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L’ultima cena prima di morire negli scatti della fotografa Jackie Black

Al Parrish Museum di Watermill, NY, una mostra in cui sono raccolte le cene ordinate dei detenuti prima dell'esecuzione

Manuela CaracciolobyManuela Caracciolo
L’ultima cena prima di morire negli scatti della fotografa Jackie Black

L'ultima cena di James Russell 19-09-91

Time: 5 mins read

Se si potesse scegliere l’ultima cena della nostra vita cosa ordineremmo? Cosa mangiano i condannati a morte prima di essere giustiziati? Una curiosità macabra ma molto comune.

A dare una risposta è stata l’artista americana Jackie Black, nata in Louisiana ma residente da anni a New York che ha ricreato e immortalato i pasti richiesti da 23 prigionieri prima dell’esecuzione, detenuti e uccisi in Texas tra il 1984 e il 2001. La fotografa, che vive a Shelter Island, ha in esposizione Last Meal al Parrish Museum di Watermill, nello stato di New York,  fino al 31 gennaio 2021.

“Mostrare alla gente questi particolari è un vero e proprio menù del cattivo gusto: un modo sicuro di rimandare la morte con un atto quotidiano come il nutrirsi, ma contiene bocconi essenziali di nutrimento morale e anticipa i sani principi che sono contenuti nella nostra ricerca della verità – come diceva il giornalista inglese Christopher Hitchens. Ad un primo sguardo, i soggetti delle opere sembrano sospese sul loro fondo nero, senza nessun aspetto umano che colleghi al lato umano del pasto, sottolineando l’aspetto macabro di questo rito pre mortem che ancora appartiene alla vita.

Jackie Black Last Meal at the Parrish Art Museum Photo Gary Mamay
Jackie Black Last Meal al Parrish Art Museum Photo Gary Mamay

“Ho usato la fotografia per fermare il tempo – ha spiegato l’artista – rispettando il limite che esiste per tutti noi ed esaltando l’amore e l’apprezzamento di ogni momento. Last Meal rappresenta le ultime volontà dei condannati anche attraverso un esame psicologico dei loro ultimi desideri in fatto di cibo. Lavorando a questo progetto, è diventato chiaro che la pena di morte è soggetta alla razza a cui si appartiene, allo stato sociale e alla cultura dell’individuo. Dalle mie ricerche ho capito che il sistema punitivo è molto ingiusto. La maggior parte dei condannati è povero, ha problemi mentali.“ La fotografa non si approccia con una visione vouyeristica, semplicemente mostra la verità, informando su quanto sia atroce il sistema carcerario americano e per rendere l’accusato più umano.

LIBRI E SITI

Jackie non è l’unica che ha voluto trasmettere al pubblico le scelte alimentari in punto di morte in carcere. Ricordiamo Joy Rainer, gastronomo e giornalista inglese che scrisse “L’ultima zuppa”, il libro“Le ultime cene: il teatro della punizione capitalista” di Christopher C. Collins, candidato al dottorato dell’università del sud  Illinois oppure il libro del 2007 “Ultime parole, ultimi pasti e ultime scelte: individualità nelle esecuzioni moderne” di Daniel LaChance dell’università del Minnesota.

Last suppers
Last suppers

 

Altre indiscrezioni trapelarono nel 2004, dal libro di ricette di Brian D. Price, un ex detenuto della prigione del Texas che preparò per anni il cibo per detenuti e scrisse un libro di ricette intitolato “Cibo buono da morire”. Assurde e scioccanti le richieste che dovette soddisfare:  due chili di carne grigliata e una mezza pagnotta di pane; tre fajitas con contorni vari; un omelette al formaggio con vitello, pomodori, cipolle, peperoni e peperoncino;  un triplo cheeseburger con bacon; una grande ciotola di okra fritta; una pizza famigliare con carne; una vaschetta di gelato alla vaniglia; burro di arachidi con noccioline a parte…“.

In un’altra pubblicazione, nel 2012 l’Appetite fece un’attenta analisi su cosa fosse “La nutrizione del condannati a morte  scritto da Brian Wansink, che analizzò 247 ultime cene nel braccio della morte dal 2002 al 2006. Curioso scoprire che l’ammontare delle calorie dei pasti è intorno alle  2 mila e 756, ma negli stati come Texas e Oklahoma, si aggiri intorno alle 7 mila, circa 2 volte e mezzo superiore all’introito calorico giornaliero raccomandato, sia per i grassi che per le proteine Le richieste più frequenti sono state piatti di carne (83.9%), cibi fritti (67.9%), desserts (66.3%), e bibite (60.0%), e il 39.9% hanno espresso preferenze per bevande e pietanze di marchi precisi. Agli ordini dei pasti sono state comunque applicate, negli ultimi anni delle restrizioni: una spesa massima di 40 dollari e la preparazione all’interno delle cucine del penitenziario.

