Le tre cattedrali di Palermo, Monreale e Cefalù, ma anche il Palazzo Reale o dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana, le chiese di San Cataldo, di Santa Maria dell’Ammiraglio (detta “Martorana”) e di San Giovanni degli Eremiti, il castello della Zisa e il Ponte dell’Ammiraglio. Ecco il percorso arabo-normanno, riconosciuto dall’Unesco a inizio dello scorso luglio come patrimonio dell’umanità: il settimo sito siciliano a entrare nella Heritage list stilata dall’agenzia delle Nazioni Unite.
Ma la proclamazione, avvenuta a Bonn di fronte agli ambasciatori di tutto il mondo, è ben più di un fiore all’occhiello per le tre città della parte settentrionale dell’Isola: è soprattutto un’occasione di riscatto e di crescita, sia culturale che turistica e quindi economica. Monreale e Cefalù da tempo fanno i conti con le difficoltà di bilancio e Palermo, pur con una situazione meno drammatica, non fa eccezione. Secondo alcuni dati statistici, la proclamazione di un sito come patrimonio dell’umanità è in grado di far lievitare del 30% i flussi turistici, con tutte le conseguenti e positive ricadute sull’indotto. Un obiettivo ambizioso che, per il capoluogo siciliano, significherebbe anche entrate dirette grazie all’imposta di soggiorno applicata dal 2014 e che in un anno circa ha già fruttato quasi 1,3 milioni di euro.
Non è un mistero che i sindaci delle tre città puntino sul percorso arabo-normanno anche per rimettere a

La Cattedrale di Palermo
nuovo il sistema dei trasporti e dei collegamenti. Il riconoscimento Unesco non comporta automaticamente finanziamenti, ma inevitabilmente rappresenta una via privilegiata per attingere a quelli nazionali e regionali. Secondi i dati diffusi dall’assessorato siciliano ai Beni culturali, dal 2000 al 2013 la Regione ha investito 135 milioni di euro di fondi comunitari sui 9 monumenti del percorso arabo-normanno e con la prossima programmazione conta di reperirne almeno altri 70 da suddividere fra i sette “patrimoni” già proclamati.
Il rischio, infatti, è di accumulare siti su siti senza poi saperli gestire, come dimostra l’esempio di Siracusa: la città aretusea è stata iscritta nel 2005, ma i risultati non sono troppo incoraggianti, vista l’incapacità degli enti locali di gestire i flussi turistici e anche di garantire servizi che rendano la meta attrattiva per i visitatori, soprattutto quelli stranieri che facilmente fanno paragoni con l’estero. Per questo è stato istituito tra Palermo, Monreale e Cefalù un comitato di pilotaggio, presieduto da Leoluca Orlando e composto dal ministero, dalla Regione, dalle Curie arcivescovili che hanno sede nelle tre città e dalla fondazione Unesco, con l’obiettivo di programmare gli interventi finalizzati a far cambiare volto a Palermo, Monreale e Cefalù.

La Cattedrale di Cefalù
Piero Capizzi, primo cittadino di Monreale, ha già annunciato, per esempio, di voler ripristinare il collegamento ferroviario tra la parte bassa del suo Comune e quello di Palermo, precisamente con la stazione Lolli, arrivando a ipotizzare anche una pedonalizzazione di corso Calatafimi. Giungere oggi a Monreale, infatti, è impresa di non poco conto che mal si concilia con la voglia dei turisti di ammirare il Cristo pantocratore. Più rosea la situazione di Cefalù che conta sul raddoppio del passante ferroviario per un collegamento più celere con l’aeroporto di Punta Raisi, anche se i lavori sono al momento in forte ritardo.
Il comitato di pilotaggio, però, avrà già una base su cui muoversi, ovvero il Piano di gestione approvato dall’Unesco. Quattro le direttrici su cui si svilupperanno le iniziative: promozione, conoscenza, tutela e valorizzazione sociale e culturale. Tutti aspetti che oggi lasciano molto a desiderare, specie per quanto riguarda le buffer zone, ovvero le zone cuscinetto in cui limitare la circolazione di mezzi privati e imporre precise tutele edilizie. Da questo punto di vista Palermo è già a buon punto, con la trasformazione in Ztl di corso Vittorio Emanuele e la chiusura di piazza Bellini, ma questo non basta: il piano prevede la creazione di un database, studi e attività di ricerca, una banca dati turistico-economica, una migliore conservazione dei beni, un sistema di sorveglianza, collegamenti pedonali e ciclabili, gemellaggi con altri siti europei e progetti ad hoc per le giovani generazioni.
Una scommessa difficile, a tratti ardua, ma la cui posta in palio è altissima: non solo incassare più imposte e tutelare meglio un monumento, ma soprattutto dimostrare al mondo che anche la Sicilia è in grado di organizzare e promuovere politiche culturali e turistiche al pari del resto del mondo. In caso contrario, sarebbe veramente difficile spiegare l’incapacità di valorizzare il ponte dell’Ammiraglio, uno dei più antichi esempi di architettura romanica del Vecchio Continente, o il Palazzo dei Normanni con la sua preziosa Cappella Palatina, per non parlare dei magnifici mosaici di Monreale e Cefalù. Un tesoro ineguagliabile che farà da cartina tornasole per le capacità degli amministratori siciliani.
*Stefano Mangano ha una grande passione: la Sicilia. Storia, monumenti, spiagge, angoli noti e sconosciuti. Temi sui quali ama misurarsi, provando a cogliere gli aspetti positivi di un'Isola che non presenta solo problemi irrisolti, ma anche opportunità da cogliere. Oggi Stefano ci accompagna lungo il percorso arabo-normanno voluto dall'Unesco che coinvolge tre città della Sicilia occidentale: Palermo, Monreale e Cefalù. Si possono avere opinioni diverse sul ruolo dell'Unesco, ma un fatto non può essere messo in discussione: se utilizzate in modo corretto, le opportunità offerte dall'Unesco possono migliorare la fruizione turistica e creare ricchezza.