Chi mi conosce bene, e a dir la verità anche chi non mi conosce bene, sa che sono sempre alla ricerca di qualcosa, a volte non so bene cosa, a volte lo so fin troppo bene.
Spesso mi capita di non riuscire a prendere sonno, mi giro e mi rigiro nel mio letto con in testa mille idee; a volte accendo la luce della mia camera, leggo qualche pagina di un libro, altre mi alzo, disegno o accendo il computer e scrivo, proprio come ora.
Penso che senza questa mia indole non sarei mai venuta a New York.
Dare sfogo a tutte le passioni, coltivare ogni mio desiderio senza mai fermarmi è il mio modo di vivere questa città e prenderne il meglio.
Nello scrivere della magica New York, non so nemmeno come, ho iniziato una collaborazione con tre artisti della mia terra, il Salento, che nella sua spontaneità si è rivelata sorprendente.
Simbiosi tra le mie parole e le loro opere. Artisti che, con sensibilità ed empatia, sono stati capaci di leggere dentro il mio cuore tanto da non essere necessarie spiegazioni, rappresentando i miei ricordi e la mia personale visione di New York senza esserci mai stati…se non sono loro a dover vivere per dipingere non so chi altri!
Artisti di talento ma riservati e umili esprimono oggi, con parole, le sensazione raccontate con colori e pennelli.
Senza perdermi in ulteriori discorsi ve li presento: Andrea “Reà” Mariano, laureato presso il Dipartimento di Arti Visive dell’Università di Bologna, specializzato in storia dell’arte contemporanea. “Arti”ficiere, storico e critico d’arte, votato alla grafica, alla moda e alla scrittura. Responsabile del progetto creativo GARRAGE76. Il suo motto: “L’arte crea indipendenza!”. Attualmente vive nella città di Botrugno in provincia di Lecce.
Daniela Esposito: laureata all’Accademia delle Belle Arti di Lecce, specializzata in restauro. Pittrice, decoratrice e illustratrice. Ama i colori in ogni sfumatura e gradazione, il contatto con gli stessi, immergere i pennelli nella pittura fresca, la sua tavolozza e una tela bianca pronta a raccontare una nuova storia. Il suo motto viene da colui che considera il piú grande dei maestri di tutti i tempi, Vincent Van Gogh: “Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare.” Attualmente vive nella città di Surbo in provincia di Lecce.
Simone Corvaglia “Monè”: laureato all’Accademia delle Belle Arti di Lecce, specializzato in grafica editoriale e pubblicitaria. In continua ricerca insegue la bellezza, trasforma la materia, ama la natura, guarda le stelle, fà arte, ascolta musica. Il suo motto: “Scoprire la bellezza, darle spazio e farla durare nel tempo”. Attualmente vive nella città di Poggiardo in provincia di Lecce.
Tante le interviste a persone che sognano di trasferirsi nella grande mela, ma cosa ne pensano di New York 3 artisti nati e cresciuti in Salento che non ci pensano e non ci hanno mai pensato a trasferirsi nella metropoli?
Scopriamolo subito!
- Quali sono state le tue prime sensazioni vedendo la tua opera pubblicata insieme ad articoli che raccontano di New York?
ANDREA: “Soddisfazione ed entusiasmo per una collaborazione sana e fertile.”
DANIELA: “È stata una collaborazione nata in modo semplice, sincero e di stima reciproca. Felice nell’aver ricevuto quella fiducia che mi ha regalato stimoli senza i quali quei disegni, probabilmente, non sarebbero mai fuoriusciti dalla mia matita.”
SIMONE: “Entrare in una famosa galleria d’arte e nella sala principale trovare una sola opera, una mia opera, esposta agli occhi di tutti. Leggere il mio nome accostato al nome della città più affascinante del mondo: New York. Emozione indescrivibile!”
- Quali sensazioni ti hanno spinto a scegliere di realizzare proprio quell’opera?
ANDREA: “Da un pò di tempo sto lavorando su un ciclo di opere legate al linguaggio e alla forza che esso ancora mantiene nella comunicazione contemporanea. Per cui nell’opera “There/Anywhere”, ho scelto di estrarre un passo dal famoso brano sinatriano “New York, New York”: “If I can make it there I’ll make it anywhere” . Ritengo che proprio in questo piccolo passo sia concentrata tutta la forza concettuale del pezzo stesso, in particolar modo se accostato al contenuto dell’articolo per cui il lavoro stesso è stato eseguito.”

DANIELA: “È stata la trasposizione su foglio dell’immagine che la mia mente ha generato dopo aver letto i tuoi pensieri. Nel primo articolo a cui ho collaborato, New York viene raccontata facendo riferimento al romanzo di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”.

