Alle bambole ha preferito un saldatore per oreficeria. Aveva appena dodici anni Sara Greco, quando ha chiesto ai genitori questo insolito regalo di compleanno.
Ventidue anni dopo, Sara, salentina, è una giovane orafa affermata che entrata in un mondo di solito riservato al mondo maschile: quello del prestigioso Diamond District di Manhattan. Una lunga gavetta tutta italiana nelle oreficerie e botteghe artigianali ad incastonare pietre, lavorare metalli.

Creatività, precisione, caparbietà e soprattutto molta passione l’hanno portata a creare un marchio proprio con cui ha già realizzato cinque collezioni. “Di questo mondo mi affascina l’arte certosina dell’incastonatura e dell’incisione. Le mie collezioni sono ispirate alla natura, alla mia terra, dove amo utilizzare molto i cristalli naturali così come sono stati creati dalla natura”.
Sara quando hai iniziato ad appassionarti di gioielli e capito che sarebbe diventato il tuo lavoro?
“A 12 anni ho chiesto ai miei genitori di comprarmi un saldatore per l’oreficeria. Vengo da una famiglia di artisti, mia madre si dedica alla pittura, mio padre alla scultura, nessuno però di loro lavora nel campo dell’oreficeria. Alla passione per la creatività, si è unito lo studio e una lunga gavetta. Ho studiato presso l’Istituto State D’Arte di Lecce con indirizzo “Arte del Metalli e dell’Oreficerie” e ho cominciato sin da giovanissima a frequentare i laboratori orafi della provincia, per apprendere il più possibile. Dopo gli studi sono andata nel vicentino per specializzarmi e lì ho frequentato corsi di design e modellazione della cera, taglio e analisi gemmologica delle pietre preziose presso l’Ente di formazione I.RI.GEM. Ho anche avuto l’opportunità di apprendere l’arte della selezione di diamanti tramite aziende della realtà vicentina”.

Cosa ti affascina di questo mondo?
“Il mondo delle pietre mi ha sempre affascinato molto, l’arte certosina dell’incastonatura e dell’incisione. Volevo creare un connubio fra le pietre e l’oro, per questo decisi di approfondire le mie conoscenza con lo studio di queste arti e imparare i segreti dai più eccellenti maestri dell’arte orafa napoletana frequentando il Tarì Design School – TADS nel casertano, fino ad arrivare alle mie creazioni personali.
In circa 20 anni di lavoro posso affermare, con tutta onestà, di aver sempre curato personalmente a mano nei minimi dettagli la realizzazione dei gioielli, in ogni singola fase della lavorazione, dal disegno alla rifinitura finale, compreso il complesso e antico procedimento della “Fusione a cera persa”, in cui ho avuto modo di specializzarmi con anni di esperienza, cercando sempre nuove tecniche all’avanguardia, senza però dimenticare le mie origini nell’arte orafa”.
Sei probabilmente l’unica italiana o tra i pochissimi a lavorare nel famoso Diamond District a Manhattan per un’azienda che realizza gioielli, produzioni orafe per clienti privati e brand importanti.
“Il Diamond District è il più grande quartiere commerciale del mondo per tutte le dimensioni e forme di diamanti. Oltre il 90% dei diamanti che entrano in questo paese passano attraverso New York City e la maggior parte di loro vanno nel Diamond District. Più di 2.600 imprese indipendenti sono situati nel quartiere dei diamanti, e quasi tutte sono legate ai diamanti o ai gioielli. All’inizio, durante una vacanza a New York, ero incuriosita dai negozi di gioielli sulla 47esima ma ho scoperto che si occupano solo della vendita e che i reali laboratori orafi sono inaccessibili, perché dentro agli enormi grattacieli. Tornai in Italia ma con la voglia di migliorarmi e di fare nuove esperienze. Così pensai ad un altro periodo in visita a New York. Cercando un alloggio, un po’ per gioco un po’ per un caso fortuito, lessi un annuncio da parte di un’azienda orafa che cercava una persona specificatamente qualifica nel settore orafo, con l’abilità, creatività nello sviluppo di nuove collezioni e progetti e una particolare versatilità nell’eseguire e seguire ogni fase di lavorazione, con la capacità in più di essere in grado di svolgere contemporaneamente un ruolo manageriale. D’obbligo anni di esperienza alle spalle. Ebbi la sensazione che quell’annuncio parlasse proprio di me.

