I bibliofili lo sanno bene: a volte si entra in libreria senza sapere cosa si vuole comprare, lo sguardo si perde tra le centinaia di libri sugli scaffali, finché non viene catturato da qualcosa che ci parla. È la copertina a stabilire quella prima connessione con un libro di cui non si conosce ancora il contenuto. La copertina è il vestito, il pacchetto, il biglietto da visita con cui un libro si presenta. Da qualche anno l’editoria italiana ha cominciato (o ricominciato) ad affidare alle illustrazioni il compito di raccontare (ma non troppo) il contenuto del libro. Da questa trasformazione, da questa “rivoluzione” tutta italiana, nasce la mostra Cover Revolution! (appunto) in corso all’Istituto italiano di Cultura fino al 26 ottobre e curata da Melania Gazzotti, che aveva già portato nella stessa sede due degli illustratori qui esposti. In un percorso che è un po’ un viaggio letterario, sono esposte le illustrazioni di Franco Matticchio, Lorenzo Mattotti, Emiliano Ponzi, Guido Scarabottolo, Gianluigi Toccafondo e Olimpia Zagnoli.
“Negli ultimi dieci anni le copertine dei libri delle case editrici italiane sono cambiate molto – spiega Gazzotti – Grazie ad alcuni coraggiosi art director e a un gruppo di illustratori di grande valore, l’illustrazione è diventata predominante sulle copertine italiane. In Italia si cerca di fare in modo che l’editore sia riconoscibile, ma all’interno di questa gabbia, gli illustratori hanno saputo giocare creando stili molto personali. Per offrire un panoramica di questo fenomeno, ho scelto sei illustratori di generazioni e stili diversi, che lavorano sia in digitale che con le tecniche tradizionali”.
Per chi ama i libri è spesso spiazzante entrare in una libreria di un paese straniero, dove la comunicazione sulle copertine segue altri codici. E se in Italia abbiamo una tradizione di copertine sobrie, minimali, che rivelano pochissimo del contenuto del libro, negli States sulle cover trovano spazio immagini più “strillate” che spesso sembrano ricalcare i toni e lo stile di una cultura pop più cinematografica.
“In America si osa molto e l’identità della casa editrice è lasciata in secondo piano, anche lo stesso autore viene trattato in modi diversi sulle diverse copertine. Invece in Italia si tende a legare lo stile di un unico illustratore a un autore specifico, come nel caso di Emiliano Ponzi, che illustra le copertine dei libri di Bukowski per Feltrinelli, o Olimpia Zagnoli con le opere di Miller. In questo modo si crea un dialogo tra le diverse opere e questo funziona anche dal punto di vista commerciale perché crea riconoscibilità”.

È lo stesso Emiliano Ponzi a raccontarci questa dinamica: “Prima di Bukowski avevo illustrato la serie di José Saramago dove però le mie potenzialità espressive restavano un po’.. in potenza, appunto. Per Bukowski abbiamo deciso di creare una serie con una strategia precisa: far diventare la copertina un palcoscenico su cui si muovono i personaggi di Bukowski che, come si sa, sono sempre su una linea di confine molto sottile tra la finzione e la sua biografia. In Bukowski c’è l’ulteriore sfida di trovare un rigore che deve fermarsi un attimo prima della pornografia. Nelle sue opere c’è un elemento concettuale che va oltre gli aspetti più crudi e nell’illustrare le copertine io cerco di trovare un’immagine che sia evocativa: è un grande esercizio di sintesi dove racconti una storia in un unico frame. Non è però un’opera di completa astrazione, cerco di mantenere un legame con la temperatura di ciò di cui si sta parlando”.

Alla fine si stabilisce un rapporto tra l’illustratore e l’autore. Anche se, come spiega Ponzi, che ha lavorato anche con Einaudi, oltre che per The New Yorker, The New York Times e tanti altri, una conoscenza troppo approfondita del libro non è necessariamente un bene: “È auspicabile avere una sinossi, fare qualche ricerca online, ma leggere tutto il libro è rischioso, perché ci si disperde e non si riesce a mantenere la distanza per fare quell’opera di sintesi”.
Un’arte al confine con la pubblicità, ma ciò, secondo la curatrice della mostra, non toglie valore al prodotto: “Stiamo parlando di letteratura e arti visive che si fondono, anche se per un fine commerciale – dice Melania Gazzotti – Alla fine compri il libro perché quella fusione ti dà piacere”. E l’illustrazione che si nutre d’arte e dialoga con linguaggi commerciali in Italia ha una tradizione dalle radici profonde, da Fortunato Depero a Bruno Munari. Anche per questo, spiega Gazzotti, gli americani sembrano così affascinati dalle nostre illustrazioni, perché ci vedono dietro la storia e la cultura italiane.
In America, tuttavia, è raro se non inedito che l’illustrazione diventi veicolo dell’identità dell’editore. “In Italia abbiamo casi unici, interessanti e impensabili per l’America, come Ponzi, Gianluigi Toccafondo per Fandango e Guido Scarabottolo per Guanda [entrambi in mostra, nda], il cui nome è associato a quello dell’editore e viceversa. In questi casi l’identità della casa editrice è costruita dall’illustratore che diventa così centrale nell’editoria italiana”.

Scarabottolo racconta di essere passato all’illustrazione dopo la laura in urbanistica perché “non troppo convinto della responsabilità di decidere della vita di migliaia di persone, progettando sistemazioni urbane che spesso si rivelano fallimentari”. Nei suoi dodici anni con Guanda, ha curato circa cento libri all’anno sia come illustratore che come art director. “In Italia – spiega – le case editrici cercano di essere molto connotate, anche perché in libreria una volta si usava disporre i banchi per editore. Si compra perché è quell’editore. Guanda, nonostante avesse una grafica precisa, non aveva il dono della riconoscibilità in libreria. Piano piano abbiamo recuperato un’immagine forte della casa editrice, anche se poi forse coincideva un po’ troppo con me”.
Alla mostra si accompagna un volume omonimo, edito da Corraini Editore, che, oltre a fungere da catalogo raccogliendo i lavori esposti, racconta la storia di questa trasformazione editoriale, con un saggio del giornalista ed esperto di editoria, Stefano Salis, e l’esperienza di due art director, Riccardo Falcinelli di Minimum Fax e Cristiano Guerri di Feltrinelli. Il libro è parte integrante del progetto ed è ben più che un catalogo: in doppia lingua, ben curato e ricco di contenuti, è esso stesso un bell’esempio dell’incontro tra parole e immagini.
Dopo New York, Cover Revolution! verrà ospitata da Laboratorio Formentini di Milano (7-25 novembre, 2016) e dall’Istituto italiano di Cultura di Dublino (19 novembre, 2016–29 gennaio, 2017).