce l’ho fatta. In quei momenti anch’io mi sono fermato un istante e ho fotografato quel che accadeva solo con i miei occhi. E quel che ho visto, mi creda, resterà per sempre nella mia memoria”.
