Dovete sapere che a Bozzolo, il mio paese, c’è una Madonnina dolce e bellissima. Io l’ho vista solo tre o quattro volte e la maggior parte dei bozzolesi non l’ha mai vista. Io questo privilegio me lo sono guadagnato con tanti anni di servizio come chierichetto e maestro delle cerimonie. Quando la nostra prestazione sull’altare era stata straordinaria, il vecchio Arciprete ci diceva sottovoce: “Adesso andiamo a vedere la Madonnina del Francia”. E mentre io, pignolo com’ero, mi arrovellavo per capire perché l’arciprete dicesse “del Francia”, e non “della Francia”, arrivavamo in una stanza arredata con mobili vecchi e scuri della canonica e lì in mezzo, seminascosta da un armadio, appariva lei, appena illuminata: un quadretto piccolo, da tenere in camera, non in chiesa, con una Vergine giovane bella e con un’espressione dolcissima. Restavamo lì in silenzio a guardarla qualche minuto… nessuno faceva battute o risatine, perché guardare quel quadretto era la nostra ricompensa per un lavoro ben fatto. Ed era una ricompensa più preziosa perfino dei gettoni dell’autopista e dei dischi volanti che l’Arciprete ci regalava per la fiera.

Da qualche tempo però girano in paese voci preoccupate perché pare che la nostra Madonnina, attribuita in effetti al pittore bolognese Francesco Raibolini detto il Francia, 1447(?)-1517 sarebbe in procinto di lasciare il suo modesto e riservato rifugio bozzolese per andare ad esibirsi nel nuovo Museo Diocesano di Cremona. Sì, perché Bozzolo è in provincia di Mantova, ma per le bizze del corso del fiume Oglio che demarca il confine, è in diocesi di Cremona. A farle compagnia, pare che il Vescovo vorrebbe che andasse anche una pace di argento sbalzato che raffigura un compianto sul Cristo morto. Un prezioso oggetto liturgico che riporta sotto la scena sacra lo stemma della famiglia Gonzaga, committente dell’opera.
Adesso cercherò di spiegarvi perché la Madonnina del Francia e la pace gonzaghesca devono restare a Bozzolo. Poi giudicherete voi se le mie motivazioni sono puramente campanilistiche o se hanno un fondamento oggettivo e condivisibile.

Da qualche decennio si fanno musei di tutto: a New York di recente hanno messo su quello del sesso, quello delle illusioni, quello degli ascensori… Ma la museizzazione della cultura e dell’arte le fossilizza e le rende più lontane dalla gente. I musei diocesani, poi, sono un’invenzione moderna. Prima si chiamavano chiese ed erano i luoghi in cui anche i poveri potevano ammirare le opere d’arte più belle e attraverso questa bellezza potevano avvicinarsi a Dio. Le stesse riserve le ho sul museo diocesano di Mantova che ha sottratto al santuario delle Grazie le preziose armature/ex-voto gonzaghesche, lasciando “buchi” assurdi tra le affollatissime nicchie dell’apparato decorativo.
Il trasferimento a Cremona della Madonnina del Francia e della pace gonzaghesca impoverisce la comunità di una bellezza che le appartiene da secoli. I proprietari di questi capolavori, infatti, sono i bozzolesi; non l’Arciprete e nemmeno il Vescovo.
Le due opere, nella fattispecie, non hanno nulla a che vedere con Cremona: il Francia fu attivo soprattutto a Bologna e fu pittore di corte a Mantova dove dipinse anche la pala di s. Leonardo. La pace d’argento, poi, è una commissione gonzaghesca e della famiglia mantovana ha anche lo stemma.
La mia umile proposta è questa: considerando che la causa di beatificazione di don Primo Mazzolari procede e che comunque il flusso di visitatori e pellegrini a Bozzolo continua ininterrotto, perché non considerare di allestire un piccolo percorso espositivo che colleghi casa arcipretale, sacrestia e chiesa di s. Pietro? In questo modo Bozzolo presenterebbe i momenti salienti della sua storia religiosa attraverso una selezione di opere d’arte e oggetti di culto tra cui, ovviamente, spiccherebbero la Madonnina del Francia e la pace gonzaghesca.