Il mondo vivace e colorato di Alice ha rappresentato un binomio perfetto tra il tuo pensiero ed il mio disegno trovandomi catapultata, non so come, nel bel mezzo di Time Square.
Nel secondo articolo vengono raccontate le sensazioni di un’immigrata a New York parlando della scuola El Centro e ti ho immaginata come una biondina col cappottino rosso, che nonostante mille difficoltà, riesce a vivere la vita e a coglierne le opportunità con la bellezza di un cuore puro come il suo.”
SIMONE: “Energy” è il titolo della mia opera, quella che ritenevo vicina alla città. Un susseguirsi sfrenato di sfumature sature, di colori impazziti, rivelano la velocità del tempo che scorre in una metropoli come New York. Un tempo accelerato, un tempo che toglie il respiro, un tempo che toglie il tempo stesso. Bisogna impiegare tutta l’energia a disposizione per poter lottare in una città di questa portata. Bisogna cercare di essere se stessi per poter trovare una propria dimensione, una propria identità, per perseguire il proprio sogno.”

- Perchè credi che io mi sia sentita così tanto rappresentata dalla tua opera nonostante la distanza fisica e di vissuto quotidiano, senza che fosse necessaria la condivisione dei miei ricordi e pensieri nel dettaglio?
ANDREA: “Perchè credo che l’arte sia un linguaggio universale che attraversa dinamiche esperienziali insolite che spesso viaggiano su binari emozionali e persuasivi difficilmente decifrabili razionalmente.”
DANIELA: “Personalmente non amo usare con semplicità la definizione di artista, specie in un tempo in cui l’importanza di questa parola si è un pò banalizzata. Non voglio peccare di presunzione, io per prima non mi definisco tale, ma credo che un artista abbia il dono di trasmettere le più intime emozioni tramite il proprio linguaggio, sia esso una composizione musicale o una rappresentazione teatrale, un dipinto o un piatto prelibato, poco importa. Mi sono fatta trasportare dalle sensazioni trasmesse attraverso le tue parole, ho immaginato le emozioni che hai provato, provandole io stessa e, con grande naturalezza, ho trasportato quelle emozioni colorandole su tela. L’arte dona una sensibilità capace di creare connessioni di ogni tipo.”
SIMONE: ‘Credo che “Energy” si possa accostare facilmente al nome di Sara. Sulla tela l’espressione perfetta di dinamismo e irrequietezza, centralità e profondità dell’essere. Velocità di pensiero e capacità di esecuzione, ma soprattutto voglia di scoprire, di continuare ad immaginare. Fantasia come pane quotidiano.”
- Cosa pensi di New York, come persona che non c’è mai stato, solo leggendo i miei racconti?

ANDREA: “Rispondo con una citazione tratta dal film The Big Kahuna: “Vivi a New York per un pò ma lasciala prima che ti indurisca”. Credo che New York sia una fucina di possibilità e prospettive, di fermento ad alta, altissima velocità, ma che come ogni esperienza adrenalinica debba essere saggiamente dosata per non venirne travolti e stravolti nell’identità e nell’anima.”
DANIELA: “Prima di leggere i tuoi articoli immaginavo la Grande Mela come una città irraggiungibile in cui tutto è enorme, colorato e divertente. Una città dove non ci si può mai annoiare, dove culture diverse si incontrano e tutto è a portata di mano. Ogni cosa detta, ogni immagine vista, ogni canzone ascoltata, ogni film su una realtà che non conosciamo personalmente influenza inevitabilmente l’idea che ci creiamo di essa, a volte in modo banale.
Leggere un’esperienza sincera, nel bene e nel male, di una persona che vive ogni giorno una città come New York fa riflettere su quanto una visione fantasiosa possa alterare la realtà, creandone una alternativa nel proprio immaginario. La bellezza di questa città non è data solo dalle opportunità che regala e dal bagliore delle luci, ma dalle storie vere delle persone che la vivono, così diverse tra loro eppure in qualche modo così simili. Un pò come la vita, che non è solo fatta di risate e colori, ma esistono anche tante sfumature di grigio nel cammino di ognuno di noi”
SIMONE: “Penso di essermi sentito trasportato nella Grande Mela ogni qualvolta ho letto un tuo articolo; mi ritrovavo a Time Square avvolto da mille luci pubblicitarie o ad ascoltare la melodia di un sax suonato in una metro o ad ammirare la grandezza di alberi in Central Park. Incredibile, tutto questo a migliaia di km di distanza.”
- Come ti vedresti a vivere in una città come New York?
ANDREA: “Secondo me, per vivere in una città come New York bisogna esserne inconsapevolmente inclini. Mi piacerebbe visitarla e viverla, ma solo per brevi periodi. Sicuramente non è il luogo nel quale metterei radici o mi fermerei a costruire qualcosa, perché se da un lato mi affascina e mi intriga, dall’altro mi spaventa e mi disarma per via delle sue velleità.”
DANIELA: “Vivo in un paese che ha le sue tradizioni e la sua “tranquillità”. L’idea di vedermi in una città come New York è eccitante e terrorizzante al tempo stesso. Se provassi ad immaginarmi lì una parte di me si vedrebbe mentre disegna a Central Park in mezzo ad altri cento mentre un gruppo di musicisti allieta tutti con della buona musica jazz. L’altra, meno sognatrice e forse più veritiera, mi vedrebbe bloccata e smarrita per aver sbagliato fermata nell’immensa rete metropolitana!”