L’azienda newyorchese , la “P CAT CUSTOM”, rimase subito colpita dalle mie competenze ed esperienza e dalla mia manualità e senso artistico. Sin da subito ci fu una sintonia artistica, anche al di là delle distanze e della lingua al punto che l’azienda mi fece da sponsor per il visto 01, il visto per persone di straordinaria abilità, sicuramente tra i più complessi da ottenere negli Stati Uniti, riservato ad artisti ai quali vengono riconosciute abilità particolari nel proprio mestiere. Non ci sono molti italiani nel Diamond District, se non veramente nessuno, i colleghi e le persone che incontro sono per lo più russi, israeliani e americani. E’ stato complicato ma stimolante l’adattamento a questo nuovo modo di creare gioielli”.
Quali sono state le difficoltà?
“Il tempo ad esempio è inteso in maniera completamente diversa da quella europea. I gioielli si realizzano in tempi molto piu ristretti, senza far venire meno la qualità e la perfezione dell’esecuzione. Anche l’uso del microscopio è stato qualcosa di nuovo obbligandomi ad assumere una certa postura diversa da quella usata per 20 anni. Col tempo, pratica e caparbietà mi sono abituata ed ora davvero non potrei lavorare senza dato la perfezione che l’uso di questo strumento mi permette di raggiungere”.
Ci sono differenze tra la gioielleria italiana e quella americana, quando parliamo di design e lavorazione?
“Il design americano è più minimalista, lineare, mentre in italia è più elaborato. In America è importante la precisione estrema del prodotto finito. Non si possono fare errori di esecuzione, tutto deve essere perfetto. Il fattore tempo è fondamentale: vale la regola della velocità. Finire tutto, bene e in tempo veloci mentre in Italia il lavoro ha tempi più lunghi. Qui a New York usiamo macchinari tecnologici all’avanguardia, dal microscopio alle saldatrici laser e programmi di design al computer, mentre in Italia si lavora esclusivamente con lime e carta smeriglio, attrezzi e metodologie tradizionali, cosa che qui ovviamente sarebbe impossibile perché richiederebbe tempi troppo lunghi”.

Che spazio si dà alla creatività e all’artigianalità italiana, quella che ci contraddistingue?
“Proprio la mia formazione italiana, artigianale, ha fatto la differenza quando l’azienda per la quale lavoro ha scelto me. Oggi molti clienti vogliono dei prodotti fatti interamente a mano, dal disegno al prodotto finale. In questo, la mia esperienza artigianale italiana, il mio lavoro presso le botteghe orafe, mi ha dato la giusta formazione e competenza. Ciò che amano di me è quella libertà di spaziare nell’arte senza barriere mentali e irrigidimento”.
Quali sono state le tue soddisfazioni più grandi?
“Con ‘P CAT CUSTOM’ abbiamo curato e curiamo la realizzazione di gioielli per Eva Fehren finiti poi nelle copertine prestigiose di Town & Country, Elle, Glamour, In Style, Vogue, Marie Claire, The New York Times, The Wall Street Journal e CFDA Fashion Awards e importanti clienti come Rihanna, Jennifer Lawrence, Emma Watson, Gwyneth Paltrow e Cara Delevingne. I gioielli sono stati anche recentemente pubblicati sulla copertina della rivista The Oprah Magazine, indossati dalla stessa Oprah. E tanti altri brand newyorkesi come Kathrin Jetter, Mish New York, Gianna Toboni, e la creazioni di gioielli per lo store ufficiale del Metropolitan Museum of Art.
C’è anche il tuo marchio Sara Greco Gioielli con le tue personali creazioni
“Nel giro di pochi anni il mio brand si è fatto conoscere grazie a collezioni come “Argentovivo, “Improntae”, “Sognando…” e “Terra degli Ulivi” e la mia ultima collezione “Terra Madre”. Sono collezioni ispirate alla natura, alla mia terra, dove amo utilizzare molto i cristalli naturali così come sono stati creati dalla natura. Il design, nelle mie collezioni è sicuramente più fluido, meno minimalista di quello realizzato per produzioni private.

“Terra Madre” è una collezione alla quale sono particolarmente legata perché rappresenta tutto ciò che è per me la mia terra, il Salento. In questa collezione, più che mai son riuscita ad esprimere ciò in cui credo e sono, e penso che la persone che mi seguono da anni abbiano percepito questo, come mi ha dimostrato la reazione del pubblico, che mi ha dato immensa gioia ed orgoglio. E’ stata una soddisfazione vedere la mia collezione apprezzata anche a New York. Ora sto lavorando ad una nuova linea che rappresenta un’innovazione del mio stile. Ancora una volta, ad ispirarmi sono la terra e la natura”.

Cosa rappresenta per te un gioiello e il ruolo che assume in America rispetto all’Italia?
“Il gioiello per me è importante perchè da luce alla persona che lo indossa, definisce ed esprime la personalità. Amo lavorare l’argento, l’oro e soprattutto il platino perchè essendo un metallo con particolari proprietà ha dei vantaggi nella lavorazione e nella finitura. Le mie pietre preferite sono lo smeraldo e l’opale per i loro colori e la loro rarità. Se negli anni Ottanta l’acquisto dei gioielli in Italia prescindeva dal ceto sociale, oggi è appannaggio dei ceti più alti. In America, il gioiello è ancora importante e si spendono grosse cifre per anelli di fidanzamento con diamanti di grandi dimensioni e valore”.
Quali sono le richieste più bizzarre che alcuni clienti ti hanno fatto?
“Un diadema fatto di foglie e pietre, fra le richieste più bizzarre. Ora stiamo lavorando ad un bracciale in oro giallo massiccio e diamanti ispirato al mare”.
I gioielli che una donna dovrebbe sempre indossare?
“Io personalmente amo gli orecchini voluminosi. Ma è mia opinione che sia una buona scelta indossare solo una collana, o accoppiare orecchini e anello perché non è necessario indossare un’intera parure per essere elegante e originale. Inoltre il gioiello è per me inteso come un accessorio moda che può essere una classica parure o una cinta, un fermaglio, una spilla, un decorazione per scarpe. Non ci sono limiti alla fantasia e alla creatività se si ha buon gusto”.