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August 6, 2015
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Seguitemi, vi porterò a scoprire la vivace e irrequieta scena artistica di New York

Vincenza Di MaggiobyVincenza Di Maggio
Rain Room, 2013, The Museum of Modern Art. Foto: Stefano Ravalli, Flickr

Rain Room, 2013, The Museum of Modern Art. Foto: Stefano Ravalli, Flickr

Time: 3 mins read

1913, New York City. L'Armory Show ha appena aperto e ha fatto piazza pulita di quello che gli americani pensavano fossero l'arte e la bellezza. L'evento, dalla portata rivoluzionaria, per la prima volta ha portato a Manhattan i migliori artisti europei d'avanguardia dell'epoca, tra cui Marcel Duchamp, Edgar Degas e Henri Matisse. 

La leggendaria manifestazione de-, e quindi ri-, costruì le vecchie e da lungo accettate regole del fare arte, risvegliando lo spirito degli artisti di New York che, nel corso dei successivi cento anni, avrebbero fatto della città l'epicentro del mondo dell'arte internazionale.

Marcel Duchamp, Nude Descending a Staircase, 1912, Oil on Canvas

Marcel Duchamp, Nudo che scende le scale, 1912, olio su tela

Quasi 90.000 americani visitarono l'Armory Show, molti dei quali furono scioccati da quanto videro: superfici piane dipinte di un unico colore, immagini di vita vegetale irrealisticamente raffigurate nei toni del blu e del rosso, rappresentazioni di forme umane "primitive" e irriconoscibili. Nel suo Nudo che scende le scale (Nu descendant un escalier), Duchamp ruppe radicalmente la rappresentazione tradizionale classica della figura femminile in una serie di figure geometriche frantumate e aggressivamente lineari. Un critico d'arte del New York Times descrisse, per derivazione, il suo lavoro com "un'esplosione in una fabbrica di tegole". I critici derisero e ridicolizzarono i dipinti, che in modo osceno rompevano con i temi e gli stili tradizionali del Realismo diffuso in Europa e in America negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale. Criticarono gli artisti come privi di qualsiasi talento artistico.

Altri, tuttavia, rimasero profondamente influenzati (e nel migliore dei mondi) dalla controversa astrazione di quei lavori. La manifestazione diede il via ad un cambio di prospettive che sarebbe poi scaturito nelle opere di alcuni degli artisti newyorchesi più famosi, quali Jacob Lawrence, Jackson Pollock, Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat e Donald Judd, solo per citarne alcuni.

C'è stato un tempo, intorno al 1950, quando Downtown Manhattan era l'epicentro della scena artistica di New York City. Ospitava le menti più creative della città e intellettuali liberali. Scrittori, artisti, performer e musicisti abitavano e lavoravano in appartamenti di Soho e del Village, allora spaziosi e a buon prezzo, socializzavano in bar e caffè bohemien della zona, si scambiavano idee nelle gallerie d'arte alternative. 

A cominciare dalla metà degli anni '90, la maggior parte delle gallerie che si affacciavano sule strade di questi quartieri cominciarono a trasferirsi a Chelsea e nell'Upper East Side. Oggi, molte hanno iniziato a spostarsi verso la periferia della città, stabilendosi dalle parti di Brooklyn.

Nel corso dell'ultimo secolo la scena artistica di New York City è stata in un costante stato di flusso: dagli espressionisti astratti degli anni '40 e '50 e gli artisti pop degli anni '50 e '60, fino ai postmoderni di oggi; e dalla pittura, alla scultura e alla fotografia, fino ai media e alle forme d'arte più sperimentali, comprese le installazioni ambientali come la Rain Room del MoMA PS1 (2013) o come la performance The Artist is Present (2010) di Marina Abromovic (sempre al MoMA), gli artisti a New York continuano audacemente a spingere i limiti delle categorie artistiche tradizionali.

In questa rubrica, attraverso interviste faccia a faccia, voglio gettare uno sguardo all'interno della vita degli artisti, dagli emergenti a quelli che hanno già raggiunto il successo, che arrivano da tutto il mondo e provengono da ogni percorso di vita, per stabilirsi a Manhattan e creare ed esporre quelle opere che continuano a fare della città il centro culturale e artistico del mondo. 

E se la scena culturale di Manhattan ha tanto da offrire in termini di ispirazione, è vero anche che chiede molto in cambio. Sono lontani i giorni in cui gli artisti potevano permettersi di vivere a basso costo in spaziosi loft di SoHo e in case popolari del Lower East Side. Oggi gli affitti sono alle stelle. Alla maggior parte degli artisti non è concesso il lusso di avere un proprio studio, e sono costretti a cercare alloggio in quartieri più accessibili nei dintorni di Manhattan, come Brooklyn o Long Island City, nel Queens. È raro che un artista che vive a New York City possa provvedere a se stesso grazie al suo solo lavoro artistico: la maggior parte è costretta a trovarsi lavori extra, part- o full- time. Questa rubrica fornirà uno sguardo dall'interno, per scoprire lo stile di vita, gli alti e i bassi, le battaglie e le vittorie degli artisti che compongono il paesaggio dinamico e in continua evoluzione del mondo dell'arte contemporanea di New York. Seguitemi!

 

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Vincenza Di Maggio

Vincenza Di Maggio

È iniziato tutto con un dipinto, Venere e Adone di Tiziano. “Scrivi quello che vedi”, mi disse la mia professoressa di storia dell'arte. E con queste parole accese un fuoco che avrebbe guidato la mia carriera come scrittrice e storica dell'arte. Dopo il Master in History of Art and Archaeology dell'Istituto di Belle Arti della NYU, uno stage al MoMA e collaborazioni con Condé Nast Traveler, The Architect’s Newspaper e INSIDE F&B. Di origini siciliane, sono nata e cresciuta a New York. Quando non scrivo, mi immergo nella vivace scena artistica di Manhattan, divenendo testimone diretto dell'effetto trasformativo che l'arte può avere su una città e viceversa. It started with a painting. It was Titian’s Venus and Adonis. “Write what you see,” my college art history professor said to me. With those four words she ignited a fire within me that would drive my career as a writer, and as an art historian. I graduated with an MA in the History of Art & Archaeology from NYU’s Institute of Fine Arts, and recently completed an internship at MoMA. I have done freelance work for Condé Nast Traveler, The Architect’s Newspaper, and INSIDE F&B. Sicilian in origin, but I was born and raised in New York. When I’m not writing, I’m immersing myself in Manhattan’s vibrant art scene, witnessing first hand the beautifully transformative effect the arts can have on a city.

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