SIMONE: “ Al sol pensiero New York ha la capacità di sminuire chiunque, di farlo sentire piccolo e smarrito. In valigia, oltre al biglietto per il viaggio, i maglioni e gli occhiali da sole, bisogna portarsi una certezza, quella di un sogno e il forte desiderio di realizzarlo. Questo potrebbe essere l’antidoto per affrontare il turbinio di emozioni. Mi vedo rimbalzare da un museo ad un altro, lo sguardo catturato da un manifesto pubblicitario, ammaliato dalle luci a neon, colorate, glitterate. Senza una fine mi sentirei smarrito e allo stesso tempo incluso in un numero indefinito di passanti che il mio volto non riuscirei a distinguere.”
- Le prime tre parole che ti vengono in mente pensando a New York?
ANDREA: “Preferisco 3 lettere: W O W!”
DANIELA: “Caotica, sorprendente ed eclettica.”
SIMONE: “Magica. Frenetica. Contemporanea.”
- Quali differenze credi ci siano tra New York e il Salento? (positive e/o negative)
ANDREA: “Suppongo siano difficilmente paragonabili le due realtà. Sospendendo ogni giudizio, mi fermerei alla differenza più lampante e forse ovvia: la dimensione fisica e di conseguenza umana cui possono dar vita due ambienti così diametralmente lontani. Eppure un’evidenza in comune ce l’hanno: entrambe hanno legato e legano la loro storia al mare e solo chi ci vive a stretto contatto può capirne l’intensità della sua presenza e la sua attitudine alla costruzione di ponti e possibilità.”

DANIELA: “Il Salento è sicuramente una terra calda dove chiunque venga a visitarne i mari e ad assaggiarne i sapori frutto delle campagne, ne rimane innamorato. È una terra costellata di paesi in cui tutti si conoscono e dove il tempo sembra essersi fermato. Eppure una terra che ha così tanto da offrire, nello stesso tempo, ha altrettante da togliere con spine che pungono le persone che ci vivono, soprattutto i giovani. Il lavoro: uno dei problemi più grandi di questa terra. Chi è fortunato, sgomitando, ha trovato il suo posticino e decide di restare, gli altri fanno la valigia e partono per cercare fortuna altrove. Il Salento non sempre riesce a darti stimoli per dar un senso a tante cose. Il tempo sembra scorrere lentamente, forse anche troppo. Una città come New York è l’esatto contrario, sempre in continuo fermento potrebbe offrire di tutto a chiunque decida di cercare fortuna. Offre stimoli, lavoro e la possibilità di crescere professionalmente, di trovare qualsiasi cosa uno abbia voglia di fare. Tutto questo però immagino potrebbe avere un prezzo da pagare. In una situazione in cui hai la possibilità di fare tutto e le distanze sono triplicate, il tempo scorre velocissimo e spesso non se ne ha più per stringere rapporti profondi, da coltivare e maturare. Ecco, è come se ad una parte mancasse l’altra.”

SIMONE:“In Salento ci vivo e posso sostenere che è una terra magica e incontaminata, contornata da un mare cristallino e con un entroterra meraviglioso, ma con non poche difficoltà a livello gestionale e logistico. È una terra che ha ampi margini di miglioramento ma che è ancora influenzata da una visione limitata. Invece New York la immagino come la città dei sogni. Il simbolo della modernità, delle opportunità, degli scambi. Una realtà stimolante che permette una crescita personale. Credo che una volta vissuta New York ti cambia l’esistenza.”

- Può quindi l’arte essere un ponte tra questi due mondi così diversi e perchè?
ANDREA: “L’arte è un circuito universale di energia. In ogni luogo della Terra, anche il più remoto, nel quale ci sia un creativo in azione, lì si crea un nodo di una rete più grande di noi, che, dall’alba dei tempi, ha accompagnato il cammino umano e continuerà a farlo superando distanze fisiche e culturali, perché in grado di viaggiare su lunghezze d’onda che non conoscono muri o confini.”
DANIELA: “Sicuramente! A mio parere, specialmente in ambito artistico, la diversità porta a stimolare l’artista che ha modo di crescere attraverso il confronto con ciò che è diverso da lui e dal suo modo di pensare. Non potrebbe che nascere qualcosa di bello.”
SIMONE: “L’arte è principalmente comunicazione, è scambio di idee, di visioni e di espressioni. Non è difficile immaginare un ponte che collega due realtà così diverse e così distanti tra di loro, un ponte capace di amalgamare le differenze culturali ed esaltarne le sfumature attraverso il racconto di ogni artista. L’arte ha il potere di annullare i pregiudizi e combattere l’ignoranza, l’arte è magia, ed è per questo che, due mondi apparentemente divergenti, si ritrovano vicini.”
