Dopo avere sfogliato un po’ per caso in rete La Voce di New York, mi sono deciso a scriverle. Mi piaceva molto il formato, e anche i contenuti, ma soprattutto mi aveva colpito quell’insight (una parola preziosa per chi come me lavora nella comunicazione) che prometteva un matrimonio tra bellezza e libertà. Di solito la libertà viene associata a un sacco di cose, spesso legate al sacrificio, alla conquista, alla lotta; ma mai alla bellezza. La libertà viene sempre presa molto sul serio, la bellezza non necessariamente. Specie da parte di un giornale, poi. Ho pensato allora che oltre alla bellezza e alla libertà ci fosse anche del coraggio, ne ho preso un po’ e li ho chiamati. Su Skype è nata l’idea di parlare da queste pagine di una delle cose che hanno reso New York un luogo centrale del mondo: la comunicazione. Da qui e verso di qui viaggiano un sacco di idee, è uno dei pochi hub mondiali a non essere stato mai messo in discussione. E così da questo numero cercherò di descrivere le idee di comunicazione che attraversano l’Oceano, certe volte sotto forma di campagne, altre sotto forma di tweet, altre ancora cavalcando delle onde radio, o magari dei piccoli foglietti di carta. Linee che partono dall’Atlantico e volano verso di noi, o viceversa.
Le agenzie di pubblicità che hanno generato i Mad Men, un tempo quasi tutte concentrate a Madison Avenue (a inizio del Novecento c’erano già 20 agenzie in zona), si sono sparpagliate un po’ ovunque. Dalle zone più ricche di Midtown, sono andate dove il vento di New York le ha portate.
Oggi le potete sentire gridare la loro creatività da molte strade della città. Addirittura – come in questo caso – da molte finestre. È in corso in questi giorni la cosiddetta “guerra dei Post-it” tra agenzie, iniziata a Canal Street con un semplice “Hi” scritto alla finestra di un ufficio, utilizzando qualche Post-it avanzato e proseguita in un crescendo colorato e molto divertente. Subito le agenzie dall’altro lato della strada hanno risposto a tono. Ma essendo agenzie creative, hanno voluto un po’ esagerare.
E così sulle finestre di importanti studi come Havas, Horizon Media, Cake, Biolumina, Herrison and Star sono comparse delle figure via via sempre più elaborate. Sui social gli hashtag #canalnotes e #postitwars hanno come sempre amplificato il tutto. Arrivando ultimamente anche su Snapchat.
E la guerra si è estesa in tante direzioni, come potete vedere se vi fate un giro sui social seguendo queste tracce. Le Postitwars non sono un fenomeno nuovissimo (tempo fa qualcuno ha anche fatto nascere il Postitwar generator, un generatore online di immagini da realizzare con le quantità esatte di Post-it), ma in mano alle agenzie di comunicazione possono assumere contorni piuttosto spettacolari. Da lontano ricordano inevitabilmente le creazioni dello street artist Space Invader, alcune citano direttamente i Simpsons o Keith Haring, ma tutte indistintamente ricordano che la creatività – quando è tanta, o addirittura troppa – esce anche dalle finestre.
Si dice che nelle agenzie si lavori senza orario; c’è molta letteratura in merito. Eppure guardando queste composizioni uno penserebbe il contrario. Quanto tempo ci è voluto per creare queste figure, un quadratino di carta alla volta? Che avrebbero detto i padri di Madison Avenue di un tale spreco di risorse? Forse non avrebbero potuto immaginare che oggi le agenzie di pubblicità sono diventate anche questo: generatrici di idee di ogni tipo. Purché si facciano notare (sui social) e facciano del bene alla reputazione creativa, da alimentare in ogni modo.
Esistono dei budget – anche molto alti – stanziati a inizio anno soprattutto nelle agenzie più ricche a questo scopo, proprio perché la creatività va continuamente dimostrata, e non sempre attraverso le campagne. Ma in questo caso non è servito: è bastato comprare quintali di Post-it.
Alla 3M nel frattempo staranno probabilmente mettendo in frigo qualche bottiglia, nella speranza che la Post-it war diventi un fenomeno globale.