Anche il fotografo neo zelandese Henry Hargreaves ricreò le portate nel suo studio di Brooklyn e le immortalò. Il progetto, chiamato “No Seconds,” fu esposto alla Biennale di venezia nel 2013.

ESEMPI

Karla Faye Tucker, ad esempio, morta per iniezione il 3 febbraio 1998, è stata una criminale e prostituta statunitense, prima donna giustiziata negli Stati Uniti dal 1984 e la prima in Texas dal 1863. Venne condannata alla pena di morte per duplice omicidio ordinò un’insalata con salsa Rauch, una mela e una banana. Per la serie “manteniamo la linea anche prima dell’esecuzione” per una donna appartenente alla classe più ricca.

Karla Faye Tucker
Cena di Karla Faye Tucke

Nel 2011, il Texas smise di prendere gli ordini per gli ospiti condannati dopo l’uccisione dell’assassino Lawrence Russell Brewer che chiese due tacchini fritti, più carne alla griglia e poi non mangiò nulla. Ad esempio quella richiesta da Timothy McVeigh di  Oklahoma City che chiese del gelato alla menta e cioccolato, oppure il cestino di pollo fritto ( ne aveva chiesti 3) dall’ex dipendente di Kentucky Fried Chicken e serial killer John Wayne Gacy, autore di 33 uccisioni.

Stacy Lamont Lawton, di estrazione sociale ben più bassa, morì per iniezione letale in Texas nel novembre 2000 e ordinò un barattolo di cetrioli sottaceto.

L'ultima cena di Stacy Lawton
L’ultima cena di Stacy Lawton

Gerald Lee Mitchell, assassino di due persone a soli 17 anni e giustiziato il 22 ottobre 2001 volle caramelle assortite prima della puntura mortale.

Gerald Lee Mitchell 22-10-2001
Gerald Lee Mitchell 22-10-2001

Lee Hall, accusato per aver ucciso la sua ex fidanzata nel 1991, che scelse una bistecca due porzioni di anelli di cipolla,una fetta di cheesecake, e una Pepsi. Donnie Johnson, fu condannato nel 1984 per l’omicidio della moglie e decise di donare la sua cena prima di morire ad un senzatetto. La richiesta fu negata.

Edmund Zagorski, giustiziato nel novembre 2018 per aver ucciso due persone nell’83, scelse nocche e code di maiale come ultimo pasto. Più raffinato fu Steve Henley, assassino di una coppia nel 1985 e giustiziato del febbraio 2009 che preteste ostriche, gamberi, pesce fritto e frittelle di mais.

Rappresentativo fu Victor Feguer, 28 anni, che impiccò un medico trovato sulle Pagine Gialle nel 1963 venne giustiziato con l’iniezione letale e si tenne leggero per cena con un’oliva con il nocciolo.

Ristoranti

Il gusto macabro verso il tema dell’ultima cena è stato colto e utilizzato anche a livello di marketing nella ristorazione. In Giappone è nato un ristorante temporaneo chiamato Ningen, ovvero Ristorante umano, dove nel menù sono stati raccolti alcuni dei piatti consumati dei detenuti nel braccio della morte negli ultimi anni. E non è l’unico locale ad aver giocato sulla sinistra curiosità dei clienti. Nel 2014 ne è stato aperto anche a Londra chiamato Cene nel braccio della morte con il macabro slogan “Goditi l’ultima cena senza il problema della condanna a morte”.

Siti

On line si sprecano i siti tematici come Famous last meals  dove sono raccolti anche gli ultimi pasti dei personaggi famosi deceduti Dead man eating 

Insomma, da spettatori tutto questo è molto lontano anche solo dall’idea di definire i giustiziati osservando cosa hanno voluto nel piatto prima di morire, come è remoto, per noi, il pensiero della morte stessa.

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Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo, fin da bambina ha coltivato la passione per tutto ciò che è creazione ed espressione artistica. Dopo avere frequentato l’Istituto Europeo di Design a Torino e si diploma nel 2001 al Corso di Fashion & Textile Design, lavora per alcuni anni come stilista e graphic designer. Amante della creatività anche nel campo letterario, rispolvera la sua antica passione per la scrittura. E’ giornalista e reporter dal 2007 e collabora con il giornale locale Gazzetta d’Asti e altri fogli locali e con i magazines americani America24 del gruppo il Sole24ore e La Voce di New York scrivendo articoli di costume, arte e cultura. Si occupa di comunicazione per varie realtà associative nell’ambito dell’arte, della cultura , dell’enogastronomia. Ha partecipato e vinto numerosi riconoscimenti letterari con racconti e poesie e ha pubblicato nel 2011 una raccolta di racconti “Storie sole” per Carta e Penna edizioni . A gennaio 2017 è stato pubblicato il suo primo romanzo "Quella notte a Merciful street" edito da Trenta Editore.

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