Siamo alla fine del 2016. In America è stato appena eletto Trump.

Dettaglio in studio di Fons et Origo #3 insieme all’artista
Angelica Bergamini vive a Brooklyn dal 2006. E’ un’artista viareggina trapiantata a New York. Dopo le elezioni inizia a lavorare su una produzione nuova: il segno che ri(n)corre ha la forma di una radice. Una sorta di fuga dalla dimensione di incertezza seguita alla situazione politica sociale che l’artista vive in USA in quel momento. Talvolta colorate di rosso, prorompono ancora di più nel loro senso più profondo, ritrovare le proprie radici o rimanerne saldamente legata. Un vero e proprio bisogno di appartenenza, anzi, “grounding”, come spiegherà anni dopo in un’intervista la stessa artista.
Nella ricerca di Angelica Bergamini v’è un salto dimensionale tra l’esperienza umana del singolo e quella universale del cosmo. Se il suo respiro rappresenta un “ponte” tra il suo mondo interiore e quello esteriore, allora Angelica è il ponte tra la vita – la sua, quindi del singolo individuo – e quella dell’universo – ovvero tutto il resto che esiste, vive, si muove, assorbe e rilascia energia-.

Tecnica mista su carta Ilford Galerie Smooth Pearl paper
“Criticare” la produzione artistica della Bergamini non è semplice: passato, presente e futuro si specchiano l’uno dentro l’altro, rinfrangendo immagini appartenenti a ogni tempo e dimensione; inconscio e razionalità vanno a braccetto, oscillando in una danza armoniosa senza fine, mentre tutta l’energia del cosmo passa attraverso il suo corpo e il suo cuore, aperti, pronti ad accogliere quello che accade e che accadrà, per restituire una energia diversa, migliore, come la luce bianca che entra nel prisma e si rifrange scorporata, restituendo colori e visioni diverse.
E qui sta anche la sua filosofia artistica: Bergamini sposa le intuizioni e gli studi di psicanalisi junghiana secondo i quali siamo tutti collegati attraverso una energia, per l’appunto, “collettiva” – inconscio collettivo – pertanto, viviamo e agiamo in modo apparentemente individuale, e unico, ma nel quale tutti contribuiamo e dal quale tutti dipendiamo e al quale siamo correlati.

Single channel HD video
Ma questa è solo la premessa. Se voglio “criticare” un artista visivo, osservo i suoi lavori perché, in fondo, quello che l’artista offre è una manifestazione del suo vissuto mentale ed esperienziale, una visione che si concretizza in un’opera da “metabolizzare” forse decodificare, non un testo da leggere e comprendere. Ed è qui che la mia “critica” necessita di tornare. Senza condizionamenti, né premesse. Sono colpita dalle atmosfere create dalla Bergamini: colori, occhi, segni che sembrano muoversi come fossero venti, pianeti. Scopro anche dei suoni e dei disegni che si animano in gesti ripetitivi e lenti. Trovo che sia tutto molto suggestivo. La trasposizione in un’altra dimensione è immediata, ma servono altra concentrazione e altro silenzio, ovvero il “vuoto” – l’assenza di informazioni, pregiudizi e distrazioni – che permette di comprendere il senso che l’opera custodisce, quel quid che, proprio in quel momento, scopriamo custodire anche dentro di noi, in un rimando indispensabile l’uno all’altra.
Non solo l’artista dunque. Né solo io e l’artista. Ma tutti. Che poi è il fulcro della poetica filosofica della Bergamini. Attendo ancora, non mi distraggo; cambio prospettiva il mio cuore e la mia mente sono già in quei disegni, Know thyself e i suoi Video (ad es. Untitled, 2016 – e anche Remember, 2018 ), circondati dai suoni e dalle voci che solo quelle opere possiedono. Io sono là, in quei luoghi, quegli spazi, acque placide e pianeti nuovi, che si sovrappongono in poetiche visioni (Originem, 2018).
Remember – excerpt from Angelica Bergamini on Vimeo.
E’ un viaggio difficile, ma necessario. Un percorso che l’artista ci obbliga a intraprendere, una preghiera personale implicita, che si manifesta nella indispensabile presa di coscienza e libertà (in-coscienza) che le operano richiedono. Iniziando da Fons et origo (2018) si rischia un déjà-vu alla dimensione prenatale, in-utero, un richiamo obbligato dai colori e dalla loro miscela: sfumature e radici che protraggono, forse, in un abbraccio rassicurante, ma allo stesso tempo, limitativo, che impedisce il viaggio su quel pianeta. Perché è così, radici e cosmo sono in fondo una unica cosa, come siamo noi, “energia” che prende forma e spessore diversi, proprio in base ai limiti che noi stessi ci poniamo. I miei preferiti il n.1, 4 e 5: un costante rimando a me stessa e all’universo tutto, in un rimpallarsi di bianco ghiacciato – il niente, il vuoto indispensabile – verde e turchese – la vita, l’intensità, la bellezza. Che altro dire della Bergamini? Nulla, piuttosto suggerirei di meditare.