È sorprendente la quantità di arte italiana che sta arrivando nelle gallerie e nei musei di New York negli ultimi mesi. E, tra tutte, l’arte povera sembra essere l’oeggetto di maggiore attenzione. Alcuni degli artefici di questa invasione d’arte made in Italy sono loro stessi italiani e lavorano nella Grande Mela con la missione di far conoscere il patrimonio artistico nostrano contemporaneo. Tra questi la Ierimonti Gallery che, aperta su 57th Street appena pochi mesi fa, ha già portato diversi artisti italiani all’ombra dell’Empire. L’ultimo in ordine di tempo, è stato Alighiero Boetti cui è dedicata una bella mostra che chiuderà il 5 giugno.
Alighiero e Boetti – Insicuro Noncurante raccoglie alcune opere importanti della prolifica carriera dell’artista torinese, mettendo in evidenza la sua opera multiforme e sospesa tra opposti, oltre che l’evoluzione del suo interesse per le intersezioni tra geografia, politica e informazione, che si sarebbe poi consolidato negli anni fino a investire il suo intero lavoro.
In tutto la mostra raccoglie 87 opere di un artista che fu tra i fondatori del movimento dell’Arte povera da cui tuttavia si distacca per vivacità delle opere e per un certo concettualismo spinto. Dei primi anni ’70 sono i “lavori postali” di cui la Ierimonti Gallery ha una bella selezione. Poi ci sono i disegni a penna che creano texture quasi optical. Diversi gli studi esposti che mostrano il processo creativo dell’artista. “Boetti era un vulcano di idee, uno degli artisti più creativi che l’Italia abbia mai avuto” ci ha detto Cesare Luigi Caini, vice presidente della galleria, che ci ha accompagnato nella visita alla mostra. Le opere di Boetti sono giocose e vitali. Piene di enigmi e trucchetti per l’occhio e il cervello, costringono lo spettatore e mettere in continua discussione il concetto stesso di arte e di esperienza visiva. Boetti gioca con l’alfabeto, i numeri, le forme, i colori, i materiali, i concetti, le idee, gli oggetti quotidiani. Non c’è aspetto della vita contemporanea che non sembri affacciarsi in una delle sue opere. “Per Boetti – ci ha spiegato Caini – tutto ciò che era scritto con la mano sinistra o da destra a sinistra era arte perché c’era un elemento di difficoltà e di sforzo. Nella serie ‘I vedenti’, crea scritte e disegni composti di fori realizzati con l’ago su un cartone: l’idea è di enfatizzare quello che raramente vediamo e notiamo. Usava tanti oggetti del quotidiano come le scatole dei monopoli di stato: zucchero e sale. Oppure i giornali di cui prendeva e modificava le prime pagine di date importanti”.
Una delle chicche esposte alla Ierimonti gallery è l’opera che dà il nome alla mostra, Insicuro Noncurante, una raccolta di 81 fogli numerati, realizzati tra il 1966 e il 1975, che rappresentano una collezione unica delle idee più stravaganti e cervellotiche dell’artista. Un portfolio che può essere considerato il culmine del suo lavoro e riflette un flusso costante di idee opposte come invenzione e manipolazione, ordine e disordine, individualità e società, continuità e sovrapposizione. “L’opera – ci ha spiegato ancora il vice presidente della galleria – è composta da una serie di stampe realizzate da Rinaldo Rossi (per cui sta la sigla 2R riportata sulla carta), stampatore genovese che conosceva Boetti ed era rimasto impressionato dalla quantità di bozzetti, studi, idee e schizzi che l’artista aveva nel suo studio. Gli chiese quindi di poter stampare quel materiale e il risultato è quest’opera. Alcuni di questi bozzetti sono poi diventati opere che conosciamo e hanno reso famoso l’artista. Altre non sono mai state realizzate”. La raccolta, di cui hanno una copia anche la Tate Gallery di Londra e il MoMA di New York, è stata già esposta a New York al Museum of Modern Art, appunto. La copia esposta alla Ierimonti è in possesso della galleria da una quindicina d’anni ma questa è stata la prima esposizione al pubblico.

Cesare Luigi Caini, vice presidente della Ierimonti Gallery
In un’altra stanza della galleria sono esposti invece i famosi arazzi, un mezzo espressivo cui Boetti affida delle rappresentazioni di lettere (nei cosiddetti arazzetti), mappe geografiche e altre figure. L’effetto è coloratissimo e quasi tridimensionale pur nella strutturale bidimensionalità del contenuto rappresentato. Uno degli arazzi esposti alla Ierimonti, è una delle opere più iconiche della produzione di Boetti: sulla sagoma di ogni paese del planisfero è ricamata la corrispondente bandiera. In un altro ogni singolo centimetro dell’arazzo è riempito di piccole e dettagliate immagini, creando una sorta di storia corale dal sapore orientale (senza però esserlo davvero).
L’avventura degli arazzi iniziò per Boetti con un viaggio in Afghanistan dove rimase affascinato dall’antica arte del ricamo a filo di lino praticata dalle donne locali. “Dal 1979, su suoi disegni, Boetti cominciò a commissionare gli arazzi a 500 donne afghane di Kabul che ricamavano a mano. Ma quando la Russia invase il paese, scapparono tutti in Pakistan, comprese le 500 ricamatrici di Boetti che, stabilitesi a Peshawar, continuarono a lavorare per Boetti ma iniziarono a usare la macchina da cucire. Qui abbiamo esposto un esempio di entrambi e periodi: e le differenze sono visibili. In quelli fatti a mano il ricamo ha una trama più grossa mentre in quelli fatti a macchina risulta più compatto”.
In uno dei primi esperimenti che aprirono la strada alla sua passione per gli arazzi, Boetti aveva fatto ricamare la data del centenario della sua nascita (16 dicembre 2040) e la data in cui aveva immaginato che sarebbe morto: 11 luglio 2023. Morì molto prima, nel 1994, ma a giudicare da quanto esposto alla Ierimonti Gallery, se fosse rimasto in vita per altri 39 anni, come sperava, avrebbe certamente continuato a riempire il mondo d’arte.