“La cosa più importante da sapere è che non puoi mai sapere”. La pensava così Diane Arbus, una delle più grandi fotografe americane del XX secolo, i cui lavori sono attualmente esposti al pubblico al Met Breuer, la nuova sede del Metropolitan Museum dedicata all’arte contemporanea situato al 945 di Madison Avenue, nell’edificio di quello che per anni è stato il Whitney Museum.
L’esposizione, dal titolo Diane Arbus in the Beginning, raccoglie le fotografie scattate dalla Arbus nei primi sette della sua carriera, dal 1956 al 1962. Sono perciò anni di grande sperimentazione durante i quali la giovane artista, dopo un’iniziazione avuta come fotografa di moda, si discosta dal settore per dedicarsi alla sua vera vocazione: la street photography.
L’ordine con il quale le immagini sono state disposte non segue alcun criterio, sia esso tematico o cronologico, in modo che il visitatore sia libero di seguire il percorso che preferisce, come se non ci fosse una fine o un punto intermedio nel lavoro della giovane donna, ma soltanto un susseguirsi di nuovi inizi. Ogni scatto, inoltre, è appeso ad una parete bianca a se stante, a rappresentare il fatto che ogni immagine racconta la storia di un individuo unico e diverso dagli altri.

Due terzi delle fotografie ora esposte al secondo piano del Met Breuer sono inedite e provengono da collezioni private o dal grande archivio di Diane Arbus donato al Metropolitan Museum of Art nel 2007 dalle figlie Doon e Amy Arbus. In una sala adiacente si possono inoltre vedere nove scatti contenuti nel portfolio A Box of Ten Photographs, al quale l’artista ha lavorato tra il 1962 e il 1970. Tra queste troviamo anche l’immagine Identical Twins, Roselle, N.J. 1966, uno dei lavori più famosi di Diane Arbus.
Fin dall’inizio della sua sperimentazione come street photographer la giovane artista va alla ricerca di una New York che non è illuminata dalle luci scintillanti delle strade e che non rientra nell’immaginario comune della città. Da subito cerca i bassifondi, gli scatti rubati ad artisti di strada o ai ricchi habitués dei teatri che scendono dai loro taxi, ritrae ballerine di varietà e trasformisti nei camerini, bambini che vagano soli per le strade di Manhattan e i pazienti degli ospedali che giacciono nei loro letti. Cerca l’insolito, lo strano, sceglie come soggetto tutto ciò di cui gli altri non vogliono parlare.

Nel momento in cui Diane Arbus inizia a girovagare con la sua macchina fotografica 35mm non è certo l’unica giovane fotografa ad esplorare le strade di New York City. Una sala dell’esposizione è infatti dedicata alle opere degli altri artisti attivi a New York tra gli anni ’50 e ’60, tra i quali brillano nomi come Walker Evans, Helen Levitt e Robert Frank. La differenza tra loro e la Arbus appare però lampante già da subito. Mentre questi, infatti, si mantengono emotivamente distanti dai soggetti che fotografano (Evans nascondeva addirittura l’obiettivo sotto al cappotto in modo da riuscire a catturare le pose nel modo più naturale possibile), Arbus cerca invece in tutti i modi di instaurare con loro un rapporto che va al di là del semplice scatto, per arrivare a creare con i protagonisti delle sue foto amicizie anche profonde.
I principali mentori del lavoro di Arbus sono stati, senza dubbio, Lisette Model e August Sander. La prima è una fotografa di moda austriaca naturalizzata americana della quale Arbus frequenta varie lezioni incentrate sulla fotografia per la moda. Se le opere di Arbus sono ben diverse dallo stile tipico di Model, il lavoro di Sander è invece comparabile a quello della protagonista della mostra qui presentata.
Durante il discorso di apertura della mostra, Thomas P. Campbell, direttore e CEO del Metropolitan Museum, ha definito Arbus come “una delle più grandi artiste del nostro tempo” ed ha affermato: “Il successo di Diane Arbus è già leggendario. Ora, per la prima volta, possiamo esplorarne le origini”.
La mostra è stata resa possibile dalla Alfred Stieglitz Society con il patrocinio della Horace W. Goldsmith Foundation e la Art Mentor Foundation Lucerne, ha aperto il 12 luglio e sarà visitabile fino al 27 novembre 2016.
Guarda il video di presentazione della mostra con una testimonianza del curatore, Jeff Rosenheim (in inglese):