“Il Mediterraneo è un’immensa spugna che è stata lentamente intrisa di tutta la conoscenza. “
Fernand Braudel
E’ stato inaugurato il 13 Settembre e sarà in mostra fino al 18 Settembre, presso gli spazi dell’elegante gallery “One Art Space” di Tribeca, il coraggioso progetto artistico di due magnifiche creative Made in Italy, Luigia D’Alfonso e Ada Perla; il loro “Visionary Bridge – Sabìr” prende le mosse dalla comune terra madre, l’Italia appunto, da sempre stata gentile landa inspiratrice da generazioni e per generazioni. Luigia e Ada sono nate e cresciute a Roma e il loro connubio artistico prende luce da un’evidente urgenza comune: il tutto inizia nel 2012 quando entrambe si uniscono per creare, dapprima, una linea di moda dipinta che fosse artistica, ma sarà il successivo incontro con il maestro Giò Coppola a fisionomizzarsi, per entrambe, come rivelatore: il maestro Coppola, infatti, svela loro una particolare tecnica di pittura su tessuto, tecnica che diventerà, quindi, per le due creative, potente fonte di inspirazione e pilastro portante al fine di elaborare un linguaggio tanto nuovo quanto marcatamente distintivo che sia in grado di comunicare idee, concetti e paradigmi emozionali attraverso l’ausilio di un canale vergine, mai esplorato prima. Il canale che le due artiste hanno così deciso di prediligere nella coniazione di questo loro meraviglioso alfabeto è il colore; il solo ed esclusivo tratto cromatico diventerà, perciò, un moderno Caronte veicolatore, teso a soddisfare la loro impellenza espressiva. Nasce così Sabìr, una preziosa rielaborazione artistica di quello che fu un antico linguaggio utilizzato da remoti popoli mediterranei.
Sabìr è un linguaggio dell’anima, Sabìr è Mediterraneo, è Penelope che tesse la tela in attesa del suo Ulisse, è silenzio, è pazienza, è forza, volontà di comunicare, Sabìr è terra di migranti, di attese, di voci silenti, di grida espresse tramite il potere di un colore, di una particolare cromia. Con il loro rivoluzionario progetto creativo (spronato nello sviluppo dall’altrettanto esclusiva iniziativa culturale di Liria Ingallina, “Secret Essence of Italy”, tesa a costruire un ponte ed un valido palcoscenico negli Stati Uniti per gli artisti italiani emergenti ) le due artiste italiane affidano al colore e alle potenti suggestioni delineate dall’intreccio di differenti cromie, l’opportunità di vivificare emozioni e stati d’essere; è il colore il protagonista assoluto, quindi, responsabile unico nell’ardua impresa di rendere palpabile l’impalpabile. Luigia e Ada ci parlano di ricordi, di densi silenzi, di coste talmente vivide le cui forme astratte, tratteggiate dal solo colore, paiono quasi squarciare la tela. Il colore viene, quindi, utilizzato come ponte, come magnifico legante tra un ricordo e la retrospettiva emozionale che da questo inevitabilmente ne scaturisce; è il colore a suggestionare, a risvegliare e richiamare forme, concetti, idee e pensieri, comunicandoli attraverso l’unico canale che da sempre è stato capace di scuoterci come essere umani: l’emozione. Pensieri, suoni, parole e reminiscenze che Luigia e Ada hanno impresso e racchiuso nel tratto cromatico delle loro tele, “urgenze” che conservano il profumo ed il sapore di terre siciliane, che sanno di Mediterraneo.
L’uso di ogni specifica cromia è dettato da scelte altamente ponderate ed esaminate: il colore prende a delinearsi seguendo un alfabeto formale assolutamente astratto, astrazione delle forma che però non ne depotenzia il riverbero emotivo, anzi ne rafforza ogni singola suggestione: nelle tele più “ariose” e gioiose è da notare, in proposito, come la sovrapposizione delle forme astratte non coincida affatto con la restituzione di una suggestione emotiva “opprimente ed ingabbiante”, ma anzi il contrario, ciò a testimonianza del fatto che è il solo colore a farla da padrone, subordinando e dominando la forma in maniera del tutto incontrastata.
Alcuni canovacci lasciano il segno: la perfetta coerenza tra la “studiata gestualità” di specifici tratteggi cromatici e l’intenzione emotiva che questi vogliono esprimere, raggiunge, nella maggior parte di questi lavori, alcune parentesi di delicata armonia capace di immobilizzare, in maniera sorprendente, lo sguardo dello spettatore, al punto che perfino l’occhio più “distratto” può rischiare di rimanerne vittima. Il vorticoso intreccio di cromie corre, quindi, a delineare forme tanto astratte quando dense di suggestioni emotive talmente vivide e concrete da risvegliare perfino le immaginazioni più assopite ed è proprio grazie a tale potenza empatica che l’astrazione della forma arriva a sgretolarsi nell’immaginario spettatoriale, assumendo fisionomie, volti e riecheggi formali talmente tangibili e chiari da riuscire a fondersi con la suggestione emotiva che li ha innescati ed è proprio su questo scarto che si gioca l’equazione vincente: il canale emotivo, in virtù della sua stessa potenza comunicativa, acquisisce ora un volto, una corporeità formale, equazione, quindi, che rende “Visionary Bridge” una delle espressioni creative più entusiasmanti del suo genere.