I nuovi linguaggi dell’arte italiana e dell’italianità protagonisti della scena curatoriale di Manhattan, dove lo scorso 20 aprile GR Gallery ha inaugurato la mostra: Incandescent Chomophilia.
L’esposizione prende le mosse dal lavoro di due voci apparentemente distanti del panorama contemporaneo ma che attingono, entrambe, alle suggestioni dell’arte cinetica e astratto-geometrica. Si tratta di Ron Agam, franco-israeliano con molta arte italiana nel DNA, e Marco Casentini, docente dell’Accademia di belle arti di Brera che divide il suo lavoro tra la California e la vivace scena milanese.
Frutto del lavoro curatoriale di Eva Zanardi e Alberto Pasini, la mostra raccoglie 25 tra i lavori più recenti dei due artisti. Essi esplorano l’enorme potenziale del linguaggio della geometria da prospettive diametralmente opposte: da un lato la fascinazione per le forme architettoniche e il paesaggio urbano di Casentini, dall’altro le suggestioni più intimiste e metafisiche di Ron Agam.
Marco Casentini ci ha accompagnato in una lettura delle sue opere e della sua identità di artista: “Nel mio lavoro mi faccio condizionare molto dalla geometria urbana – i tagli, i materiali, le forme di cui consiste una città spesso mi danno emozioni più intense di quelle provate in un museo. E anzi, trovo che l’architettura come linguaggio sia molto spesso qualche passo avanti rispetto all’arte.”

“Quello dell’arte cinetica è un vocabolario a me estremamente familiare.” Ha raccontato, dal canto suo, Ron Agam, percorrendo con lo sguardo i suoi lavori “Mi sento particolarmente a mio agio nel mondo astratto delle forme e dei colori e mi piace lavorare in questo universo. Come artista, cerco sempre di immortalare la perenne distruzione dell’armonia del mondo, che oggi tende a spaventare molti ma che credo vada compresa e accettata”.
La storia di GR Gallery parte da lontano. Concepita come costola newyorkese di Studio d’Arte GR, il progetto nasce negli anni Settanta in Italia con l’intento di valorizzare e promuovere i linguaggi della post-avanguardia di chiara matrice mediterranea. “GR Gallery è specializzata in un campo artistico estremamente vicino alla mia sensibilità” spiega Ron Agam, raccontando come è venuto a contatto con la galleria “ed è probabilmente l’unico spazio a New York così attento ai linguaggi dell’arte cinetica e astratto geometrica – E poi mi piace perché è diretta da italiani!”.

Per Marco Casentini quello con GR Gallery è un rapporto ormai consolidato. A partire dalla collaborazione alla mostra inaugurale del 2016, che ha raccolto i lavori di esponenti storici della pittura ottica insieme a figure più recenti, il rapporto dell’artista con la galleria è proseguito senza interruzioni. “Alberto Pasini mi contattato proponendomi un confronto con Ron Agam” ha raccontato l’artista a La Voce “individuando in tutti e due un passato e un presente molto simili: lui un pittore israeliano trapiantato a New York, io un artista Italiano diviso tra il lavoro a Milano e la California.”
Ma è proprio questa ricchezza di esperienze culturali e geografiche ad arricchire il vocabolario artistico della pittura di Casentini. “prima di scoprire” la California avevo una tavolozza molto monocroma, lavoravo molto sulle terre, sui verdi, sui bruni: i colori della mia terra. Dopo il mio primo viaggio a Los Angeles ho scoperto questa luce incredibile, queste ombre nette, quei toni molto vivi che si trovano ovunque: elementi che sono entrati nel mio lavoro e, inconsciamente, nel mio linguaggio ovunque io mi trovi”, Confessa Casentini, ricordando l’omaggio particolare di un collezionista di Los Angeles “grazie per dipingere con i colori della California”.
Ma le influenze del paesaggio sul vocabolario creativo dei due artisti non si limitano alla costa del Pacifico. Sottolineando il felice accostamento curatoriale al lavoro di Casentini, Ron Agam – la cui opera La France è esposta nella sede del Consolato francese di fianco a un Michelangelo – ci ha raccontato del suo amore per l’arte italiana. “Ho passanto lunghi momenti della mia infanzia a Firenze quasi ipnotizzato dalla galleria degli Uffizi e dalla città intera – ha ricordato con piacere parlando con La Voce – Un bambino non riesce a comprendere le proprie reazioni di fronte ai capolavori del Rinascimento: o si amano o si odiano. Di fatto, dopo le mie frequenti visite a Firenze, per quasi due decenni sono stato influenzato dal lavoro di Piero Della Francesca, dal suo ritratto del duca di Urbino. Una storia che continua a risuonare, ancora oggi, nel mio lavoro.”